29 giugno 2009

LA SOLITUDINE DEL CENTROSINISTRA


I risultati delle provinciali a Milano evidenziano un dato da poco conosciuto nel mondo della sinistra: l’astensionismo. A parte la propaganda che, dopo le elezioni dovrebbe lasciare spazio alla riflessione, e le banalità, è giunto il momento di chiedersi perchè alle ultime elezioni milanesi l’elettorato di centrosinistra non si è presentato in massa alle urne.

Il primo motivo è perché non esiste più quel blocco sociale di massa che s’identificava in candidati progressisti in maniera acritica e ideologica. Ora esistono gli individui, piccoli imprenditori, artigiani, professionisti.

 

Spesso sono ex lavoratori dipendenti, “costretti” dal mercato a mettersi in proprio e a confrontarsi con la concorrenza senza le garanzie dei dipendenti. Hanno scoperto le difficoltà della burocrazia nelle istituzioni, dell’accesso al credito, ecc.

Il secondo motivo è la crisi economica, della quale oggi tutti sono pronti a fare analisi dettagliate ma nessuno tra economisti, sindacalisti, opinionisti mi sembra ci avesse messo in guardia solo l’anno scorso. Il “tesoretto”andava subito ridistribuito perché l’economia era in fase di crescita continua.

 

Un altro elemento è il sistema di garanzia che riguarda solo poche realtà, generalmente quelle meno competitive. E quando ti bloccano il fido in banca si è soli, nessuna istituzione ti è vicina, nessuna forza politica. A questo punto, perché questa massa d’individui dovrebbe mobilitarsi, andare a votare, cosa cambia per loro? Niente.

L’unica motivazione può essere ideale e ideologica e, molto probabilmente, quello che condiziona certe scelte sono fattori come l’età, la tradizione, la storia personale.

Questo lo si nota nell’analizzare la vittoria del centrosinistra in Provincia.

 

L’area metropolitana milanese è abbastanza omogenea, a parte qualche zona dove possono esserci maggiori problemi di sicurezza, il fattore determinante della vittoria o della sconfitta è la tradizione e la presenza di candidati particolarmente legati al territorio.

Questo è un po’ poco per limitare il lento declino del PD, e dico del PD, perché le altre aree della sinistra, in particolare quella antagonista, sono ormai residuali e sopravvivono non per un reale insediamento nel tessuto sociale ma, probabilmente, solo per una presenza generazionale, e le salva l’allungamento della vita media.

 

Dobbiamo a questo punto sperare nel Congresso vengano posti all’ordine del giorno pochi concetti semplici, ad esempio: chi e che cosa vogliamo rappresentare? Obama ha avuto subito chiaro che i suoi riferimenti erano e sono la classe media. E’ necessario avere dei valori democratici ma che valorizzino l’individuo e il sano individualismo democratico e solidale. Occorre dare spazio ai giovani, intesi come giovani competenze e idealità: si vedono troppi e troppe trentenni allevati come polli in batteria in circoli o ex sezioni più che mai obsoleti.

 

Smettiamo con le ipocrisie dei “giovani” che spesso lo sono solo anagraficamente. Ho visto che a Torino, all’ultima riunione del Lingotto, che ultra cinquantenni sono diventati quarantenni (magari bastasse questo per fermare il tempo), intanto molti giovani normali e in buona fede s’identificano di più con il centrodestra. Questo ci permetterà di parlare un linguaggio comprensibile, infatti comunicare in modo che nessuno capisca è come essere muti, e su molte tematiche (sicurezza, opportunità, crisi, sviluppo della città, ecc.) siamo stati assenti.

Penso proprio che l’ultimo campanello di allarme sia già suonato, speriamo che i nostri avversari non ci abbiano già svaligiato l’elettorato, anche perché il PD non è assicurato sul rischio fallimento. Di solito i rischi certi non li quota nessuno.

 

Massimo Cingolani



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