6 luglio 2009

CHE BRUTTA COSA L’IDEOLOGIA


Che cosa è al fondo questa ideologia? É, dice Karl Mannheim, “una bugia di secondo grado”: dunque non una menzogna diretta (che è una cosciente manipolazione della realtà) ma una sorta di menzogna inconscia, un adattamento della realtà ai propri interessi o a una data visione del mondo, in genere quella dei potenti. Sostenere che l’insicurezza (cioè lo stato in cui esiste un sensibile rischio di essere vittima di un atto violento o criminale) è in aumento, è un’affermazione ideologica. Tanto che chi la sostiene ha dovuto inventarsi l’idea-cetriolo (Gadda) della “insicurezza percepita” e cioè le città sono più sicure, ma i cittadini si sentono più insicuri. Bella forza! Sono 20 anni a dir poco che la macchina di chi sta oggi al potere ha strillato che i pericoli urbani aumentano e poi ti stupisci che le persone, soprattutto le fasce più deboli, i poveri, le persone sole soprattutto se anziane, si sentono più insicure? Vi ricordate Charlot e The Kid? Il ragazzino andava avanti e spaccava i vetri con la fionda e poi arrivava Charlie Chaplin a vendere i vetri. Più o meno la stessa cosa, solo che i vetri che vengono venduti oggi sono spesso solo dei fogli di plastica che tolgono la luce e non riparano alcunché. Sia detto, per onestà e completezza, che anche le classi dominate hanno loro visioni del mondo accomodanti (“siamo tutti eguali”) ma queste si chiamano tecnicamente “utopie” e hanno almeno la funzione di promuovere le speranze invece di quella di fomentare le paure.

 

L’ideologia dominante oggi, in una società interamente controllata dai meccanismi di consenso, è l’ipocrisia. Non è importante ciò che è, ma ciò che vi facciamo credere. L’economia va male, ma chi lo dice è un traditore, il Governatore della Banca d’Italia diventa un nemico, l’ISTAT un istituto di disfattisti, l’UE, che ha i suoi parametri. uno straniero ostile e la stampa internazionale, inutile dirlo, una cospirazione comunista. Si dice, occorre ottimismo: sì, va bene, ma l’ottimismo non deve essere paranoico. Va bene il pep talk degli spogliatoi, ma ha un senso solo se prima la squadra ha comperato i giocatori giusti ed è bene allenata, altrimenti c’è solo da ridere (o da piangere). Se l’obiettivo non è più vincere la partita, ma far credere che si vincerà la partita, siamo in una condizione psicologica anormale, malata. Mussolini si rifiutò di attivare il razionamento per non turbare il consenso degli italiani, un anno dopo tutti gli altri paesi belligeranti, alleati o meno. Il risultato fu quella catastrofe della borsa nera che tutti gli italiani dalla mia età in su hanno conosciuto. Un processo descritto magistralmente in De Profundis di Satta. Ancora nel bene addentro al conflitto Mussolini importunava petulantemente l’alleato tedesco per avere acciaio, cemento e altro (con domande ridicole: una avrebbe richiesto l’invio di 1700 treni) e ai tedeschi che gli obiettavano che stava gettando migliaia di tonnellate di cemento e acciaio per costruire inutili Case del Fascio, rispose che non poteva fermarsi “perché aveva già dato gli appalti”. Ora, Berlusconi non è Mussolini e il berlusconismo non è il fascismo, e sbaglia chi lo dice confondendo le idee, ma i due sistemi si reggono entrambi sulla manipolazione delle coscienze ai fini di ottenere consenso e su un sistema decisionale che non prevede il dissenso dal Capo. Questi sistemi, come spiega bene Amartya Sen, lungi dall’essere, come pretendono, più efficienti della democrazia, lo sono meno e, soprattutto, non sanno prevenire i disastri. Il Capo è infatti circondato da una torma di yes-persons fabbricatori di idee-cetriolo, che mettono in giro come se fossero cioccolatini.

