19 marzo 2014
È un percorso a ostacoli, lungo le strade italiane, quello diretto verso l’essenzialità. Eppure sono molti i casi in cui la pianificazione e la progettazione delle infrastrutture viarie mostrano di potere collaborare positivamente tra loro nel disegno nobile del donare grazia alla funzione.
L’esempio di Prato della Valle, a Padova, vale in tal senso l’eccellenza: il tram, con rispettosa e silenziosa modestia, entra nella piazza e accarezza ai suoi fianchi l’isola Memmia; ma soprattutto, prima di fare il suo ingresso, esso sgancia il pantografo dai fili delle linee aeree, che con i loro pali spariscono dall’orizzonte architettonico del perimetro della piazza, liberando al nostro cospetto una visione limpida della quinta e lasciando alle numerosissime statue il ruolo di protagoniste assolute del palcoscenico. Si tratta anche di una recente prova di sinergia e convergenza di interessi che hanno portato una pubblica amministrazione, altri enti coinvolti e le aziende di settore, a indirizzarsi verso un obiettivo comune di salvaguardia e valorizzazione di uno spazio pubblico che includesse l’introduzione di un mezzo di trasporto moderno.
La sinergia è una meta difficile da raggiungere, in particolare quando i tempi dei processi decisionali sono dettati dall’urgenza del fornire risposte, dall’economia degli investimenti, dal compromesso.
La qualità però è un obbligo di legge, come l’avere cura dei dettagli: in questi, inoltre, alberga più facilmente il valore d’insieme. Anche l’occhio inesperto sa, infatti, riconoscere la bellezza di un panorama urbano, l’armonia degli elementi, l’equilibrio dei pesi, e per ciò apprezza, con la spontaneità che gli è propria, l’attenzione dedicata al disegno.
Sulla qualità di disegno delle strade italiane, hanno effetto determinante le norme del Codice della strada, delle leggi e dei decreti ministeriali: queste – improntate dall’obiettivo primario di migliorare la sicurezza della circolazione – regolano le caratteristiche strutturali e di pavimentazione, i requisiti della segnaletica, la presenza di elementi integrativi quali la pubblicità, le edicole, le barriere, l’illuminazione. Preme sottolineare l’aspetto prioritario dell’azione legislativa: ridurre il numero di morti e feriti, agendo al contempo sui costi ambientali della mobilità che si riversano nelle varie forme d’inquinamento e nei costi sociali e sanitari derivanti.
Sulla qualità di disegno influiscono anche, tuttavia, le abilità, a volte le incompetenze ma anche le legittime prudenze dei progettisti, coloro i quali – è opportuno ricordarlo – sono perseguibili per legge quando si dimostri che a causa del mancato rispetto della norma vi siano corresponsabilità colpose in un sinistro.
Nella composizione deve influire l’idea di spazio pubblico che si vuole realizzare. Come pesare le numerose esigenze e interessi, se non cercando di farli convergere verso una città a misura d’uomo? L’attrattività e la gradevolezza di un ambiente urbano passa attraverso meno auto in circolazione, più spazi liberi dai volumi opprimenti dei veicoli parcheggiati ovunque, verde diffuso e facilmente raggiungibile, marciapiedi liberi da continui ostacoli e possibilmente larghi, barriere architettoniche scarse o inesistenti, accessibilità del trasporto pubblico, più mobilità ciclistica, sicurezza, vita all’aperto.
La riappropriazione progressiva dello spazio pubblico è quindi uno strumento per migliorare la qualità del nostro ambiente e della nostra vita. E il disegno di questi spazi, se parla da sé, in altre parole se aiuta gli utenti anche a comprendere la destinazione e il modo d’uso degli stessi, può includere l’essenzialità e la semplificazione dei suoi arredi, anche segnaletici.
La normativa italiana – a fronte di critiche spesso immotivate o male argomentate – è costituita invero (anche in attuazione delle direttive comunitarie) da elementi di innovazione e qualità che sono stati però applicati con fatica dagli enti proprietari delle strade (i comuni, in particolare, per quanto concerne le città e i centri abitati). Il Ministero dei lavori pubblici, già nel 2000 (otto anni dopo l’entrata in vigore del Nuovo codice), pubblicava la “Direttiva sulla corretta e uniforme applicazione delle norme del codice della strada in materia di segnaletica e criteri per l’installazione e la manutenzione”.
Le cause della scorretta applicazione delle norme non sono insite nella complessità o eccessiva rigidezza delle medesime (che non vanno altrettanto negate). Più ci si addentra nella loro applicazione, infatti, più si comprendono le motivazioni che ne sono alla base, specialmente quando s’intuisce che le norme di oggi sono frutto di una collezione di esperienze raccolte in passato, difficile da sintetizzare meglio e certamente non cestinabile.
La segnaletica stradale, per gli scopi anticipati, deve essere essenziale, chiara, leggibile e inequivocabile: il contrario della confusione. Questi principi normativi sono veramente elementari e semplici nella loro enunciazione.
La soluzione per contrastare l’insensibilità e l’inaccuratezza che producono selve di pali, incongruenze, ridondanze e inutilità non può tuttavia essere: «Riduciamo la segnaletica o eliminiamola del tutto». L’arredo segnaletico è quasi sempre necessario per comunicare il messaggio dell’ordinanza: come altrimenti potrebbe impartirsi l’indicazione di comportamento agli utenti della strada? Diamo quindi alla segnaletica l’ordine, la chiarezza e quell’essenzialità che ce la facciano persino apprezzare.
Lorenzo Giorgio
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