26 marzo 2014

NASCE MIWORLD, IDEE E PASSIONE PER MILANO, EXPO E L’ITALIA


Milano, si è detto tante volte, si presenta al mondo a cominciare dal suo nome. Città di mezzo, snodo e cuore pulsante di tante reti sensibili, laboratorio di apertura e scambio. Città che, nella sua storia, per certi versi non ha mai perso centralità, riuscendo di continuo a trovarne di nuove, evolvendosi nel tempo, sapendo reinventarsi. Passaggio obbligato se si percorre la dorsale verticale del commercio europeo che da Milano corre su fino ad Amburgo, virando poi verso Londra. Allo stesso tempo tappa della via mediterranea, che da Barcellona raggiunge Atene. E ancora, vertice meridionale dell’ideale pentagono centroeuropeo che tocca Parigi, Londra, Amburgo, Vienna e, appunto, Milano, racchiudendo la zona più popolata e industrializzata del vecchio continente.

09liva12FBCosì, partendo da questa consapevolezza è sorto MiWorld, comitato di milanesi illustri pronti a piantare qualche seme a beneficio della collettività, in vista di Expo e oltre. Comitato fatto di persone, non istituzioni. Appassionati cittadini milanesi, eccellenti studiosi, managers, professionisti. A presiederlo Francesco Micheli annovera, tra gli altri, il Rettore del Politecnico Giovanni Azzone, il Prof. Piergaetano Marchetti, Franca Sozzani, Ferruccio de Bortoli. Uniti dalla preoccupazione di vedere il futuro della città e contribuire a costruirlo si sono presentati lo scorso 14 marzo, nell’aula magna del Politecnico, alla presenza del Sindaco Pisapia. MiWorld, sostanzialmente, nasce come un gruppo di persone che, senza narcisismo, si mette a disposizione della città nelle cui mani è contenuto il destino dell’Italia intera.

Sì, perché come dimostra il network di ricerca di Peter Taylor Globalization and World Cities, Milano, nella classifica mondiale delle città, è saldamente ancorata al livello Alpha (che, per citare le città europee, racchiude anche Madrid, Bruxelles, Amsterdam, restando dietro solo al davvero esiguo gruppo di città di livello Alpha ++ e Alpha +), di gran lunga prima tra le italiane.

Si tratta, per usare le parole del prof. Balducci del Politecnico, non tanto di una città ma di una Mega-city-Region, termine che sta a indicare un’area urbana densa e complessa (quella di Milano è tra le quattro più significative d’Europa) che contiene una città di riferimento in grado di conglomerare a sé una miriade di centri medio – piccoli. Città metropolitane, si potrebbero correttamente definire agganciandosi al dettato costituzionale, in grado di varcare le frontiere nazionali e influire sugli scenari mondiali, forse, ancor più degli Stati nazionali stessi. La competizione globale, oggi, più che tra stati è tra città metropolitane. Concetto, questo, espresso a chiare lettere nel bel libro del prof. Benjamin Barber, dal titolo emblematico «If Mayors Ruled the World»  (Se i sindaci governassero il mondo), dove il localismo è dipinto come dimensione ideale non solo della rappresentanza democratica e della buona governance, ma anche della competizione economica internazionale. In altre parole, emerge un dato che i promotori di MiWorld suggeriscono (ed in qualche modo anche Pisapia ha confermato nell’aula magna del Politecnico): i confini nazionali stanno lentamente perdendo importanza mentre cresce il ruolo delle città metropolitane.

Così in questo scenario globale, Milano, alla vigilia di Expo, necessita di ogni possibile aiuto, idea, slancio generoso che possa arrivare dai suoi cittadini per recuperare il ruolo di guida e locomotiva d’Italia. Scriveva Stefano Boeri che «Milano è una città potenzialmente unica, tra le più contemporanee ed interessanti che ci siano al mondo». Il suo collega Cesar Pelli, architetto argentino che ha progettato la torre Unicredit, grattacielo più alto della città, parlando alla Triennale alcuni mesi fa si era spinto ad affermare come «Milano è l’unica metropoli del futuro […], l’unica dove mi piacerebbe vivere in questo momento».

La nostra città è infatti una città densa, policentrica e contemporaneamente piccola, dove s’intersecano diversi settori produttivi (dalla moda al design, dalla finanza all’informazione e l’editoria), convivono 7 università con una popolazione di circa 250.000 studenti (considerati anche quelli delle scuole di specializzazione settoriali). Dati, questi, che conseguentemente fanno sorgere una responsabilità politica della città, cui non può sottrarsi. Forse proprio da ciò nasce un certo «calvinismo ambrosiano», per usare le parole di Ferruccio de Bortoli, che porta i milanesi a guardare preferibilmente quella parte del sistema-città che non funzione. E’ un approccio mentale (per altro smentito da recenti statistiche che segnalano come oltre il 65% dei milanesi sia soddisfatto o molto soddisfatto di vivere a Milano) che persiste, senza essere necessariamente un punto di debolezza.

Anzi, forse è proprio un punto di forza, in quanto il «calvinismo ambrosiano» generalmente non sfocia in disfattismo ma al contrario fa sorgere progetti come quello di MiWord. Progetti fondati sulla consapevolezza che il contesto cittadino è favorevole all’innovazione, l’attrattività della città è in crescita, Expo, nonostante tutto, affascina. Resta solo da tracciare una rotta ancor più dettagliata, senza farci sfuggire il futuro. Anche perché Milano è enigmatica, talvolta sembra che non succeda nulla ed invece accade tutto.

Martino Liva



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