26 febbraio 2014

REGOLAMENTO EDILIZIO: FAR IRROMPERE LA MODERNITÀ


Mi ha sorpreso la decisione del Comune di Milano di elaborare un nuovo regolamento edilizio, perché i suoi contenuti sono interdipendenti rispetto a quelli della strumentazione urbanistica ed edilizia, e l’attuale strumentazione presenta lacune sostanziali: sono assenti i concetti dell’agenda condivisa, della supremazia delle risorse umane e naturali rispetto a quelle fisiche, della scarsità delle risorse, insomma gran parte dei contenuti espressi nell’arco temporale che va dalla Conferenza di Stoccolma sull’ambiente umano (1972) alla Conferenza Rio+20 sullo sviluppo sostenibile (2012). In queste condizioni il rischio è di proporre un regolamento non allineato con i contenuti imposti dalla gestione di una metropoli contemporanea.

03longhi08FBInfatti, occorre tener conto che nel periodo che va dall’approvazione dell’ultimo regolamento (1999) a oggi un vero tsunami ha investito la storica concezione del regolamento edilizio. Infatti, con il nuovo millennio si esaurisce la formula che Milano aveva ereditato da Berlino all’inizio del ‘900. Essa consisteva nell’imposizione ai costruttori di uno standard minimo da parte delle autorità, destinato a regolare il costruito e le esternalità nocive (rumore, fumi, polveri …) per proteggere la salute e la sicurezza dei cittadini.

Il ruolo dei costruttori era passivo e consideravano questi standard il massimo che si dovesse fare, non ritenendo di doversi impegnare a fare di più o meglio di quanto imposto.

Il regolamento che viene presentato si ispira ancora a questi criteri: è impositivo, l’ambiente è considerato solo in quanto è un bene da proteggere dalle esternalità negative, non viene considerato il ciclo dell’edificio, la sostenibilità è limitata ad alcune caratteristiche tecniche dell’edificio. È allineato con il controsenso nazionale di premiare con volumetria gli operatori che applicano alcuni provvedimenti di ecoefficienza: ma se questi provvedimenti sono finalizzati a diminuire la pressione sul territorio, in quanto si aumenta la volumetria, si vanifica l’effetto del provvedimento.

Inoltre, nell’epoca della cibernetica è forse l’ultimo strumento pensato in modo cartaceo e non come un moderno big data, facente parte di un sistema interattivo di relazioni con i cittadini. Questo è un grave handicap, oltre che di democrazia, di gestione economica, in quanto i big data sono i nuovi settori economici di base metropolitani e il loro sviluppo contribuirebbe ad attivare nuovi lavori e ad accrescere l’occupazione.

La municipalità non tiene conto che con la fine del millennio il ruolo e la struttura del regolamento sono cambiati radicalmente, poiché diventano operative le risposte agli interrogativi maturati dal 1972 (Conferenza di Stoccolma, che introduce il concetto del limite delle risorse) al 1992 (Conferenza di Rio, che pone i problemi: 1_ della fine dei sistemi di gestione sociale gerarchici e passivi a favore dell’agenda interattiva aperta a tutta la comunità, 2_ della crisi di alcune risorse fra cui l’acqua e la biodiversità, 3_ del contenimento delle esternalità negative).

Il risultato è uno strumento che coniuga la certezza del diritto con l’attiva collaborazione delle parti impegnate nei processi d’edificazione, per superare gli standard di legge al fine di accelerare il raggiungimento dei risultati quantitativi e dei livelli di qualità definiti dalle convenzioni internazionali sull’ambiente, che diventano il sistema ‘normativo’ di riferimento. In sostanza, il regolamento edilizio diventa il ‘contratto’ con cui le parti responsabili della pubblica amministrazione, degli imprenditori, dei professionisti, si impegnano a rinnovare a tappe forzate il loro prodotto o i loro servizi, al fine di poter collaborare in condizioni di forza nelle reti di relazioni, anche internazionali, e raggiungere una posizione rilevante nel mercato della realizzazione delle nuove città, prevalentemente asiatiche. Si raggiunge così il positivo risultato di coniugare la norma con la creazione di valore, superando il concetto della norma come passivo strumento di controllo.

Il regolamento edilizio, nella sua forma più evoluta diventa un sistema operativo in grado di interagire per generare ambienti urbani di alta qualità. Esso si esprime attraverso un insieme di regole definite per offrire certezza e qualità, che riguardano la rigenerazione dell’ambiente attraverso una serie di norme che coinvolgono l’intero ciclo di vita dell’edificio, dalla sua ideazione alla sua demolizione.

Il regolamento è un accordo vincolante, ma nello stesso tempo resiliente, nel quale il vincolo è il risultato di un processo d’intenso coinvolgimento, di ricerca e di collaborazione.

Nel processo di rinnovo dei regolamenti edilizi si possono citare alcune tappe significative:

– elaborazione del Codice concordato per la realizzazione del quartiere sperimentale di BO01 a Malmoe (2000), promosso dall’UE. In quell’occasione il regolamento diventa uno strumento proattivo, a servizio di un’amministrazione impegnata ad accompagnare il lavoro dei tecnici ed imprese che intendono edificare;

– introduzione del BAF Biotope Area Factor, da parte del Senato di Berlino, che finalizza la metrica del regolamento edilizio al fatto che l’attività edilizia deve essere compatibile con la crescita della biodiversità;

– sviluppo di criteri concordati fra i sindaci delle più importanti aree metropolitane statunitensi e gestiti operativamente grazie al supporto dell’American Institute of Architects con il progetto 50×50;

– introduzione del Code for sustainable homes, che in Gran Bretagna codifica un modo di costruzione ispirato all’ottimizzazione del metabolismo urbano.

Penso che ci sia abbondante materiale per giustificare un radicale ripensamento degli scopi e della struttura tecnica del nuovo regolamento edilizio.

 

Giuseppe Longhi

 

 



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