26 febbraio 2014

L’EXPO E LA “PAUSA PRANZO” DEL BURKINA FASO


La lettura mattutina dei giornali della domenica è un rito poco confortante negli ultimi tempi. Domenica scorsa però allo sconforto si è aggiunta l’amarezza, dopo aver letto su Repubblica l’articolo di Alessia Gallione “Expo chiama il mondo con i social network: diteci come mangiate”.

Nel testo si capisce che l’interrogativo si riferiva alla “pausa pranzo”. Ormai si può dire, è lessico parlamentare: “Mi sono girati i coglioni”.

01editoriale08FBTanto per cominciare, approfittando della giornata di sole, sono andato a vedere il sito di Expo, armato della fedele fotocamera. Ho fatto qualche foto dal cavalcavia, quello che s’imbocca partendo davanti all’Ospedale Sacco, in via Cristina di Belgojoso. Poi mi sono avvicinato all’ingresso del cantiere per fare qualche altra foto e sono stato prontamente allontanato dai custodi che mi hanno detto che il perimetro del cantiere era qualche metro prima della guardiola e che dunque dovevo allontanarmi. Ho detto che ero giornalista e mi sono sentito rispondere che anche molti altri erano venuti e che se l’erano cavata fotografando da qualche buco della cesata, che per altro è fatta di lamiera ondulata e non permette di vedere all’interno. Pressappoco la stessa cosa mi ero sentito rispondere dai custodi all’ingresso del cantiere CityLife qualche anno fa: allora addirittura mi hanno allontanato dall’esterno delle sbarre di accesso del cantiere.

Nei miei soggiorni all’estero da sempre sono curioso di cantieri – il mio habitat per almeno quarant’anni – e non ho mai avuto difficoltà a curiosare: anzi ricordo con piacere alcune recinzioni con apposite “finestre” per i curiosi e addirittura il caso in Inghilterra di una passerella soprelevata per far meglio vedere.

Perché questa lunga digressione? Perché personalmente sono stufo di questo modo di fare. Perché non dare informazioni? Perché non far vedere? Perché smentire nei fatti i proclami alla trasparenza e partecipazione (e non solo per Expo). Chi, cosa si vuol nascondere? Quel che invece comunque ho visto e che mostro nelle immagini, conoscendo come ho detto il mestiere, mi costringe a sperare in un miracolo per il 1° maggio2015. Vorrei ricordare a chi di dovere che se Expo2015 vuol aprire decorosamente ha bisogno di un pre-opening di almeno tre settimane per testare il tutto: me lo disse anni fa il direttore di una grande catena di grandi alberghi mentre predisponevamo il timetable di un albergo di 400 stanze! Abbiamo a disposizione 13 mesi, non 14! Che Dio ce la mandi buona!

Ora non voglio parlare di Noexpo, di Nocanal, sarebbe il caso, però se ne parla comunque su queste pagine. Voglio parlare invece del “tradimento” del tema. Vogliamo far festa? Vogliamo essere allegri? Vogliamo allargarci il cuore alla speranza che la crisi sia finita? Sacrosanto, legittimo. Vogliamo turisti che riempiano i nostri alberghi e vaghino per il Paese? Questo sembra il solo vero obiettivo di Expo. Accogliamoli con tutti i riguardi perché, come dice la Bocconi, porteranno ricchezza.: diamo loro però almeno in cambio anche la carta igienica nei WC degli esercizi pubblici e assicuriamoci che le relative porte abbiano la maniglia e la chiave e non siano costretti a tener chiusa la porta con un piede. De minimis, tanto per dire.

Come si è affrettato a dichiarare subito dopo il giuramento, il neoministro dei Beni e attività culturali e turismo Dario Franceschini, la cultura è una delle nostre maggiori ricchezze. La cultura non è solo fatta di monumenti e territorio – in degrado purtroppo – ma anche di saperi e, lasciatemelo dire, anche di “cultura politica”. Quella cultura – carica di ideali – che ci ha dato in passato autorevolezza nel mondo.

Altiero Spinelli- dopo 9 anni di carcere e 6 di confino, mentre ancora era a Ventotene, scrisse il famoso manifesto che porta il nome di quell’isola e che ebbe come titolo “Manifesto per una Europa Libera e Unita”. Da allora fu instancabile con Ernesto Rossi e ad altri. Nel 1979 fu eletto nel primo Parlamento Europeo.  Se nel febbraio del 1992 a Maastrict prese definitivamente corpo l’Unione Europea fu principalmente per merito dell’Italia e di uomini come Altiero Spinelli.

Eravamo più forti negli anni dal 1945 all’80? Avevamo più peso economico in Europa di quanto ne abbiamo ora? Forse ma soprattutto contavano l’autorevolezza della nostra classe politica e la forza delle idee.

Con Expo avremmo potuto fare qualcosa di simile: “Nutrire il pianeta, energia per la vita” era un titolo forte – l’unico merito che riconosco a Letizia Moratti – dietro c’era un problema politico, economico e sociale di portata mondiale. Sarebbe stata un’occasione d’oro per mostrare al mondo la forza delle nostre idee e la nostra “cultura politica”, la nostra capacità di guardare lontano. Ma non ci sono più uomini come Altiero Spinelli e come i suoi amici. Ogni il giudizio sui nostri politici è noto, le eccezioni sono rare e in genere detestate dai colleghi. Oggi, il tema essenziale di Expo si va allontanando sempre di più, è un pezzo che lo andiamo dicendo: il governatore Maroni gira per la Lombardia tra salamelle e vini locali e i giovani mobilitati da Expo sono chiamati a documentare fotograficamente la “pausa pranzo” alla faccia del tema Expo. Vorrei mi mostrassero le immagini che si riferiscono al Burkina Faso. Così, per curiosità.

Luca Beltrami Gadola



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