19 febbraio 2014
Ottimo articolo quello di Renzo Riboldazzi. La sua scrittura, mirata nell’argomento, ingentilita dallo stile mi ha incuriosito sino in fondo. Sono progettista botanica di terrazzi e giardini ed anche giardiniere; pertanto i miei occhi ricercano affannosamente anche nella città, quegli elementi che si possono ricondurre al senso estetico. La delusione che ne consegue è spesso sconsolante e mi viene subito da chiedere: ma chi rilascia i permessi? Quale effettiva competenza sta dietro certe onnipotenti scrivanie? Quale formazione e educazione mirata anche al senso del bello produce spesso tanti obbrobri? Forse bisognerebbe cominciare proprio da lì … il senso del bello, delle proporzioni, dell’estetica, dei colori, dell’armonia dovrebbe essere proposta sin dalle scuole primarie; ah! Ma di quale utopia sto parlando! Oppure dovrebbe essere uno degli elementi imprescindibili da esigere nei curricola degli aspiranti tecnici comunali, quelli che firmano i permessi, insomma e, forse, migliori risultati comincerebbero a vedersi.
La scelta tra la ditta Neri o similar e una vendita di materiale edile per un palo della luce sarebbe sostanziale, in nome, appunto dell’arredo urbano. E così per le panchine, per le aiuole, nella loro forma e contenuto, nella loro bassa/bassissima manutenzione. Quante rotonde diventano vivai di erbacce quando manca lo sponsor/manutentore? E l’occhio piange e il cuore si stringe. E così via; i casi sono molteplici e si riconducono tutti al sostanziale menefreghismo che ricaccia in un angolo tutti quegli elementi che al contrario contribuirebbero alla bellezza curata e voluta della città, al grado di cultura dei suoi amministratori, sicché alla soddisfazione dei cittadini. Perché non indire, alla bisogna, concorsi tra giovani architetti, urbanisti, progettisti del verde? Là la materia è conosciuta e approfondita, i lavori di tanti sono mirabili … non ne guadagnerebbe anche una città ingrigita da tali ignoranze? Io credo di sì ma a me piace sognare.
Beh, l’argomento è ricco di aspetti che meriterebbero di essere discussi e soprattutto approfonditi, ben vengano quei cittadini dotati di sensibilità, buon gusto e pragmatismo che vogliano addentrarsi in questi ambiti e che si attivino nel dispensare suggerimenti. Parlare di euritmia significa aver capito il senso delle proporzioni, dell’equilibrio, dell’armonia compositiva. Oggi verifichiamo, invece, che la disarmonia la fa da padrona e permea ogni luogo. Ricetta: si prenda uno shaker lo si riempia di colori, di insegne, di tendoni, di panchine, di pali, di stili e lo si versi, a spaglio, tutt’intorno, ecco fatto! Apriamo gli occhi e ci accorgiamo che questa è ed è stata la formula vincente più o meno adottata. Ripeto, basta guardarsi in giro con uno spirito nemmeno tanto critico, basta sentire lo stridor di denti, quello che succede ai più attenti!
Visto che le licenze vanno chieste, le concessioni vengono date e l’occupazione del pubblico suolo costa caro, perché non istituire una normativa che declini tutte le regole alle quali i richiedenti debbano inderogabilmente attenersi? Penso ai commercianti, ai gestori dei chioschi di ogni ordine merceologico, agli edicolanti, insomma a tutte quelle persone che per vendere devono affacciarsi su strada o occupare spazi preposti. Ecco che allora l’aspetto architettonico e conseguentemente quello estetico riferito magari ed anche a colori uniformemente scelti darebbe un aspetto meno da caravanserraglio come ora si può, ahimè notare quasi ovunque.
Perché non dotare le pubbliche piazze corredate da palazzi di importante, antica architettura, di panchine in stile, piuttosto che di ruvidi parallelepipedi in cemento armato? Oppure sagrati di venerande chiese magari romaniche o gotiche deturpati da sedute e da fioriere che in quanto a stile fanno a cazzotti con il sacro contesto? Gli esempi sarebbero molti, ma non voglio tralasciare le orrende sguaiate insegne che declamano pizze veraci o sandwich grondanti grasso, di catene ristoratrici d’oltre oceano, poste magari all’angolo di aviti palazzi che gridano vendette.
Basterebbe regolamentare tutto ciò, fare ordine in questi specifici assessorati. Quel tipo di ordine che si tramuterebbe in regola e, per dirla da botanico, procedere in una potatura precisa, di contenimento, di sfoltimento, di ripresa dell’armonia e della forma originaria della città.
Dede Mussato
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