 

Il Parlamento vota a grandissima maggioranza il pacchetto sicurezza con l’idea-cetriolo di far diventare reato la presenza clandestina. Gnurant! Gnurant! Avrebbe detto il Gasista Anacleto. Così se un clandestino, invece di essere espulso con un atto amministrativo, viene denunciato in base alla legge penale, deve farsi tutti i gradi di giudizio e campa cavallo. Vi ricordate il cetriolone-mantra “aboliamo il reato di eccesso di legittima difesa”? E bravo! Così se ammazzi uno che entra in casa tua vai diretto per l’omicidio volontario che è un reato molto più grave. Fatta la legge (ma non ci pensano prima?) si scopre che tutto il sistema delle badanti va in tilt. E siccome non possiamo affidare decine di migliaia di vecchietti alla Ronde Padane, Maroni inventa il cetriolone della non retroattività, il “Padre di tutti i cetriolini” e fa anche lo spiritoso dicendo che lo sanno anche gli studenti di primo anno. Certo se la clandestinità fosse un atto o un comportamento, d’accordo: chi ha commesso questo reato una volta non può essere colpito oggi per quel che ha fatto ieri. Ma la clandestinità è uno stato che si prolunga nel tempo. Ero clandestino ieri, lo sono oggi e lo sarò anche domani se non mi danno le carte. Le leggi razziali non avevano bisogno di essere retroattive, colpivano a partire da un certo punto in poi, tutti coloro che erano ebrei (comunque definiti, ma questo è un altro discorso) e non è che potessero dire da oggi in poi non sono più ebreo. Lo stato di clandestino e come lo stato di essere ebreo, oppure Mandingo o Bantù, Pheul o Berbero o Rom, oppure anche un po’ coglione: la retroattività non c’entra. Una legge che volesse liberarci dai cretini un po’ coglioni, il vaste programme che De Gaulle non ebbe animo di intraprendere, ma che migliorerebbe molto la vita, violerebbe molti principi giuridici, ma non quello che impedisce la retroattività. Se si stabilisse che i cretini un po’ coglioni, (comprovatone lo stato in base a loro atti inconsulti) non potessero, per esempio ricoprire cariche pubbliche o essere eletti Parlamento, la disposizione avrebbe valore dal momento della promulgazione, senza necessità di ricostruire la cretinaggine passata del soggetto.

 

La verità è che gli immigrati e il loro vero o supposto impulso alla criminalità e contributo all’insicurezza, sono stati soprattutto un detonatore dell’inefficienza dello stato italiano, uno stato capace di fare la voce grossa soprattutto con i deboli. Con l’individuazione del capro espiatorio negli immigrati ci si allontana sempre più dal miglioramento degli apparati amministrativi, sovraccaricandoli di compiti inutili e simbolici, aumentando lo tsunami delle carte, scaricando sulla polizia compiti di assistenza sociale, che svolge inevitabilmente male, ampliando l’area delle illegalità e delle sinergie che vi si sviluppano. E ovviamente aumentando l’insicurezza, quella vera. Sarebbe potuta essere un’occasione d’oro per rafforzare il nostro apparato amministrativo e renderlo più efficiente e anche umano, affiancando all’azione di polizia investigativa e repressiva, apparti di accoglienza, orientamento, disbrigo pratiche amministrative. Gli stati Uniti, che sono un paese d’immigrazione di lunga data hanno un potente Immigration Office, noi che siamo inevitabilmente diventati un paese d’immigrazione, stiamo affrontando il problema con strumenti ottusi, costosi e poco efficienti, che ampliano invece di restringere la frattura tra cittadini (immigrati e non) e organi amministrativi, tra cui quelli di polizia. Intanto i centri di accoglimento (quelli veri, non i lager) d’integrazione e socializzazione dei nuovi venuti sono stati via via smantellati. Se vogliamo davvero affrontare il problema occorre innanzitutto cambiare la testa di chi comanda, e soprattutto smetterla con il continuo allarme verbale cui fanno seguito provvedimenti inefficaci e dannosi. L’immigrazione è un problema, non può essere risolto con le sparate propagandistiche che stanno davvero stancando.

Guido Martinotti



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