23 giugno 2009

LA PROVINCIA HA UN PODESTÀ


La Provincia ha un Podestà: non è solo una battuta ma l’epilogo di una consultazione elettorale inaudita. Questa volta non si è votato dando un giudizio sulla Giunta e il presidente uscente ma sull’alternativa Berlusconi sì o Berlusconi no e in un clima avvelenato di scontro senza quartiere. Alla fine si è paradossalmente condensato tutto nella domanda: dobbiamo considerare che le sregolatezze delle vita privata del presidente del Consiglio siano la manifestazione di un esuberante maschilismo italico, vizio elevato a virtù nazionale, o l’intollerabile degrado dei costumi che rende l’uomo pubblico indegno del suo ruolo? I sostenitori di Berlusconi hanno tirato in campo tutto a cominciare dall’invidia degli avversari nei confronti di chi ha il potere.Tra i partigiani di questa idea l’ultimo a schierarsi, per paura di tardare e perdere il posto nella classifica degli adulatori, è indecorosamente arrivato Francesco Alberoni sul Corriere della Sera di lunedì scorso: a lui viene naturale paragonare Berlusconi ad Alessandro Magno, vittima dell’invidia dei Greci. Se questo è il livello d’indipendenza degli intellettuali dal potere di destra ne vedremo di peggio ma non è questo il vero problema. Il vero problema sta nella perdita di autonomia da Roma della Provincia di Milano.

Il leghismo nostrano, leghismo dimentico delle sue origini, ha accettato un candidato espressione diretta del presidente del Consiglio, nella cui scia quest’uomo è cresciuto professionalmente, debitore di un seggio a Strasburgo. In questo paradossale clima elettorale nessuno ha nemmeno preso in considerazione il programma di Podestà, un candidato che non potrà rivendicare per sé il merito dell’elezione conquistata con l’incisività del suo programma o la forza delle sue idee: una situazione largamente diffusa tra i candidati del centro destra. Che sensazione si prova, non essendo un uomo qualunque, all’idea che si nutra il dubbio se farti passare per un cavallo di Caligola o una velina?

Il futuro della Provincia è dunque dei più incerti e non saprei cosa augurarmi tenendo conto delle difficoltà istituzionali che da tempo agitano il panorama. Penati ha detto in chiusura della campagna elettorale: dopo di me nessuna Provincia di Milano ma la città metropolitana. Cosa farà Podestà? Difficile dirlo sin da ora ma forse proseguirà in questo disegno e la sua libertà di manovra si misurerà con la distrazione del presidente del Consiglio: su questo problema Berlusconi non ha idee, come su tutti i temi che non toccano la sua immagine o i suoi interessi, a meno che qualcuno degli alleati voglia usarlo in un senso (sì alla città metropolitana) o nell’altro (no) come merce di scambio all’interno della maggioranza di Governo.

Per Milano e il suo hinterland l’ennesima prova di essere una sorta di gigantesco parco buoi, buoni solo per lavorare, silenziosi e soprattutto morigerati nel non insistere troppo a volere infrastrutture. Ci sono altri due nodi importanti: l’Expo e la Serravalle con il contorno della nuova tangenziale. Anche qui è difficile capire cosa succederà ma di una cosa possiamo esser certi: la conclamata omogeneità politica dei tre livelli – Regione, Provincia e Comune di Milano – non porterà alla famosa pacificazione e a quella marcia in più che il commissario-sindaco Moratti vorrebbe. Le liti sotterranee non avranno più un mediatore – Penati- in grado di sedare le risse da esterno al sistema di potere del centro destra. Su Serravalle e dintorni il balletto degli interessi sarà meno visibile ma per questo più indifferente agli interessi collettivi. Probabilmente il ruolo della Provincia si appannerà, schiacciata da un potere centrale tra il distratto e l’occhiuto secondo la convenienza politica della maggioranza. Come dicevamo: da Roma probabilmente è arrivato solo un “podestà”.

LBG



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