22 gennaio 2014

libri – ANTONIO GREPPI


ANTONIO GREPPI e BIANCA DAL MOLIN

DIECI VITE IN UNA SOLA

Edizioni l’Ornitorinco, Milano, 2013

pp. 190, euro 15

 

ANTONIO GREPPI

NOVANT’ANNI DI SOCIALISMO

a cura di Jacopo Perazzoli

Edizioni l’Ornitorinco, Milano, 2013

pp. 220, euro 16

libri03FBI centoventi anni dalla nascita di Antonio Greppi, Sindaco della Milano liberata, non sono un anniversario d’occasione. Non lo sono perché il 2014, lo si voglia o meno, è l’anno decisivo per il successo di Expo 2015. Successo legato all’efficacia dell’impegno che la Città sarà in grado di produrre in questi ultimi mesi.

Ora, la recente pubblicazione, quasi contemporanea, di due volumi che hanno per protagonista Antonio Greppi, come autore e come personaggio chiave della storia recente di Milano, ripropongono il trinomio, etica, politica e azione amministrativa, come modello interpretativo e chiave di lettura per una valida indagine, sul piano scientifico, del periodo della prima ricostruzione di Milano e del Paese. Indagine in bilico, ancora nella storiografia degli anni ottanta/novanta, tra profilo riformista e di modernizzazione della giovanissima Repubblica, da un lato, e giudizi perplessi sul periodo centrista a sulle sue conseguenze, anche di lungo periodo, dall’altro.

Così, ad esempio, nella riflessione non dichiaratamente marxista, si è diffusa l’idea della ricostruzione come momento di speranza e di attesa, ma pur sempre attesa, di transizione verso nuovi e più stabili equilibri politici, che si sarebbero compiuti almeno quindici anni più tardi con l’estensione della collaborazione politica e di governo al Partito Socialista e con la nascita del centro-sinistra.

Ne è risultata una quasi cancellazione, mai dichiarata né analizzata con determinazione, dei fermenti e delle lacerazioni presunti nel mondo cattolico, in quello socialista e nei gloriosi brandelli di quello azionista; e dell’aspra dialettica sulla modalità di attuazione dello sviluppo del Paese (mai peraltro, confuso con la più banale e volgare “crescita”), sulla scelta cruciale di puntare a una accelerazione sempre più rapida, in parallelo con le altre democrazie europee, ovvero di preparare una prudente e rassicurante stabilità sociale, su come, in sostanza, conciliare modernità e tradizione, mercato ed etica, società industriale e valori della tradizione (cattolica o socialista).

Il robusto filone di coloro che hanno condiviso la delusione per gli esiti, considerati minimali se non fallimentari, del rinnovamento morale e politico avviato dalla Resistenza (“la Costituzione del ’48 è nient’altro che una rivoluzione promessa a fronte di una rivoluzione mancata”, diceva Calamandrei) ha preferito considerare il decennio della ricostruzione come una parentesi oscurata da una nebbia opprimente, con ricorrenti violazioni della Carta fondamentale, rimasta inattuata nelle sue linee di fondo, e solo in apparenza davvero riformista.

Raramente la storiografia più accreditata, anche sul piano accademico, è riuscita a ricostruire con certezza le reali complessità della fase politica del decennio (e ancor più del quinquennio) successivo alla Liberazione e di alcune fondamentali (vorremmo dire storiche) linee di tendenza: l’impegno riformista e l’accanita difesa dello sviluppo della democrazia, intesi come accettazione della mediazione tra ceti e interessi, che anche le riforme più incisive debbono possedere, in paesi a democrazia consolidata, pena la rottura del patto sociale.

Ora gli scritti di Antonio Greppi e su di lui, proposti nei due volumi, testimoniano, in qualità di preziosi documenti di cultura politica “materiale”, quanto in quegli anni l’opera delle forze di governo e di opposizione fosse estremamente difficile, sia per la rapidità dei processi di rinnovamento, sia per una dialettica sociale e politica profondamente aspra, che le istituzioni erano chiamate a gestire, senza poter contare su adesioni politiche solide e diffuse, tanto che lo stesso assetto democratico complessivo del paese apparve più di una volta in pericolo, o quanto meno messo in aperta discussione.

Ma la scommessa fu vinta da Antonio Greppi, nel periodo cruciale della sua sindacatura, perché egli sapeva che, consolidandosi il processo democratico, la vittoria non sarebbe mancata.

Quando la sera del 7 aprile del 1951 il Consiglio Comunale concluse i propri lavori, con il riconoscimento, da parte degli esponenti di ogni Gruppo, che molto era stato fatto per Milano, Greppi rispose: “Possiate essere fortunati, sempre più fortunati, ma non vi conceda mai il destino niente che non abbiate conquistato con i vostri meriti, con la vostra intelligenza e con il vostro coraggio, perché così vuole la dignità democratica, per la quale abbiamo voluto essere in ogni ora del nostro mandato un esempio onorevole seppure modesto”.

Paolo Bonaccorsi

questa rubrica è a cura di Marilena Poletti Pasero

rubriche@arcipelagomilano.org



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