5 febbraio 2014

BOMBA D’ACQUA: E SE MILANO …


Milano l’ha scampata dalle “bombe” d’acqua che hanno devastato Roma e altre città: spero che questa fortuna non metta l’anima in pace ai nostri amministratori. Il clima è cambiato e mi auguro che finalmente nessuno, nemmeno i più ottimisti, possano pensare che la colpa sai di Giove pluvio e non di quello che abbiamo scaricato nell’atmosfera. La scorsa settimana concludevo il mio editoriale dicendo “prepariamoci al meglio!” Questa volta lo concluderò dicendo: “prepariamoci al peggio.”.

01editoriale05FBSono anni che sento parlare delle esondazioni del Seveso ma non mi è giunta all’orecchio nessuna notizia di lavori per porvi rimedio. Ho sentito di progetti più o meno condivisi dagli esperti di vasche di laminazione o di canali sotterranei nel nord-est di Milano e persino di possibilità di sfruttare il salto d’acqua per produrre energia elettrica. Ho sentito di progetti di risistemazione della rete fognaria ma di lavori al riguardo anche qui non ne ho memoria. Forse hanno ragione i sostenitori della riapertura dei Navigli quando parlano di “Milano città d’acqua”, hanno capito prima di tutti noi che stava per arrivare il momento nel quale finalmente potremo parlare di “Milano città nell’acqua”: il momento della loro grande rivincita, quando via Senato sarà navigabile per qualche giorno e Piazza San Marco verrà raggiunta vogando dai soci della Canottieri Milano per rinverdire i fasti dei loro bisnonni di più di un secolo fa.

In questo pentolone di buone intenzioni milanesi ci possiamo mettere persino la Città Metropolitana: ricordo come fosse ieri, ma sono passati almeno dieci anni, durante un dibattito sul tema, un intervento accalorato di qualcuno che sosteneva che la Città Metropolitana avrebbe risolto il problema delle acque che ci arrivano dal nord Milano.

Non posso a questo punto che associarmi ai “no canal”, non tanto e non solo perché condivido le loro preoccupazioni di tutela del territorio ma perché se la ragione di molte opere legate a Expo è quella di dare lavoro, magari agli amici, facciamo altre scelte, indirizziamo altrove quest’ansia di laboriosità.  Sinceramente mi vien da ridere quando ripenso a quello che ho scritto anche anni fa a proposito delle pozzanghere, che per altro ci sono ancora, o dei laghetti che si formano dove ci sono gli scivoli per disabili, pur’essi presentissimi: non è successo nulla.

Adesso però è arrivato il momento di smettere di scherzare: in futuro lo smaltimento delle acque piovane diverrà un problema serio e Milano è una città fragile, fragilissima, che si prepara ad accogliere qualche milione (speriamo) di visitatori proprio nel periodo estivo quando, l’abbiamo già notato, i temporali similtropicali non sono infrequenti. Non voglio voltare il coltello nella piaga ma qualche interruzione di servizio della MM a causa dell’acqua l’abbiamo già avuta e di sottopassi allagati pure.

Allora forse, prima di metter mano romanticamente alla Conca di Varenna e a quella dell’Incoronata mi piacerebbe vedere un progetto di sistemazione dello smaltimento delle acque urbane di superficie. Non ci sono soldi abbastanza? Non fa nulla. Ci penseranno i cinesi che, furbi commercianti come sono, invaderanno Milano non solo con i loro ombrelli pieghevoli, come ora, ma anche con stivaloni di gomma Made in China, per calzare i visitatori di Expo che diguazzeranno felici nel “quadrilatero della moda” .

Gli imprevidenti le battaglie contro la natura (offesa) le possono anche perdere, insieme alla dignità. Dimenticavo le vite umane e i beni distrutti ma di questi ci si dimentica presto: quando torna il sole. Prepariamoci al peggio?

Luca Beltrami Gadola



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