5 marzo 2014

IL MODELLO LEGGERO DI CITTÀ METROPOLITANA. PUÒ FUNZIONARE?


Per governare l’area metropolitana di Milano, la più complessa del Paese, sarebbe necessaria un’istituzione forte. Più forte della dismettenda provincia, più forte del comune capoluogo. Riconosciuta dallo Stato e dalla Regione come strumento straordinario per una situazione straordinaria (come ho già avuto modi di scrivere su ArcipelagoMilano).

04targetti09FBNon la pensa così il legislatore. La Città Metropolitana (CM) nasce come istituzione leggera, per non dire debole, di secondo grado, cioè non eletta direttamente dai cittadini ma dagli amministratori comunali, come strumento dei comuni. Milano e gli altri 319 comuni restano i decisori politici, oltre alla Regione. Gli organi della CM sono il Sindaco metropolitano e il Consiglio metropolitano. Il Sindaco metropolitano, che per legge è il sindaco del capoluogo, è l’unico organo di governo della CM. Non c’è giunta; non ci sono assessori. Il Sindaco può, se vuole, assegnare deleghe a membri del Consiglio metropolitano. Il Consiglio metropolitano è composto da amministratori comunali e ha funzioni di indirizzo e controllo (per le CM con oltre 3 milioni di abitanti i membri sono 28). Qualsiasi impegno politico – amministrativo per il governo della CM deve essere gratuito.

Questo è il modello che dovrebbe entrare in vigore entro pochi mesi: un’ istituzione leggera. Ma le funzioni correnti trasferite dalla Provincia alla CM sono consistenti (oggi impiegano 1.728 dipendenti e 132 collaboratori a tempo determinato) e bisognerà governarle. E d’altra parte l’area metropolitana di Milano ha anche bisogno di interventi straordinari, non solo di gestione corrente delle funzioni sovracomunali. Chi lo farà? Come ottimizzare il modello previsto dalla legge?

La CM potrebbe articolarsi in due campi d’azione: da una parte l’azione strategica, che impegnerà gli organi politici, il Sindaco e il Consiglio metropolitano; dall’altra la gestione delle funzioni correnti che dovrà essere affidata a dirigenti di alta professionalità e di fiducia del Sindaco. Questa impostazione potrebbe essere introdotta nello Statuto della CM che, per legge, deve essere approvato entro giugno.

L’azione strategica si concretizza nel Piano strategico del territorio metropolitano, previsto dalla legge e nei Progetti di attuazione del Piano, non previsti dalla legge ma che potrebbero essere previsti dallo Statuto. Il Piano strategico dovrebbe avere un orizzonte temporale lungo (la legge non stabilisce termini ma ne prevede l’aggiornamento annuale) e sarà oggetto delle decisioni politiche del Sindaco e del Consiglio. I Progetti di attuazione del Piano strategico potrebbero avere un orizzonte di legislatura e avere carattere intersettoriale.

I contenuti dei Progetti di attuazione del Piano strategico potrebbero, ad esempio, essere i seguenti. I cinque grandi parchi agricoli metropolitani, previsti dal Parco Sud nei Piani di cintura di Milano. Interventi di rigenerazione (urbana, edilizia e funzionale) di quartieri “popolari”, a Milano e nei comuni dell’hinterland. Organizzazione dei nodi interscambio sulla rete del ferro come centralità metropolitane. Riuso delle aree Expo, ecc. Ma anche il contenimento del consumo di suolo, il riuso dei grandi immobili pubblici. Ogni Progetto dovrebbe avere un bilancio economico e una gestione finanziaria che preveda la distribuzione di costi, benefici e vincoli di bilancio del patto di stabilità, tra i comuni dell’area metropolitana.

