8 gennaio 2014

cinema – VENERE IN PELLICCIA


 

VENERE IN PELLICCIA

di Roman Polanski [Francia e Polonia, 2013, 96′]

con Emmanuelle Seigner, Mathieu Amalric

cinema01FBPolanski gioca questa volta con un racconto cinematografico che si ispira al teatro, che a sua volta affonda le radici in un romanzo, l’omonimo “Venere in Pelliccia” di Leopold Sacher Masoch, che ancora rimanda all’arte di Tiziano, per costruire un tesissimo e claustrofobico gioco al massacro, che si regge sulla sfida anche recitativa, nel senso letterale del termine, di due soli personaggi in scena.

L’azione si svolge in unità di tempo in un teatro parigino decadente, dove Thomàs, regista e autore del testo teatrale ispirato al romanzo di Masoch, alla fine di una deludente giornata di provini alla ricerca della protagonista della pièce, decide di dare una chance all’ultima arrivata che dice di chiamarsi Vanda come la protagonista e si presenta come un concentrato di irriverenza, sfrontatezza e volgarità.

Vanda nel suo succinto abito di pelle nera è determinata e più che attrezzata per la prova, arriva con i costumi di scena per sé e per il coprotagonista, e alle prime battute, la sua interpretazione del testo è per Thomas la rivelazione di aver trovato l’interprete perfetta.

Il provino si trasforma presto in una sfida di potere e di seduzione masochistica tra i due sul palco: il regista, che non si limita a dare le battute, ma cede alla tentazione di vestire i panni dell’attore protagonista Severin, e l’attricetta che si trasforma nella dama desiderata e sensuale, in un gioco di ruoli tra due personalità forti e a diverso modo arroganti.

Tra travestimenti e eros cerebrale, il duetto mantiene solo inizialmente l’ambiguità tra chi è lo schiavo e chi il padrone, chi la vittima consapevole e chi domina. Ma presto in un crescendo emotivo e recitativo, che equivale a una prova di forza, si rivela il vincitore, con buona pace del vinto che forse ottiene ciò che andava realmente cercando.

Gli attori incalzano lo spettatore senza lasciare pause e catalizzando l’attenzione sul testo e su come viene interpretato.

Emmanuel Seigner è fisicamente splendida in una matura carnalità e ambigua e ricca di sfumature recitative nella doppia parte di attrice che recita una parte; Mathieu Amairic, sorprendentemente somigliante a Polanski giovane, si lascia volentieri soggiogare da lei e le lascia spesso la scena.

L’epigrafe al testo e il cartello finale “Il Signore onnipotente lo colpì e lo mise nelle mani di una donna”, è solo una delle chiavi interprative possibili, di un film che ha nel testo una grande forza evocativa, che apre finestre sui significati della recitazione, sul sogno-incubo, sulla seduzione e sul rapporto maschile femminile.

Adele H.

 

questa rubrica è a cura di Anonimi Milanesi

rubriche@arcipelagomilano.org



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