26 marzo 2014
Un “convegno manifesto”. Abbiamo interpellato su queste colonne e di persona i progettisti, il comune, gli investitori, la soprintendenza, le municipalizzate, i concessionari out of home, le università, le associazioni, l’ordine, i produttori, architetti e paesaggisti, i comuni cittadini e posto la questione dell’arredo urbano, per stimolare un dialogo e aprire un confronto tra chi a vario titolo agisce lo spazio pubblico. Questi stessi ora invitiamo a convegno in Triennale, sabato 29 marzo perché da questo colloquio pubblico scaturisca una azione collettiva e condivisa su “tutto il visibile tra 0 e 5 mt”, stimolando l’amministrazione comunale ad avere una regìa unica e coerente sul tema dell’arredo urbano, per una rinnovata qualità degli spazi pubblici.
I presupposti. L’arredo urbano è intrinseco alla gestione e alla progettazione degli spazi pubblici, al loro uso e alla loro vitalità, così come può essere elemento identitario di interi quartieri o di singoli episodi urbani. Può rappresentare nella sua ideazione, nella sua progettazione e nella sua manutenzione un episodio di vita sociale aggregata. L’arredo urbano assolve un compito fondamentale: dotare la città di tutti quei manufatti che ne consentono un uso facile e corretto, facilmente intuibile nei rapporti tra la città costruita e i suoi abitanti e nei rapporti reciproci tra cittadini-utenti.
Le criticità. “Cerco di riassumere ciò che oggettivamente non va al riguardo del tema arredo urbano in questa città e su cui sono certa converga l’opinione generale: la pluralità e frammentazione di prodotti di arredo confliggenti l’un l’altro e compresenti nella stessa via o piazza; la pressoché totale assenza di capitolati che riguardino posa o contratti per la manutenzione di questi oggetti e che ne pregiudicano principi di fruibilità e decoro nel tempo; l’impossibilità palese di concertare principi permanenti su collocazione in situ, quando anche di stabilirne l’effettiva necessità di posa. In sintesi il disappunto non si palesa quasi mai per il disegno di un oggetto d’arredo urbano in sé, ma per la disarmante mancanza dell’unità dell’insieme nello stesso spazio, per l’espressione del disordine; per la costante espressione della logica della gara d’appalto caso per caso lontana anni luce dall’idea di un progetto di immagine collettiva; per l’amara constatazione dello spazio pubblico come terra di nessuno, scarico delle contraddizioni di norme che abbondano di dettaglio ma scarseggiano di principi, come se la norma salvasse dalla bruttura; per la necessità di ogni categoria, quando non del singolo, di dire la sua, dall’insegna del negozio, all’azienda che posa la rete, alle municipalizzate, agli uffici tecnici, al graffitaro.”, efficacemente inquadrate da Cecilia Bolognesi.
I filoni del dibattito on line. Tra i diversi spunti cinque tracce di riflessione emergono con più insistenza.
– l’approccio al tema, rigetto dell’arredo urbano come considerazione di dettaglio in favore di una concezione complessiva dell’impianto spaziale, “progetto di suolo” – così come concepito da Bernardo Secchi – valorizzando la gerarchia degli spazi urbani in ordine a uno scenario (Gregotti, Battisti).
– la temporalità della trasformazione degli spazi, che può essere reversibile, e restituire il dinamismo e la complessità sociale. Bertelli – Roda – Mei: “Il rapporto tra spazi della produzione creativa, attività e usi temporanei, rappresenta infatti oggi una dimensione di rilevante importanza, non solo nel potenziare nuove pratiche dell’abitare, ma anche nel promuovere processi diffusi di rigenerazione urbana che vanno oltre il ben importante processo di sostegno e sviluppo di nuove forme di socializzazione.” (Crespi, Bisson, Sclavi, Saibene, Bertelli- Roda – Mei).