La direzione politica per l’attuazione dei Progetti del Piano strategico metropolitano potrebbe essere delegata a membri del Consiglio (che ne abbiano le capacità e il tempo) una sorta di assessori intersettoriali. I Progetti infatti richiedono: competenze amministrative di diversi settori (pianificazione, infrastrutture, mobilità, edilizia pubblica e housing sociale, parchi, ambiente, grande distribuzione, ecc..); risorse finanziarie di diversa provenienza (europea, statale, regionale, dei comuni e del bilancio metropolitano); professionalità di diversa natura. Dunque non deleghe settoriali, come per gli assessori della provincia, ma deleghe su progetto. Una condizione che assicura coerenza e sinergia all’azione della CM, ciò che è spesso mancato alla Provincia per ragioni di divisione cencelliana dei poteri e per l’uso degli assessorati come strumenti di promozione politica dei singoli assessori.

Anche la gestione delle funzioni correnti della Provincia ha un contenuto politico non indifferente. Ottimizzare il funzionamento dell’amministrazione e della spesa è compito tecnico di dirigenti capaci, ma l’indirizzo sull’uso delle risorse, per le strade, le scuole superiori, l’ambiente, i rifiuti, ecc. è compito della politica, di una buona politica. Il che spiega la presenza nella provincia degli assessori di nomina politica, anche se il numero (12 per la provincia di Milano) era eccessivo e rispondeva a esigenze di spartizione del potere più che di coerenza con l’attuazione del programma amministrativo. Ma la CM non ha assessori e pertanto queste funzioni dovranno essere governate dai dirigenti. Compito del Sindaco metropolitano sarà la loro selezione. Compito del Consiglio metropolitano sarà il controllo del loro operato.

Il modello così ipotizzato presuppone che anche la struttura amministrativa e il bilancio della CM siano impostati su due comparti: l’attuazione dei Progetti del Piano strategico e la gestione corrente dei settori di competenza.

Tutto ciò può aver senso, cioè la CM sarà un’istituzione utile, se il Piano strategico sarà efficace, ovvero se vi saranno le condizioni per attuarne gli obbiettivi. Il Piano strategico del territorio metropolitano e i Progetti d’attuazione, una volta approvati dai sindaci del Consiglio metropolitano, dovrebbero poi avere carattere sovraordinato rispetto a chiunque operi sul territorio: comuni, consorzi di comuni, tecnostrutture partecipate locali (ATM, MM, ALER, CAP Holding, ecc) tecnostrutture pubbliche nazionali (ANAS), tecnostrutture partecipate pubblico private (Società autostradali) proprietà fondiarie e operatori privati, ecc … . Il carattere di atto sovraordinato riguarda le scelte di pianificazione territoriale e urbanistica dei territori coinvolti nei singoli progetti: ma anche gli impegni di bilancio degli enti e dei comuni coinvolti, sia in termini di investimenti che di redistribuzione delle entrate; e infine le regole di gestione, ecc.. Tutto ciò non esclude l’uso di Accordi di programma come strumenti di decisione condivisa degli interventi.

Lascio ai giuristi il compito di definire la natura giuridica del Progetto strategico come atto sovraordinato, come sopra descritto e di individuarne la corretta fonte di diritto. Penso in ogni modo che la Regione, che per legge partecipa alla definizione del modello istituzionale, debba delegare i poteri necessari alla CM. La composizione politica della maggioranza del Consiglio regionale lombardo e del Consiglio comunale di Milano rendono difficilmente praticabile questa ipotesi. Tuttavia il principio di una concreta efficacia del Piano strategico potrebbe ancora essere introdotto nella legge nazionale, dal Senato.

Post scriptum dell’ultima ora. Province sprecone, aboliamole! Il debito pregresso del solo comune di Roma, antecedente al 2008, oggetto della Gestione commissariale per il piano di rientro ammonta a 10 miliardi!! (sbilancio tra debiti e crediti). Il costo di funzionamento di tutte le province italiane in un anno è di 11 miliardi. Lo sbilancio del comune di Roma per il 2013 è di 800 milioni. Il costo degli amministratori provinciali per un anno è di 34 milioni. Ripianare il debito di Roma per il 2013 costerà come 23 anni di compensi agli amministratori provinciali.

 

Ugo Targetti

 



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