26 marzo 2014

EXPO GATE, UNA PORTA A MILANO. NIENTE DI MEGLIO?


C’è un clamoroso paradosso: tutte le città europee – anche Milano – sono tate progettate e costruite con una deliberata volontà estetica, di farle belle, ma quando Bonvesin della Riva sostiene che la bellezza di Milano consiste nel suo essere perfettamente circolare con al centro la curtis del Broletto attribuisce a un dato di fatto una volontà estetica, proprio perché era dispiaciuto di non vederne tracce più convincenti. Sono gli stessi anni nei quali i mercanti fiorentini affideranno ad Arnolfo di Cambio il progetto di un nuovo piano regolatore e apriranno nuove strade proprio con l’esplicita intenzione di rendere la loro città più bella: o, almeno, è quanto sostengono.

11romano12FBE quando il Manzoni irride le grida milanesi del principe di Castelvetrano, grand commis di Filippo II, dimentica che quel medesimo viceré era stato a Palermo tra i protettori della strepitosa iniziativa di tagliarla con una croce di strade che ne farà una delle più belle città dell’impero. Per dire che da secoli i milanesi non sono stati così attenti alla bellezza della loro città, e non dobbiamo stupirci più che tanto se continuano a non prestarvi una grande attenzione: e perfino quando lo faranno, costruiranno il duomo in uno stile gotico ormai largamente superato a Firenze dal progetto grandioso della cupola di Santa Maria del Fiore, e una piazza del duomo quando gli artisti della Scapigliatura ne avvertivano la goffaggine sullo sfondo della rivalutazione delle piazze irregolari ormai diffusa in Europa che verrà codificata qualche decennio dopo da Camillo Sitte.

Tuttavia la sequenza del tardo Ottocento del Cordusio e di via Dante con il rondò di piazza Cairoli e la torre del Filarete sullo sfondo – esito della sapiente caparbietà di Luca Beltrami – restava una felice eccezione: e che cosa ha pensato la nostra giunta, nel solco di una secolare insipienza estetica che è poi nel carattere dei milanesi? di deturparla con uno stravagante coppia di tralicci – nella via dedicata per riconoscenza proprio a Luca Beltrami – tra il castello e piazza Cairoli.

La cosa curiosa è che tutti sostengono con molta convinzione la necessità di valorizzare il nostro patrimonio artistico – petrolio d’Italia? – ma sembrano dimenticare che il suo cuore non sono tanto le vantate iscrizioni nella lista dell’UNESCO – perché poi non vedo siano in molti a correre in Valcamonica a vedere i graffiti rupestri – ma soprattutto le nostre città, costruite tutte con l’intento di una bellezza che costituiscono la nostra attrattiva.

Ecco che per festeggiare l’Expo non troviamo di meglio, un traliccio nel nostro cuore, sicché poi sarà difficile convincere i turisti che Milano abbia qualcosa di meglio da offrire, forse un Cenacolo o una Pietà che non a caso dobbiamo ad artisti fiorentini. … .

La frenesia di migliorare quanto fatto dai nostri antenati, di riarredare piazze e rondò progettati un tempo con mano sapiente, è una cattiva consigliera nelle mani di chi quella mano sapiente neppure è in grado di riconoscere.

Beninteso anche le piazze più antiche hanno spesso ospitato spettacoli ed eventi senza deturparle, ma erano sempre intrinsecamente provvisori, questo teatro nella piazza maggiore di Bologna e questo cavadenti nella grande place di Bruxelles: non resta che sperare di dimenticarli, questo tralicci, finché possiamo per quest’anno girando la testa dall’altra parte, nell’attesa di smontarli o se si vuole – perché poi in se stesi non sono brutti, sono disposti nel posto sbagliato – farne il motivo d’attrazione di qualche altra piazza, magari a rendere più accogliente qualcuna di quelle periferie che a parole tanto vorremmo rendere più belle.

Una decina di anni fa il Comune di Milano aveva una Commissione per i Monumenti e in quella sede Emilio Tadini lanciò l’idea di progettare otto nuove porte per la città, e mi fu dato l’incarico di indicarne il sito più appropriato, ma il progetto finì nei cassetti perché il Comune non aveva le risorse necessarie. La cosa più curiosa è che qualche anno dopo una società si offrì di costruire a sue spese le otto porte pur di poter circondare il loro cantiere con quattro facciate di pubblicità a led per tutta la sua durata, fino al tempo dell’EXPO.

Nelle mani di Giuseppe Sala, allora general manager del Comune, neppure a queste straordinarie condizioni finanziarie il progetto riuscì a decollare – a testimonianza della secolare incuria estetica dei milanesi – ma il traliccio potrebbe venire trionfalmente spostato a costituire una nuova porta della città, in un sito certamente più congruente con il suo stile di quello nel quale ci toccherà di vederlo per tutto il tempo dell’Expo.

Marco Romano



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