19 marzo 2014

libri – LA CONTINENTALE


SILVANA LA SPINA

LA CONTINENTALE

Mondadori 2014,

pp 210, euro 16

 

Mercoledì 19 il libro verrà presentato nel nuovo spazio Gogol’Ostello – Caftè Letterario, alle ore 20,30 (con Happy hour alle 19,30), in via Chieti 1(angolo via Piero della Francesca) con la scrittrice Erminia Dell’Oro, a cura di Unione Lettori Italiani Milano

“Esiste solo il romanzo, l’invenzione o se volete la menzogna da cui tutto nasce e senza cui nemmeno la razza umana sarebbe quella che è”. Così scrive nella Nota finale l’autrice per contestare la natura autobiografica del romanzo. “Il problema è semmai se la nostra menzogna riesce a essere talmente viva” da camminare sulle proprie gambe, diventare un essere nuovo, se “la bestia” = romanzo, vive e ruggisce”.

libri11FBQuesto è il caso. Infatti la trama del racconto è sicuramente improntata alla vita della prima giovinezza della La Spina (11 romanzi al suo attivo e numerosi Premi) in Sicilia, ma è talmente articolata, scorrevole e densa di tematiche sottintese, da trascendere i fatti personali e da offrirci uno scenario indelebile dei conflittuali rapporti Nord – Sud, fino ad assurgere a metafora.

E colpisce la scrittura, ove le iterazioni dei capoversi danno una cadenza da antico cantastorie.

È la storia della ribellione di una giovane donna, di una consapevolezza nuova, maturata piano nel tempo, non senza sofferenza interiore. Una donna lacerata tra l’amore per il Sud, la terra di suo padre e della sua infanzia e la sottomissione iniziale alle idee nordiste, avverse al Sud, di sua madre padovana, che odiava il Sud, dove il destino l’aveva costretta a vivere.

Una madre bionda, bella come un’ attrice, ma dispotica, frustrata, lagnosa contro la sua mala sorte, tutta colpa della guerra: l’incontro fatale con un bell’ufficiale interprete siciliano, poi mutilato di guerra ad El Alamein, le cambierà per sempre la vita, a lei che aveva invece un futuro, un lavoro in banca! Le lettere appassionate dell’ufficiale dell’intelligence la conquisteranno fino a convincerla a sposarlo e a seguirlo poi nel suo paese, nella piana di Catania, su ordine del suocero. E dire che lei, la madre, nemmeno “immaginava che il Sud esistesse, che facesse parte della stessa nazione”.

La guerra riserverà alla madre un’altra forte esperienza, la più eccitante della sua vita, quella di essere scambiata per una spia inglese, in un lussuoso albergo di Stresa, che usava frequentare prima della discesa agli inferi in Sicilia. Solo una telefonata a Berlino, a Rommel, che il padre conobbe in Africa, la salvò da sicura morte. E per tutta risposta, lei commenterà alla figlia “Chissà, forse era meglio se mi sparavano, così non sarei venuta a vivere in Sicilia”.

Cosa poteva riservare alla madre, detta con lieve disprezzo la “continentale”, quel paese siciliano ove gli uomini si vestivano “con il solito abito del lutto e le donne con gli scialli caprini per nascondere lo sfascio e la miseria? Solo sospetti e pregiudizi di donna di facili costumi. Così lei, la figlia, diventa la “sua vittima da impalare pubblicamente”, per dimostrare che tutti quei pregiudizi erano falsi e che lei educava la figlia come Dio comanda”. E così la chiude in casa e può uscire solo per accompagnare la madre a noiosissimi tè dalle mogli dei notabili locali, tutta agghindata in velluti e pizzi. E dire che lei, la figlia non desiderava altro che giocare con i maschiacci della via. E spiegare loro, figli di comunisti che nemmeno frequentavano il catechismo,” dai nomi Giuseppe come Stalin, e persino “Palmirotogliatti”, che se finisci al Limbo, non hai la resurrezione: si sarebbero spauriti e l’avrebbero presa per pazza a sapere che un giorno si sarebbero sollevati dalla tomba .

E per pazza e disgraziata la prendeva la madre, per le sue rispostacce argute e controcorrente, a cui seguivano scuse e penitenze infinite. Fino al collegio, luogo di patimento peggiore, dove la figlia decide di lasciarsi andare, di non studiare, e di fingere un crisi mistica, fino all’arrivo di una nuova intelligente superiora che la elegge a sua interlocutrice. E qui avviene la folgorazione, apprende da lei tutto il contrario delle parole della madre, impara ad amare il Sud per le sue bellezze, per i suoi grandi uomini del passato, per le sue tradizioni. Mafia a parte, che l’autrice volutamente nomina appena.

Una maturità con il massimo dei voti le avrebbe potuto aprire le porte dell’Università, che invece a causa della madre che la voleva impiegata in banca, potrà seguire solo molto più avanti, dopo una fuga con un matrimonio improvvisato e poi annullato, quindi una seconda fuga al nord per diventare a sua volta una continentale.

E alla fine, donna matura, la figlia riuscirà persino a perdonare la madre,che pur avendo il dono della bellezza, non seppe apprezzare quella del Sud. In fondo la madre voleva solo che lei, la figlia, diventasse come lei, “sprezzante nei confronti dei meridionali”. Ma come poteva?

Tutto il libro è percorso da un ironia feroce e avvolgente che alla fine tutto comprende, in una sorta di pacificazione generale, perché “l’arte è lunga, solo la vita è breve”.

questa rubrica è a cura di Marilena Poletti Pasero

rubriche@arcipelagomilano.org



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