12 marzo 2014

la posta dei lettori_12.03.2014


Scrive l’onorevole Simona Malpezzi al direttore sul caso PD Pioltello – Egregio direttore, volevo condividere con lei, e mi auguro con i lettori di ArcipelagoMilano, le mie riflessioni riguardo l’articolo a firma di Diego Corrado e Gaetano Nicosia rispetto a, come lo definiscono loro, il “case study” Pioltello. Sono una deputata del Partito Democratico, eletta con le primarie e iscritta al circolo di Pioltello e devo dire che ho provato una grande amarezza nel vedere il circolo da cui provengo definito come un luogo in cui “gruppetti locali si impadroniscono del simbolo per utilizzarlo a loro beneficio” o come luogo preso d’assalto da un “manipolo di politici locali” che avrebbero “preso in ostaggio il Pd cittadino”. Non mi ritrovo in queste definizioni che offendono profondamente gli iscritti, i militanti, i simpatizzanti e anche me in particolare. Definizioni, oltretutto, prive di alcun fondamento e la mia storia ne è una dimostrazione.

Mi sono iscritta al Partito democratico di Pioltello nel 2009, non appena sono rientrata in Italia dopo anni all’estero, in Germania, dove avevo contribuito alla nascita dei circoli locali. A Pioltello ho trovato le porte spalancate, nonostante io fin da subito abbia fatto scelte e sia stata portatrice di istanze minoritarie all’interno del circolo. All’epoca eravamo in fase congressuale e io sostenevo la mozione Marino. Pur in minoranza, mi sono candidata alla segreteria del Partito locale e ho perso. Il segretario Franco Marras non solo mi ha dato spazio in segreteria ma ha sempre garantito la minoranza che io rappresentavo. Alle comunali del 2010 sono stata candidata come capolista, un atteggiamento decisamente strano per un partito “che non fa entrare nessuno ed espelle i corpi estranei” come si legge sempre nell’articolo sopra citato. Infatti, non ho mai avuto problemi, se non di forte, continuo, anche duro scontro politico, a trovare spazio all’interno del partito. Un partito che aveva già accolto esperienze provenienti dalla lista civica. Alle primarie del 2012 ho sostenuto Laura Puppato, minoranza delle minoranze, mi sono candidata alle parlamentarie e chi del mio circolo riteneva di voler firmare per la mia candidatura l’ha fatto e devo dire che i numeri sono stati considerevoli. Anche qui, molto strano per un circolo descritto dai due giornalisti come luogo di estrema omologazione. Fatto sta che sono arrivata in Parlamento. Ripeto, le difficoltà, lo scontro dialettico, la discussione accesa, la verve polemica: ci sono tutte nel mio circolo. Ed è cosa nota che io e Antonello Concas fossimo sempre politicamente su posizioni differenti, come è cosa nota che non fossi la candidata migliore per lui. Ma questo rientra nella normale vita di un circolo in cui esistono diverse posizioni, tipiche di un partito che si definisce pluralista. Poi ci possono essere le vicende personali e caratteriali ma nulla hanno a che fare con la politica, quella con la P maiuscola. Il resto sono vicende legate a una storia che non conosco e che non mi appartiene e che non è la storia del Pd che, lo ricordo se qualcuno se lo fosse dimenticato, nasce nel 2007. Tutto quello che viene prima riguarda un passato che il Partito Democratico ha assorbito e poi rielaborato guardando al futuro. Ecco, guardiamo al futuro. Abbiamo delle elezioni amministrative da vincere. Un Pd unito, con tutte le anime che compongono la grande famiglia del centro sinistra, è l’unica risposta vera e concreta alla sfida che ci attende. Chi vuole dare una mano troverà le porte aperte come sempre, per contribuire al progetto di amministrazione della città.

 

Scrive Adriano Gasperi a Edoardo Croci – Concordo in buona sostanza con quanto scritto dall’Assessore. Expo 2915 sarà (probabilmente) una grande kermesse ludico-alimentare, ma non risponderà se non in misura minima, alle aspettative costruite in fase di candidatura e di progettualità iniziali. basate su una visione sostenuta da solide basi scientifiche e tecnologiche, quali quelle di cui si fece promotore il Comitato Scientifico Internazionale – fortemente voluto dal Sindaco Moratti – e di cui ho avuto l’onore di condividere l’impegno, quale Segretario Generale, fino al 2011. In quell’anno infatti il management della società organizzatrice ne decise la fine, prospettando l’entrata in scena di un nuovo comitato di altissimo livello – che mai vide la luce. Più i lavori preparatori sul sito vanno avanti, più aumenta in me il dispiacere per la perdita, ormai evidente, della componente e dei ritorni immateriali di quello che resta l’ultimo grande evento globale di lunga durata della nostra epoca. Peccato (Segretario generale del Comitato Scientifico di Expo Milano 2015 (2007-2011))

