26 febbraio 2014

CLASSE ENERGETICA E LOTTA DI CLASSE NEL REGOLAMENTO EDILIZIO


Il processo di confronto tra i portatori di interesse e l’Amministrazione Comunale sta volgendo al termine. Nei prossimi giorni, il Consiglio Comunale sarà chiamato ad adottare il testo proposto dalla Giunta, per poi approvarlo definitivamente, dopo aver discusso le osservazioni, che giungeranno da parte di cittadini e dagli stessi consiglieri comunali. Ma quale testo sta per essere adottato?

09spadaro08FBCi sono diverse novità che salutiamo positivamente, come la regolamentazione dei concorsi di architettura per i privati, art. 8, (che per essere veramente efficacie necessiterebbe comunque di una revisione immediata del PGT, per consentire il cumulo delle premialità, altrimenti troppo a favore dell’ormai facili prestazioni energetiche), l’istituzione dell’istruttoria preliminare facoltativa dei progetti, prevista nell’articolo 40, alcuni timidi adeguamenti ai nuovi stili di vita nell’articolo 99, dove si riducono le dimensioni minime degli ambienti, per finire con strategie finalmente costruttive circa l’abbattimento delle barriere architettoniche illustrate negli articoli 7 e 79.

Non mancano gli aspetti controversi tra cui la gestione degli edifici abbandonati con l’art. 12 o l’obbligatorietà di un fascicolo del fabbricato molto faticoso per gli edifici antichi (art. 46), o la necessità di certificati di idoneità statica che l’articolo 11 prevede anche per tutti gli edifici costruiti da più di cinquantanni ma che richiederebbero verifiche molto invasive, costose, difficilmente applicabili o addirittura inutili secondo il giudizio di alcuni.

Ma queste controversie sono risolvibili attraverso la politica e le sue mediazioni. Ciò che troviamo inaccettabile è invece l’ottusità che continua ad avvolgere questo testo, che lo trasforma, in molte altre parti, in uno strumento di vessazione fine a se stesso o peggio, ragion d’essere stessa delle caste burocratiche che lo applicano. Non stiamo parlando di una generica richiesta di semplificazione, richiesta che rischia di divenire una cantilena banale e inconcludente, ma di alcune assurdità e pregiudizi che speriamo verranno spazzate via nel dibattito e votazione conclusiva.

Uso qualche esempio, preciso ma non esaustivo, che ho potuto rilevare assistendo alla commissione urbanistica del 11 febbraio scorso, dove era programmata l’audizione dei responsabili dell’Asl. Audizione in cui ho provato imbarazzo e fastidio. Il tema è quello dell’obbligatorietà di almeno un bagno finestrato e del riscontro d’aria per gli alloggi di oltre 50 mq calpestabili. Un obbligo che diventa un lusso che ci distingue in Europa come gli unici a poterselo permettere.

Perché un lusso? Primo perché entra in aperta contraddizione con le buone pratiche e le premialità legate al contenimento energetico. In un alloggio in classe energetica A o addirittura superiore, un alloggio di questi tipo, che sulla carta costa un po’ di più, ma regala qualche premio ai costruttori, oltre a far risparmiare soldi ai proprietari e salvaguardare l’ambiente di tutti noi, non è prevista l’apertura delle finestre per ricambiare l’aria. L’areazione degli ambienti è garantita da sistemi di ventilazione alternativi, che oltre a ricambiare l’aria, garantiscono che venga riscaldata prima dell’immissione, per ridurre i consumi energetici.

Pertanto, nei moderni edifici, quelli di cui tutti ci riempiamo la bocca quando si parla di smart city, di contenimento energetico, le finestre non si dovrebbero aprire. Perché, se così fosse, la certificazione in classe A sarebbe solo sulla carta, un falso, buona solo per ottenere premialità volumetriche (previste in abbondanza nel regolamento), ma che in una misurazione in regime dinamico, cioè andando a monitorare realmente i consumi, si rivelerebbe una presa in giro. Secondo motivo, l’obbligatorietà del bagno finestrato comporterebbe lo spreco di una porzione di facciata sottraendola al godimento di spazi ben più vissuti rispetto al servizio igienico.

Ma la cosa più grave, se questo obbligo non verrà superato (badate obbligo non facoltà) comporterebbe l’impossibilità sostanziale di riutilizzare lo straordinario patrimonio a disposizione, sfitto e invenduto, che sono gli edifici a uffici presenti nella nostra città. Edifici che giacciono in stato di abbandono ma che potrebbero essere facilmente e economicamente riconvertiti a residenza, essere oggetto di convenzionamenti specifici, recuperati alla città, perché già strutturalmente connessi ad essa. Superando la logica che vuole una edilizia sociale di espansione con nuovo consumo di suolo, nuove urbanizzazioni e ulteriori sprechi.

La tipologia dell’edificio a uffici è caratterizzata quasi sempre da un corpo di fabbrica profondo circa 15 metri, con i servizi tutti al centro e areati meccanicamente. La norma del R.E. proposta, che noi troviamo palesemente contraddittoria con tutte le politiche di contenimento energetico, impedisce, ad esempio, di recuperare un appartamento di 4 locali con due bagni senza finestre, perché, secondo i responsabili dell’ASL, non sarebbe adatto allo stile di vita dei milanesi, soprattutto dei più vecchi, poveri o degli extracomunitari, usi a pratiche quotidiane (odori di cucina e altro) non compatibili con le caratteristiche di un moderno edificio.

Sembra una barzelletta ma è quello che è emerso in commissione urbanistica. Certo, i responsabili dell’ASL comprendono il problema, ma anziché stracciarsi le vesti per le condizioni di vita di chi cerca casa, si occupano dell’odore del cavolfiore o del fumo prodotto arrostendo la carne di montone. Se non ci credete, ascoltate il processo verbale della commissione e la sua registrazione, ascoltate la deriva sociologica, ci sarebbe di che sorridere.

Per molti milanesi, quell’appartamento di quattro locali, pur con i due bagni ciechi, sarebbe un bellissimo spazio, con spazi dilatati e ampie vetrate, con servizi comuni nelle lobby, da comprare o affittare ad un prezzo accettabile perché altrimenti destinato all’abbandono. Per molti milanesi e per quelli che lo vogliono diventare, sarebbe una riposta moderna al fabbisogno abitativo alla faccia dei difensori di non so cosa, se non del loro distintivo, quali mi sono apparsi i funzionari ASL durante l’audizione.

Ma siccome sono certo che a Milano governano Pisapia e i suoi assessori spero proprio che l’ultima parola sia la loro e non dell’ASL.

 

Francesco Spadaro



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