12 febbraio 2014

la posta dei lettori_12.02.2014


Scrivono Giulio Ernesti e Cristina Mordiglia a Andree Ruth Shammah – Ascoltato il video con l’intervista alla signora Shammah ci permettiamo di commentare quanto segue: “Ha ragione a sostenere che è largamente insufficiente la comunicazione sui contenuti dell’Expo; ha ragione nel sottolineare che non è stata sviluppata la possibilità di fare dell’Expo un occasione per concentrare in Milano attività di ricerca su questioni cruciali inerenti il tema dell’Expo. Nell’intervista non dice però quali iniziative, se fosse stata interpellata, avrebbe promosso. Peraltro rispetto alla piscina Caimi, che unitamente all’Assessora Bisconti (vedi video su You Tube: assemblea Caimi del 2011) aveva promesso di aprire al pubblico per il giungo 2012, non ci sembra proprio il caso che rivendichi “tappeti rossi” visto che ad oggi non è stato fatto nulla, che una parte significativa del quartiere aveva ben altre idee riguardo ai modi di restituzione della piscina ai cittadini, che l’assegnazione della piscina alla fondazione Parenti non è certo l’esito di un processo che possa definirsi trasparente e partecipato. La convenzione siglata poi, per oltre 25 anni, è ampiamente discutibile. Per non tacere il fatto che l’unico progetto presentato pubblicamente non può definirsi tale, in quanto privo di capitolato, piante, sezioni e prospetti (come qualunque professionista serio farebbe) riducendosi dunque alla rappresentazione fantasiosa di alcuni graziosi bimbi che pattinano sul ghiaccio e di una piattaforma di legno (con tavolini per the e caffè) che occupa 12,5 dei 50 metri originari della vasca olimpica della piscina. Ciò in totale contraddizione con l’asserita premessa di garantire la conservazione dell’impianto originario della stessa.”.

 

Scrive Franco Morganti a Giuseppe Ucciero – Forse Ucciero dimentica che la cosiddetta stabilità politica, che lui attribuisce alla proporzionale, ha comportato 52 governi dal 1945 al 1994, cioè in 49 anni. Un governo è durato in media meno di un anno. Ricordo di aver lavorato per Spadolini nel 1982. A fine 1982 arrivò Fanfani, che fece smantellare tutti i computer installati per dare una struttura ai Dipartimenti della Presidenza del Consiglio. Stabilità?

Replica Giuseppe UccieroFranco Moranti non legge quanto scritto, scambiando per instabilità “politica” l’instabilità governativa. Come diceva il povero Gianni Brera, “non c’è nulla di più inedito del pubblicato”.

 

Scrive Stefano Zuffi a Gianni Zenoni – Ottimo l’intervento di Zenoni sul padiglione di piazza San Babila. Sulla stessa linea di forte perplessità, segnalerei anche lo strano igloo di legno (forse non brutto in sé, ma improvvido nella collocazione) collocato nella Piazza d’Armi del Castello Sforzesco, proprio di fronte a quella “infermeria spagnola” che dovrà contenere la Pietà Rondanini, secondo un progetto espositivo che non mi pare sia stato ancora reso pubblico; e più in generale, la segnaletica interna al Castello non mi convince. Sui pannelli messi qua e là ci sono immagini e informazioni interessanti, ma l’insieme appare casuale, e non facilita la visita a un monumento/museo che risulta obiettivamente complicato e dispersivo per i turisti.

 

Scrive Felice C. Besostri a LBG – Forse caro Luca hai chiamato la rivista ArcipelagoMilano per preveggenza o per scaramanzia. Ben poche sarebbero le zone che si possono salvare: Monte Merlo e la collinetta del QT8, i bastioni sono a rischio. Dimenticavo i grattacieli, ma con i piedi a mollo sarebbero al riparo dalle acque, ma senza elettricità. Non preoccuparti se Ti accuseranno di catastrofismo, mi propongo come Tuo difensore, in fin dei conti sono un esperto avendo affondato, con gli avvocati Bozzi e Tani, il porcellum sulle rive del Tevere, cosa vuoi che mi preoccupi un Seveso.