 

Scrive Fiorello Cortiana a proposito di città metropolitana – Ugo Targetti ha ben definito la natura del governo e dell’amministrazione per una Città Metropolitana funzionale ad armonizzare e qualificare ciò che già oggi è la Grande Milano nell’azione individuale degli stakeholders che la animano. Il suo essere, a un tempo, sovraordinante negli indirizzi di pianificazione strategica e agile, con responsabilità interdisciplinari a progetto.

Gli incontri che abbiamo tenuto come Comitato per la Città Metropolitana Partecipata hanno confermato l’articolazione dell’impostazione che propone Targetti. Per ultimo quello alla Cascina Caremma di Besate sulla filiera agroalimentare e la cintura verde della Grande Milano. Qui la multifunzionalità e l’intersettorialità proprie del tema trattato e dei protagonisti hanno messo in luce la necessità di una Città Metropolitana organizzata ad agenzie di progetto. Così da valorizzare le potenzialità di un intero sistema cui fornire servizi adeguati, nel caso specifico si pensi alla multifunzionalità ben rappresentata dalla rete delle cascine come la Caremma: agricoltura biologica e integrata, quindi gestione sostenibile del territorio, vendita diretta dei prodotti, ristorante, agriturismo, SPA. Chi mette in relazione questa rete con le diete e gli acquisti per le mense della ristorazione collettiva? Chi mette in relazione la domanda di specifiche prestazioni meccaniche delle macchine agricole per le colture biologiche, la ricerca e le proposte delle aziende che fabbricano quelle macchine? Chi mette in relazione le necessità logistiche di magazzino dei GAS- Gruppi di Acquisto Solidale con la possibilità di acquisto collettivo anticipato di prodotti coltivati in modo concordato con la rete dei produttori della cintura agricola? Chi mette in rete il sistema dei parchi in modo che le sue presenze colturali e culturali possano definirsi come offerta di qualità accessibile per una mobilità importante ma leggera? È utile e necessaria un’agenzia di progetto piuttosto che un assessorato più grande, occorrono funzioni che rispondano dell’efficacia nella facilitazione dell’intrapresa e dell’impresa piuttosto che una burocrazia che presidia procedure lineari del processi autorizzativi. Ecco, questi alcuni degli spunti usciti dal confronto che, così impostato, non ha visto i sindaci presenti preoccupati di diventare una periferia estesa di Milano Capoluogo, ma parte di una rete di città nella città metropolitana.

Resta incomprensibile l’autoreferenzialità da ente di secondo livello di una Città Metropolitana senza l’elezione diretta del sindaco e del consiglio. Questo sia per la legittimazione di quel che si configura necessariamente come una “Città Stato” (e per questo Maroni la osteggia), sia per non confermare il distacco e la “disabitudine” all’esercizio del voto di quasi il 50% degli aventi diritto. Cosa non buona in democrazia…

 

Scrive Adriana Grippiolo a Franco D’Alfonso – Leggo come sempre con molta attenzione il numero, e mi fermo in particolare sul pezzo di D’Alfonso. Prima lo ringrazio per chiarezza di un testo pieno di fatti e riferimenti e insieme scorrevole (con 30 anni di Rizzoli-Corriere non perdo il vizio …), poi grazie per ritrovarmi con lui in ogni dettaglio, spesso è proprio un testo altrui a farci comprendere quello che pensiamo. La conclusione non è molto confortevole, ma è così.

 

Scrive Luigi Lunari a LBG – Caro Gadola, tutta la mia approvazione al Suo “pezzo” sull’Expo. Sono fin dalla prima ora tra gli scettici nei riguardi dell’ambizioso progetto e ho sempre irriso allo sconcio balletto della Moratti e di Penati, a Parigi, quando Milano sconfisse – non Monaco o Lione o Francoforte o altre parigrado – ma la povera Smirne. Mi batto anche – pur nella mia condizione di inerme – contro il riempirsi la bocca dell’espressione “Grande Milano”. Milano non è grande; e uno dei suoi guai è proprio quello di non rassegnarsi al ruolo di modesta città (che non implica nessuna qualifica negativa) e di continuare a fare passi più lunghi delle gambe.



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