23 giugno 2009

MA LE METROPOLITANE VAN SEMPRE BENE?


Le ferrovie metropolitane sono infrastrutture costosissime, dell’ordine di 50 milioni al chilometro. Hanno anche capacità di trasporto molto elevate, dell’ordine di 30.000 passeggeri all’ora per senso di marcia. Ma hanno una terza caratteristica, non sempre nota: sono in buona misura finanziate dall’amministrazione centrale (generalmente per il 60%, ma a volte di più).

Sono, dicono gli economisti, in regime di “finanza derivata”, che è quello che garantisce il peggior uso delle risorse, perché induce i decisori pubblici a premere su Roma per ottenere i fondi, senza andar molto per il sottile sulla razionalità della spesa rispetto ad alternative meno costose, ma non finanziate dal centro.

E all’obiezione che comunque una quota rilevante dei costi deve essere coperta con soldi locali, la politica ha risposto con una soluzione di “finanza creativa”, nota come “Project Financing”.

La faccenda funziona pressappoco così: la normativa europea non considera debito pubblico (nemmeno a livello locale), un’opera nella quale almeno il 50% dei rischi sia sopportato da capitali privati.

Ma nessun privato è in grado in realtà di sopportare tale livello di rischio su opere di lunga vita economica e con spiccate variabili in mano al soggetto pubblico committente: per esempio si pensi ai livelli tariffari, al rischio di scelte infrastrutturali alternative (viabilità o trasporto pubblico di superficie), al prezzo della benzina, allo sviluppo urbanistico che condiziona la domanda, eccetera.

Allora si stabiliscono clausole cautelative sui ricavi e quindi sulla domanda, che in realtà riducono grandemente il rischio, facendolo ritornare sul soggetto pubblico (queste clausole sono di solito “scritte in piccolo”).

Se i capitali privati dunque intervengono senza rischio, si tratta ovviamente di un “prestito mascherato” a un soggetto che non può fallire.

Quindi il vincolo all’indebitamento del comune è aggirato, ma i cittadini non lo sanno, e notoriamente i politici dell’indebitamento occulto a medio-lungo termine non si sono mai troppo preoccupati (“ci penserà qualcun altro…”).

A Milano linee metropolitane con un traffico che le giustifichi rispetto ad alternative meno costose probabilmente ce ne sono molto poche, o non ce ne sono più affatto (già la linea tre non sembra pienamente utilizzata…). Ma mai si è vista un’analisi comparata con soluzioni meno costose e più flessibili (per esempio, autobus ecologici in corsia riservata o anche in parte in sotterraneo, che avrebbero il grandissimo vantaggio di evitare molte “rotture di carico”, potendo “andare a prendere” capillarmente in periferia gli utenti sulla viabilità ordinaria).

E in effetti a chi mai interesserebbe metter dubbi sui soldi di Roma (e dei contribuenti futuri)?

Chi scrive può raccontare un episodio lombardo, anche se non milanese, che sembra istruttivo: anni fa, avendo proposto all’amministrazione di Brescia per cui stava studiando la fattibilità della metropolitana, di analizzare anche soluzioni di superficie del tipo di quella descritta, si sentì dire: “non se ne parla nemmeno, costano troppo poco….”.

Ma certamente a Milano è diverso.

Marco Ponti




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