 

Scrive Alberto Lipparini a LBG – Caro Gadola, non mi sono ancora ripreso dal fondo della scorsa primavera, quello che paragonava incomprensibilmente i “naviglisti” ai talebani, ed ecco che la lettura di Arcipelago mi dà un nuovo dispiacere. Mi sarei aspettato che il giornale sottoponesse ai lettori un’opinione sugli impegni, peraltro esili, dell’Amministrazione in merito alle acque rimosse dalla nostra città: una città che aveva cominciato a incanalarle (perché a quel tempo c’era davvero una cultura del fare, e anche del rifare, tanto che la Cerchia fu rimessa in cantiere, migliorandola, solo cinque anni dopo la distruzione del Barbarossa) ben 850 anni prima del diktat mussoliniano.

Invece il giornale si dà all’ironia, e pesante. Milano diventerà una città nell’acqua, nel senso di allagata, e per noi sarà una “grande rivincita quando via Senato sarà navigabile per qualche giorno e piazza San Marco verrà raggiunta vogando”. Già in occasione del pezzo citato, Gadola aveva affermato di aver “cercato di fare quattro conti: un chilometro di nuovo canale navigabile con una fascia verde di 20 metri per parte costerebbe circa quattrocentomila euro l’anno di sola manutenzione”. Trascuriamo pure i posti di lavoro che si creerebbero per i giardinieri, però ancora non trovo ancora risposta all’inquietante quesito: 20 metri per parte? La Fossa interna non ha mai coperto tutta l’attuale sede stradale e, in ogni caso, non mi risulta che nessuno abbia proposto questi 40 metri di vegetazione. Sarà forse un’idea di ArcipelagoMilano, che però distruggerebbe mezza città: indicando alla rinfusa, la Sormani e la dirimpettaia Azienda energetica, il Policlinico, il quartiere “cattolico” in Santa Sofia, la Cà Granda, alcune chiese storiche, suggestivi palazzi ottocenteschi …

Però quel che mi turba anche di più è il famoso geometra. Ricapitoliamo: Gadola citava una lunga intervista di un tecnico apparsa qualche anno fa sul Corriere, che in verità non è nessuna delle due cose, insomma è breve e non è un’intervista, semmai un messaggio allusivo per chi è in posizione di capire. La persona in questione, in modo confuso e contraddittorio, si vanta di aver interrato, nel 1969, il canale nella “massima segretezza”, con un intervento chiamato “Operazione Z”, e afferma che è giunto “il momento di svelare quello che molti ignorano” esibendo una documentazione conservata, nell’originale parrebbe, nel suo studio privato. Non senza fatica siamo riusciti a sapere il nome e il numero di telefono del geometra e successivamente l’indirizzo dello studio. Ma per mesi il telefono risultò incessantemente occupato, col suono che fa quando la cornetta è stata appoggiata male; al citofono dello studio non rispose nessuno, né i supposti coinquilini conoscevano l’esistenza del geometra. L’amministratore dello stabile spiegò che a lui quel nome era ignoto e che, al più, si sarà trattato di un subaffitto. Stiamo parlando di avvenimenti accaduti 44 anni fa, pochi mesi prima di Piazza Fontana. In un’altra epoca storica. Il geometra Lucio Latini, se è ancora vivo, non risulta esistente in Lombardia; di più: in tutta Italia troviamo una sola persona con questo nome, a Ladispoli, ma con tutta evidenza si tratta di un omonimo.

Magari con una rapida indagine nei ruoli tecnici del Comune (pensionati compresi), che a lui risulterà più agevole che a me, può Gadola, cortesemente, aiutarci a fare chiarezza? Conoscere la documentazione di cui parlava il Corriere, se esiste ancora, sarebbe di grande interesse, tanto per i naviglisti quanto per gli antinaviglisti.

Replica LBGCaro Lipparini, l’ironia è il luogo nel quale ci si rifugia dopo che le stesse cose si son dette mille volte e si è stufi di ripeterle, sperando che l’ironia sia più efficace. Quanto ai Navigli e alla loro riapertura si può ragionare di pancia, di cuore, di testa. Io scelgo in questo caso la testa: ogni opera pubblica va inserita in un elenco, quello delle priorità, facendo un bilancio costi benefici. Così facendo e pensando alla nostra città per me l’apertura dei Navigli è molto in fondo.



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