5 marzo 2014

FERMARE IL CONSUMO DI SUOLO CON STRUMENTI ECONOMICI


Il consumo di suolo sembra un fenomeno inarrestabile, che caratterizza le città contemporanee e a cui ormai non prestiamo forse più attenzione. La dispersione urbana ha, però, una serie di costi sociali che non ci consentono più di ignorare la questione. Una città che aumenta la superficie costruita, a parità di popolazione (come nel caso italiano), diventa meno densa e con uno sviluppo più sparso sul territorio.

05percocco09FBQueste città, tipicamente quelle padane e della Lombardia in particolare, incorrono in maggiori costi di gestione di servizi di polizia, igiene urbana, istruzione, illuminazione, ma anche in maggiore inquinamento, a causa dell’aumento delle distanze percorse. Inoltre, città meno densamente abitate sono anche i luoghi in cui i rapporti interpersonali si fanno più rarefatti e il senso di appartenenza civica a una comunità più flebile.

La Lombardia è una delle regioni italiane in cui più forte è stato il consumo di suolo negli ultimi anni e poco hanno potuto gli strumenti, pur innovativi, proposti dalla Legge regionale n. 12/2005 per il governo del territorio. Questo quadro normativo regionale necessita ora di una revisione ed è probabilmente il momento di integrare una disciplina strettamente urbanistica con degli strumenti di carattere economico che disincentivino i consumo di suolo.

Alcuni punti appaiono di particolare criticità. La perequazione territoriale, ovvero sovracomunale, è una realtà in diverse regioni d’Italia (Toscana, Veneto, Emilia Romagna, Lombardia). Secondo la letteratura urbanistica, un piano perequativo ha due caratteristiche: equità (ovvero tutti i proprietari dei suoli devono essere trattati similmente in condizioni simili) e fattibilità (ovvero la perequazione deve poter attivare il mercato). Stupisce come la nozione di equità di riferisca esclusivamente alle possibilità di sviluppo e non già agli utilizzatori della città. Si parla, inoltre, di fattibilità senza mai richiamarsi al concetto ben più importante di efficienza nell’uso dei suoli. La Legge 12 prevede delle compensazioni monetarie tra comuni in caso di effetti negativi legati allo sviluppo immobiliare tra aree. Da questo punto di vista, è necessario verificare l’effettiva dimensione del danno provocato ai comuni limitrofi, non solo in termini di impatto sulla fiscalità locale. In particolare, qualora tali compensazioni monetarie sottostimassero il valore di non-uso di terreni non sviluppati, lo strumento della perequazione territoriale non sarebbe un argine adeguato.

Il Comune di Milano, con la precedente Giunta Moratti, ha previsto la costituzione di un mercato dei diritti edificatori con indice unico di edificabilità. Tale strumento, come ampiamente dimostrato dalla letteratura, incrementa il consumo di suolo. La rimozione di tali previsioni di legge e l’ideazione di strumenti simili, ma legati al riuso dei vuoti urbani potrebbe, invece, garantire un più elevato benessere sociale.

Ho dimostrato in diverse sedi (1) che gli oneri di urbanizzazione troppo bassi costituiscono un incentivo perverso per i comuni e per gli sviluppatori in quanto, nel breve periodo, migliorano le finanze dei comuni, mentre nel lungo si ha un peggioramento a causa dei servizi pubblici che devono essere necessariamente offerti. Gli oneri di urbanizzazione devono tenere conto di tutti i costi, monetari e non, presenti e futuri, che comporta lo sviluppo del territorio. È bene ricordare come in tale materia la competenza regionale sia significativa nel fissare gli oneri di riferimento.

In altri termini, sarebbe importante considerare gli oneri di urbanizzazione come uno strumento economico di regolazione dell’uso e del consumo dei suoli, ma perché ciò avvenga è necessario che la loro definizione sia funzione dei costi che lo sviluppo immobiliare impone alla collettività.

L’idea che vorrei trasmettere con questa nota è che il suolo dovrebbe essere trattato alla stessa stregua di qualsiasi altra risorsa naturale esauribile, con un costo di sviluppo che dovrebbe tenere conto di tutti i costi, privati e sociali, legati all’operazione. Prescindere dalla dimensione economica e finanziaria della questione rischia di rendere sterile qualsiasi iniziativa di governo del territorio e di consumo di suolo.

Va, però, segnalato in maniera esplicita come gli strumenti qui posti in rassegna possono essere variamente efficaci, ma potrebbero contemporaneamente rappresentare un serio problema in termini di equità. Questo perché il contenimento del consumo di suolo può comportare la limitazione dell’offerta immobiliare, ovvero un aumento dei prezzi degli immobili, comportando, a cascata, la fuoriuscita dal mercato delle famiglie con una minore disponibilità a pagare e, di conseguenza, un aumento della domanda di housing sociale.

A tale inevitabile e rinvigorita domanda di alloggi a basso costo, l’ente Regione deve rispondere non già attraverso una legge per il governo del territorio, ma con strumenti altri e più propri di sostegno al reddito, all’incremento dell’offerta di edilizia popolare ed eventualmente all’erogazione di mutui agevolati per quelle famiglie che vedranno il proprio benessere significativamente ridotto a seguito dell’introduzione degli strumenti economici.

 

Marco Percoco

Dipartimento di Analisi delle Politiche e Management Pubblico, Università Bocconi

 

1 M. Percoco e A. Zanardi, “Fiscalità urbanistica e consumo di suolo“, in Vedaschi (a cura di), Verso una nuova urbanistica, NIS. M. Percoco “Le relazioni pericolose: finanza locale e dispersione urbana“, in E. Anessi Pessina, M. Sicilia, I. Steccolini (a cura di), Bilanci pubblici tra riforma e prassi: quali sfide per il futuro?, Egea, 2011.



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