30 giugno 2009

L’ACCADEMIA DI BRERA DOPO L’EXPO


Inventare una nuova accademia d’arte. Su di una superficie di diversi ettari, con unico limite la cubatura d’un edificio esistente, ma le cui funzioni vanno totalmente cambiate. Studiare i rapporti che tra la nuova accademia si stabiliscono con l’immediato dintorno, dalla RAI ai teatri off. Affrontare con coraggio il tema del riuso. Come ha fatto Botta, che, sulla facciata neoclassica dell’ospedale Beata Vergine Maria di Mendrisio, ha collocato una colossale scultura di Ganimede rapito dall’aquila di Niki de Saint-Fall. E i giardini intorno al grosso volume ottocentesco in laterizi popolarli di statue nuove, di opere uscite dalla stessa accademia, da rinnovare ogni anno. Mobilitare le migliori menti che fanno progetti a Milano perché concorrano alla nuova accademia. Dare una riposta milanese alla moda degli architetti griffes. Non per nazionalismo, ma perché un progetto di questo livello ha bisogno di architetti che non ignorino la tradizione di Brera, mentre costruiscono la nuova, vera accademia del XXI secolo. Non è questo un programma allettante? Non sarebbe più impegnativo e durevole dell’Expo? Oppure non potrebbe entrare addirittura nei programmi dell’Expo, come opera valida che resterebbe alla sua fine?

Il quartiere di Brera non è più quello degli artisti, delle bettole a basso prezzo, dei piccoli negozi artigiani, delle storiche gallerie del Milione, di Lenoci. E’ profondamente cambiato negli ultimi decenni. A parte il folklore dei cartomanti, ha negozi cari ed eleganti, ristoranti dai prezzi inaccessibili, una popolazione residente che vive in case ristrutturate e care, notti assediate dalla movida. L’attaccamento al quartiere non giustifica la resistenza dell’Accademia a non voler discutere soluzioni razionali che comportano lo spostamento di alcune sue importanti attività. Lo spostamento della didattica non altererà in nessun modo le attrattive del quartiere “Brera”, dove la pinacoteca e, un giorno, le raccolte dell’Accademia, che saranno finalmente rese pubbliche, hanno e avranno un grande forza di attrazione. Un disturbo potrà venire alle comodità dei docenti che hanno studio e forse abitazione nel quartiere, ma non mi sembra un problema cittadino.

Alle sofferenze – per insufficienza di spazio, per impossibilità d’innovazione – dell’Accademia di Brera (il fatto che non possa esporre la propria galleria, come fanno le accademie di Vienna e di Parigi è significativo) si debbono aggiungere quelle della Biblioteca Braidense, che conduce una lotta perdente con lo spazio (ha depositi alla Lacchiarella, a Vigevano), quelle della Pinacoteca, che patisce l’impossibilità di mettersi al livello degli istituti internazionali e nazionali analoghi (come a Bologna, a Venezia), non ha posto per un vero laboratorio di restauro e, non avendo spazi adatti alle mostre, manca a una funzione importante nei confronti della città e della stessa accademia. La penuria di spazio, con l’esasperante lentezza dei lavori del palazzo Citterio, ha fatto perdere a Brera collezioni importanti di arte contemporanea che le erano destinati. Vi è poi la chiesa di Brera, la grande chiesa madre degli Umiliati, negata, con i suoi affreschi giotteschi, ai visitatori.

Capisco allora i (pochi? molti?) giovani che si uniscono ai loro professori nel rifiuto di trasferire le attività didattiche dell’accademia in una sede tutta da progettare. Allievi e maestri vivono in una città che ancora nasconde con i cartelloni pubblicitari i vuoti lasciati sessant’anni fa dalla guerra, in una città che ha incoraggiato la violenza al proprio profilo, autorizzando orrende sopraelevazioni. Una città che da molti anni guarda solo al profitto e quindi si permette d’imbruttirsi. Così ci si rassegna ai pessimi servizi per pendolari, ci si arrende allo sporco scambiandolo per pittoresco. E’, credo, l’indifferenza del Comune davanti a un problema così vitale per Milano che li scoraggia.

Eppure cose ne succedono. La Bovisa era il deserto delle fabbriche abbandonate ed è ora un centro universitario vitale che sta trasformando un intero quartiere; la Bicocca non aveva futuro e oggi sta sempre più diventando, man mano che si completa, un altro grande centro di studi, d’arte e sin spettacolo. Si può cambiare rotta.

 

 

Carlo Bertelli



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