22 gennaio 2014

PIANO TERRITORIALE DELLA PROVINCIA DI MILANO 2013: UN’ANATRA ZOPPA


A pochi giorni dal Natale e dopo otto anni di gestazione (da quando la legge urbanistica regionale ne richiese l’adeguamento), il nuovo Piano Territoriale di Coordinamento della Provincia di Milano (PTCP) ha finalmente visto la luce. Dal nostro angolo visuale, il PTCP è stata un’occasione colta solo a metà, e quindi a metà persa. Alla fine, pur profondamente trasformato e migliorato rispetto alla proposta originaria, il Piano è rimasto comunque un’anatra zoppa.

09_calaminici03FBLa maggiore novità introdotta dalla legge urbanistica regionale nel 2005, consiste in alcune norme per la difesa dell’agricoltura e la salvaguardia del suolo, in modo da contrastare l’allargarsi a “macchia d’olio”, per usare l’immagine di Antonio Cederna, del tessuto urbanizzato. Tutti sappiamo dell’immane scempio provocato dall’espansione anarchica delle nostre città. Ove, a farla da padroni sono state la rendita fondiaria e quella finanziaria, nell’intreccio perverso degli interessi dei grandi immobiliaristi e delle banche. L’amministrazione pubblica, debole se non allo stremo, a causa dei continui tagli e del patto di stabilità, vive in stato di necessità, in una situazione di oggettiva condizionabilità.

Per la Provincia di Milano, la difesa dell’agricoltura significa de facto la difesa del Parco Agricolo Sud. Un territorio di 47.000 ettari (due volte e mezza la città di Milano), che vanta terreni tra i più fertili al mondo e sono l’oggetto del desiderio di interessi palazzinari assai cospicui. Negli ultimi anni, nella sostanziale distrazione dell’opinione pubblica poco informata, è stato portato avanti il Grande Attacco al Parco Sud. Le armi, pesantissime, di sfondamento sono state: il PGT milanese di Moratti e Masseroli, il PTCP provinciale nella prima versione Podestà – Altitonante, e infine una sempre minacciata e non ancora disinnescata Variante Generale del Piano Territoriale del Parco. Il primo attacco è sostanzialmente fallito. Il PGT morattiano prevedeva, tra le innumerevoli e disinibite operazioni di “valorizzazione” delle aree, anche una mega perequazione su gli oltre venti milioni di mq di aree agricole milanesi del Parco Sud. La vittoria di Pisapia ci ha liberato della Moratti e della sua perequazione milionaria.

Di maggior impatto, più complesso e quindi potenzialmente più disastroso, è stato il tentativo della Provincia di Milano, attraverso il varo del nuovo PTCP. Dicevamo della legge regionale n. 12/2005 e della sua maggiore novità: la difesa dell’attività agricola attraverso l’assegnazione alle Province del compito di definire, nei loro piani territoriali, i cosiddetti Ambiti Agricoli Strategici (AAS). Le Province dunque, per mandato diretto e in forza di legge, sono chiamate a individuare tutte le aree agricole strategiche, anche quelle nei parchi regionali, da sottoporre a vincolo di destinazione, in modo che su di esse non sia possibile nessuna successiva trasformazione urbanistica, né sia operabile la perequazione. Nella legge questo compito è chiaro come il sole. La proposta di PTCP presentata dalla Giunta Provinciale di Milano nel 2010, invece, non contemplava gli Ambiti Agricoli Strategici all’interno dei parchi regionali. Per quale ragione?

La motivazione addotta, chiaramente speciosa, sosteneva di non potersi procedere alla definizione degli AAS perché i parchi in questione, essendo regionali, sarebbero “naturalmente” sovraordinati alle Province. Inutile ogni nostro tentativo di chiarire che, nel caso specifico, la Provincia operava in nome e per conto della Regione stessa, essendone in qualche modo il suo braccio esecutivo. La ragione di questa attribuzione di funzioni sta nel fatto che la Provincia è naturalmente dotata di un’esperienza più immediata e diretta del proprio territorio (conoscendo meglio la storia, gli interessi, i bisogni, le vocazioni della propria comunità) e possiede inoltre strumenti tecnici e amministrativi più specifici e precisi.

Per quale motivo reale la Provincia volesse rinunciare a decidere su una questione così essenziale e importante come la definizione degli AAS, non lo abbiamo mai capito. Il sospetto è che non si volesse per nulla rafforzare la natura agricola del Parco. Dopo molto lavoro, da parte nostra, la maggioranza ha dovuto capitolare. In fase di adozione del piano, nel giugno 2012, il Consiglio Provinciale ha finalmente approvato un ordine del giorno che impegnava la Giunta a presentare una proposta organica di Ambiti Agricoli Strategici.

La primavera scorsa, cambio in corsa dell’Assessore al Territorio: entra Franco De Angelis e la Giunta presenta sugli AAS una proposta che non abbiamo omesso di criticare a fondo, cambiandola anche in modo sostanziale, ma che comunque rappresentava una base seria di discussione: la discussione che abbiamo portato avanti negli ultimi sei mesi, impegnativa e puntuale e senza accomodamenti. ll risultato è che ora il Parco Sud per l’80% della sua estensione è coperto e tutelato dagli Ambiti Agricoli Strategici e per il restante 20% da altre forme di salvaguardia (parco naturale, parco fruitivo, aree di tutela paesaggistica, ecc.). Su tutta questa parte possiamo essere contenti del lavoro fatto.

Molto meno soddisfatti siamo, invece, dell’esito degli AAS sulle aree interne ai confini comunali, e in particolare a quelli di molti dei 61 Comuni del Parco Sud. Stiamo parlando di aree agricole per le quali i Comuni prevedono un uso diverso e un futuro di espansione del territorio urbano. Questi ambiti di trasformazione messi assieme rappresentano una superficie enorme: più di venti milioni di metri quadrati. Per capirci, uno spazio più o meno pari al territorio di Sesto San Giovanni (80 mila abitanti) e Cinisello (70 mila abitanti) messi assieme.

Ecco, su questo ha vinto la Giunta, che non ha voluto apporre i vincoli, ma ha perso il Piano. La maggioranza consiliare ha ignorato tutte le osservazioni pervenute da associazioni, consiglieri comunali, comuni stessi (compreso quello di Milano); e ha rigettato gli emendamenti presentati e compattamente votati dall’intera opposizione. Nessuno ignora o sottovaluta il tragico stato di necessità a cui sono ridotti i Comuni e lo sforzo che essi fanno per garantire i servizi indispensabili. La soluzione però – e va detto con forza – non può continuare a essere la messa all’incanto del territorio.

Il PTCP è un piano di coordinamento che deve essere rispettoso dei Comuni e armonizzare le proprie previsioni con quelle contenute nei piani locali. I Comuni del Parco Sud nel 1990 hanno rinunciato a parti assai rilevanti del proprio territorio per conferirli al Parco, è quindi comprensibile che sul territorio rimanente essi vogliano decidere in autonomia. Tuttavia, bisognerebbe operare delle distinzioni tra Comune e Comune e porsi delle domande. È giusto accettare espansioni del 40 o 50% dell’intero tessuto urbanizzato esistente? E per quali motivi, con quali fondate aspettative, per rispondere a quali bisogni? In questo senso, la Provincia si è mostrata argilla troppo docile e passiva!

 

Arturo Calaminici Valeria Molone

 

(Consiglieri Provinciali Partito Democratico)



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