– l’intervento sull’esistente in termini di sottrazione, per arrivare a una semplificazione e a un riordino. Nicolin: “Se uno volesse percorrere la via del fare, o meglio, dell’avere ‘di meno’, nella direzione di una città ‘più intelligente’, considerando l’obbiettivo della riduzione quantitativa dei componenti d’arredo, in particolare delle ridondanze segnaletiche e delle barriere fisiche, dovrebbe avere il coraggio di cambiare radicalmente orientamento” (Nicolin, Tognoli, Bolognesi).
– la prassi amministrativa, le norme, l’incisività degli enti preposti e la loro necessaria sinergia. Franco Repellini: “… un grande numero di esperienze e di soggetti in gioco con responsabilità di intervento precise e una regia unificata che assuma il punto di vista del paesaggio urbano nella sua globalità. I settori comunali che trattano le strade e le infrastrutture sono la base organizzativa e direttiva di azione e coordinamento attorno ai quali però è necessario programmare delle competenze specifiche, pratiche …”. Kipar: “Nelle città europee, dove ormai lavoro sempre più di frequente, c’è una pratica consolidata: poche regole comuni rigorosamente applicate, e molto spazio alla progettualità complessiva delle aree aperte, che include sempre anche l’arredo.”. (Franco Repellini, Kipar, Romano, Giorgio).
– la necessità del prendersi cura dei luoghi, come investimento teorico e assunzione di responsabilità individuale, Mazzoleni: “In sostanza, si chiede a poveri oggetti inanimati di farsi carico delle fatiche del nostro stare in città e dalla nostra crescente incapacità di usarne gli spazi. Una cosa, mi pare, poco ragionevole. Forse occorrerebbe ripartire da qui, dagli abitanti, da noi: dai nostri valori e dalle pratiche che ne discendono” (Nicolin, Mazzoleni, Riboldazzi, Tognoli).
La cultura del progetto. Questa la sola arma che ci permette di intrecciare l’aspetto estetico percettivo, a quello identitario e del brand, con il fattore tecnico funzionale, e quello normativo procedurale per costruire “una identità per la città”.
Giulia Mattace Raso
IL DIBATTITO SULL’ARREDO URBANO
Vittorio Gregotti ARREDO URBANO NO. PROGETTO DI SUOLO SÌ
Pier Luigi Nicolin SE “ARREDO” URBANO FOSSE UN NEOLOGISMO PER SOTTRAZIONE
Giovanna Franco Repellini ARREDO URBANO: PER L’EXPO MILANO DOVRÀ ESSERE MAGNIFICA
Luciano Crespi ARREDO URBANO O “INTERNI URBANI”?
Mario Bisson ARREDO URBANO: IL TEMPO E IL LUOGO NEL PROGETTO
Carlo Tognoli ARREDO URBANO: AVERE CURA DELLA CITTÀ
Beniamino Saibene (esterni) DALL’ARREDO URBANO ALL’ARREDO UMANO: PUBLIC DESIGN
Guya Bertelli, Michele Roda Pasquale Mei ARREDO URBANO: SPAZI PUBBLICI E LUOGHI CONDIVISI
Marianella Sclavi ARREDO URBANO, SPAZI PUBBLICI E DEMOCRAZIA PARTECIPATIVA
Marco Romano ARREDO URBANO: L’INERZIA NELLE PICCOLE COSE. E NELLE GRANDI?
Andreas Kipar MILANO CHE CAMBIA: OLTRE L’ARREDO URBANO
Emilio Battisti L’ARREDO URBANO A MILANO TRA DETTAGLIO E SCENARIO
Gianni Zenoni ARREDO URBANO, ANCORA PIAZZA SAN BABILA!
Renzo Riboldazzi PER LA BELLEZZA DI MILANO L’ARREDO URBANO NON BASTA
Dede Mussato L’ARREDO URBANO E L’ATTENTO PASSANTE
Giovanna Franco Repellini PAESAGGI URBANI E GROVIGLI BUROCRATICI
Paolo Mazzoleni ARREDO URBANO E SPAZIO PUBBLICO: TROPPI ATTORI SENZA REGIA
Cecilia Bolognesi ARREDO URBANO? NO GRAZIE
Lorenzo Giorgio ARREDO URBANO: SINERGIE PER IL BELLO
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