12 marzo 2014

musica – QUATTRO CONCERTI


QUATTRO CONCERTI

Proviamo ad accostare – non certo a mettere a confronto – concerti molto diversi fra loro ascoltati nei giorni scorsi, per fare qualche riflessione. In ordine cronologico: alla Scala Daniel Barenboim ha diretto la Filarmonica nel Falstaff di Elgar e suonato e diretto il concerto K. 482 di Mozart; sul podio de laVerdi Gaetano D’Espinosa ha proposto due Sinfonie di Schubert (la Quarta e la Quinta); al Conservatorio per la Società del Quartetto Andras Schiff ha concluso il ciclo integrale delle Sonate per pianoforte di Beethoven (ha eseguito le ultime tre, le celeberrime opere 109, 110 e 111); infine, nell’aula magna del liceo musicale Secco Suardo di Bergamo, il duo violino e pianoforte di Giorgia Righetti e Maria Luisa Gori ha eseguito tre complesse Sonate, rispettivamente di Mozart (Sonata K. 454), Beethoven (opera 23) e Brahms (opera 108).

musica10FBAvendo ascoltato i quattro concerti in un lasso di tempo molto breve, mi è stato impossibile non fare alcune considerazioni sul panorama musicale che ne scaturisce: da una parte due miti al culmine (fors’anche superato) della loro carriera, come Barenboim e Schiff, dall’altra dei giovani come D’Espinosa – che ha già un pezzo di carriera alle spalle ed è ora in fase di consolidamento- e le due soliste Righetti e Gori che, lavorando l’una in orchestra (laVerdi) e l’altra nella scuola, avranno dovuto faticare non poco per trovare il tempo di suonare insieme.

La prima considerazione è relativa a come gli ascoltatori godono questi concerti, partendo dalla critica sui grandi quotidiani, che dovrebbe rappresentare proprio la “voce” del pubblico e che si prodiga in recensioni o annunci importanti per i concerti di Barenboim e di Schiff mentre resta silenziosa per i protagonisti “minori”: giustamente, si dirà, ma ne siamo sicuri? Non dovrebbe essere il contrario? Non sarebbe più interessante, soprattutto per i lettori dei quotidiani, essere informati su ciò che meno si sa anziché su ciò di cui già si sa tutto? Specialmente sapendo bene che dei maestri già affermati non si dirà mai alcunché di negativo [avete mai letto una critica severa alle prestazioni di Barenboim o di Schiff? Eppure le delusioni più cocenti vengono spesso proprio da loro, o dai colleghi celebri come loro. Possibile che i nostri critici non “scoprano” mai nessuno, e parlino solo di musicisti il cui successo sia già palese e incontroverso? Salvo divertirsi a massacrare giovani che non hanno ancora scalato le classifiche, come ha fatto Isotta con il trentenne Daniele Rustioni (“insieme con Ottavio Dantone è il peggior direttore di fronte al quale io mi sia trovato…” sul Corriere della Sera) a proposito del Trovatore che in questi giorni è in scena alla Scala. Ma il manicheismo di Isotta è ormai un luogo comune; solo lui sa dividere con tanta precisione il mondo dei compositori e degli interpreti fra i geni assoluti del bene e i geni assoluti del male!].

Vediamo come sono andate le cose. I due divi hanno offerto buone performance, senza tuttavia raggiungere alcuna vetta interpretativa: Barenboim, dopo averci proposto il noiosissimo Elgar, ha suonato e diretto Mozart, il che non gli ha permesso ovviamente di eccellere né come pianista né come direttore. Ha sorpreso Schiff che, a fronte di una commossa e intensa 111, di cui gli va dato doverosamente atto, ha eseguito a velocità improponibile quella stessa 109 che poche settimane fa aveva offerto in bis in una incantevole interpretazione (come a dire che nei bis si senta più libero e riesca a dare il meglio di sé). Il D’Espinosa è un trentacinquenne in carriera di cui abbiamo salutato con entusiasmo l’esordio con laVerdi nell’ottobre 2012, che poi ha deluso in qualche altra occasione, ma l’altra sera è stato un ottimo interprete delle due sinfonie schubertiane; tempi giusti, fraseggio elegante, una gestualità morbida ed efficace. Avrebbe potuto risparmiarci, a dir la verità, due tormenti inutili: l’insignificante balletto finale dell’Idomeneo di Mozart, sopportabile solo nel contesto dell’opera e a sostegno di una buona messa in scena, e un modesto e molesto pezzo intitolato “Gutta cavat lapidem” per orchestra, della cinquantenne compositrice romana Lucia Ronchetti.

Molto gradevole e sorprendente infine il duo Righetti-Gori con un programma impegnativo e di grande bellezza composto da tre Sonate che abbracciano l’intero secolo d’oro della musica, dal 1784 dell’opera mozartiana al 1888 di quella brahmsiana, mettendo al centro un capolavoro beethoveniano del 1801. Combattendo con un pianoforte Kawai molto male in arnese, le due raffinate e affiatate soliste – palesemente nel pieno della loro maturità artistica – hanno offerto una interpretazione rigorosa e appassionata dei tre lavori aggiungendovi, per bis, il romantico e celebre Liebesleid di Fritz Kreisler. Una vera delizia.

Concerti assai diversi fra loro, che bisognerebbe saper godere con spirito libero dagli idola baconiani, più sensibili alla passione, all’impegno, alla cura, all’attenzione degli interpreti piuttosto che al loro prestigio internazionale e alla loro fama.

questa rubrica è a cura di Paolo Viola

rubriche@arcipelagomilano.org



Condividi

Iscriviti alla newsletter!

Per ricevere in anteprima sulla tua e-mail gli articoli di ArcipelagoMilano





Confermo di aver letto la Privacy Policy e acconsento al trattamento dei miei dati personali



Sullo stesso tema


9 aprile 2024

VIDEOCLIP: LA MUSICA COME PRODOTTO AUDIOVISIVO

Tommaso Lupi Papi Salonia






20 febbraio 2024

SANREMO 2024: IL FESTIVAL CHE PUNTA SUI GIOVANI

Tommaso Lupi Papi Salonia



20 febbraio 2024

FINALMENTE

Paolo Viola



6 febbraio 2024

QUANTA MUSICA A MILANO!

Paolo Viola



23 gennaio 2024

MITSUKO UCHIDA E BEETHOVEN

Paolo Viola


Ultimi commenti