19 marzo 2014

MILANO: NON SPARARE SULLA CROCE ROSSA. PERÒ …


Non so e chi fu il primo a gridare “non sparate sulla Croce Rossa” ma il modo di dire ha fatto strada e suona spesso come invocazione a non infierire su chi è già messo male di suo. Ma questa benedetta Croce Rossa da un po’ di tempo gira troppo per Milano per sperare nella continua amichevole misericordia dei fucilieri. Sto parlando di alcune iniziative milanesi, di Expo e buon ultima della Regione. Anche se imbarazzati qualcosa bisogna pur dire.

01editoriale11FBDelle vie d’acqua si è parlato anche troppo tra macchina avanti e macchina indietro, come sia realmente finita non è ancora dato sapere. Veniamo all’ascensore di Piazza del Duomo: qui sembra che la parola “fine” l’abbiano pronunciata le varie soprintendenze. Continuiamo con la mascotte di Expo sia come nome sia come immagine: in molti, direi la gran parte degli esperti di comunicazione, trovano brutte le immagini e scipito il nome, tra l’altro pochissimo aderenti al tema di Expo nella sua declinazione originale: sfamare gli affamati più che di riempirsi la pancia di deliziose leccornie.

A proposito delle immagini la continua citazione dell’Arcimboldo, gloria della pittura milanese, è poi assolutamente fuori luogo perché mai il pittore ebbe l’intento di far pensare al cibo ma, come sostiene il critico Roland Barthes, l’effetto che oggi suscitano in noi le tavole di Arcimboldo è la “repulsione”, suscitata da una sorta di teratologica mostruosità che percorre i suoi dipinti. Aver scomodato Walt Disney è stato un errore perché il fondatore e la sua indiscussa poetica non ci sono più: “lui” pensando a Expo nutrire il pianeta probabilmente avrebbe fatto ben altro. Chi mai gli ha suggerito alla Walt Disney di ispirarsi all’Arcimboldo? Forse Dante Ferretti, lo scenografo che si è inventato per Expo l’ottavo e nono nano: Enolo e Fornolo. Senza commento. L’immagine grafica di Expo sta degradando, non è più quella dei begli stendardi di Via Dante, scivola inesorabilmente verso i lampioni di Corso Lodi: ve li ricordate? Aspettiamo ora con terrore l’inno di Expo.

Perché tutto questo? Per quel che riguarda Expo se lo domanda anche il designer Giulio Iacchetti che, armato di ottime intenzioni lancia l’operazione “Expo è di tutti”: l’evento che socializza l’esposizione universale con un progetto che chiama a raccolta tutti «gli uomini e le donne di buona volontà» giovedì 20 marzo alla DesignLibrary di via Savona 11, per discutere di Expo. Ma una risposta lui la da già: “mi sembra che Expo soffra di un problema, non si capisce cosa stiano facendo. Non si capisce quale sia lo scopo, quali sono gli obbiettivi e chi è coinvolto. C’è quantomeno una grossa lacuna che riguarda la comunicazione.”. Quel che dice Iachetti si potrebbe estendere ad alcuni importanti provvedimenti presi dalla giunta.

L’ultimo in ordine di tempo sono i lavori per la pedonalizzazione di Piazza XXIV Maggio: non per i lavori in sé ma per il modo col quale l’operazione è stata annunciata ai residenti e soprattutto ai commercianti, con il sospetto che si sarebbe potuto fare qualcosa di più per garantire la fluidità del traffico e l’accesso ai negozi. Purtroppo il precedente di Piazza XXV Aprile – anni interminabili di lavori – gioca a sfavore, anche se finalmente ieri si è aperta EATALY SMERALDO con applausi generali.  E quest’ultimo episodio ci induce a una riflessione sul tanto citato “rapporto pubblico – privato”. Se ne parla solo e soltanto quando l’amministrazione pubblica va alla ricerca di soldi per finanziare investimenti che lei da sola non sarebbe in grado di fare.

Ma non è così: questa è la visione mercantile. Il rapporto pubblico-privato non riguarda esclusivamente questioni di denaro ma prende dentro anche l’altra ricchezza, quella intellettuale, il patrimonio di cultura e conoscenze diffuso tra la gente non necessariamente appartenente a istituzioni come l’università o i centri di ricerca. Utilizzare questa particolare ricchezza sembra un’impresa impossibile per le forze politiche che quando si trovano a essere responsabili della cosa pubblica pensano di possedere, insieme a una stretta cerchia di collaboratori, tutti i saperi necessari per il buon governo. Non è così e una delle ragioni sta nella crescente complessità dei fenomeni tecnici, economici e sociali dei tempi che corrono e che per loro natura richiedono un incessante lavoro di aggiornamento. Saper reinventare il rapporto pubblico – privato alla luce di queste considerazioni mi sembra una condizione essenziale per la ripresa del nostro Paese a partire dalla nostra città.

 

Luca Beltrami Gadola

 

01_Enolo e Fornolo di Dante Ferretti.

Enolo e Fornolo di Dante Ferretti

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 



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