15 giugno 2009

I MERCATI MENEGHINI


È mercoledì. Giorno di mercato. Anzi di mercati. Ne conto tre sul tragitto da casa allo studio. Tre agglomerati multicolori di tende e ombrelloni, tre grumi vivaci di bancarelle e furgoni. Tre isole pedonali temporanee che mi costringono una volta a settimana a modificare il collaudato percorso quotidiano verso il lavoro. Nulla di male. Una piacevole trasgressione alla routine da pilota automatico che normalmente comprime il mio tempo carrabile.

Questa è la più immediata conseguenza che i mercati hanno sull’assetto della città. Ma non è l’unica.

La presenza di tali forme di vendita influenza in modo diretto o indiretto la forma stessa della città, con ricadute che prescindono dalla durata temporale dell’attività.

A Milano, come in tutte le grandi città, vi sono tre tipi di mercato. C’è quello rionale, fatto dagli ambulanti in perenne transumanza tra un paese e l’altro, che a cadenza settimanale (a volte anche due volte a settimana) occupa chiassosamente strade e piazze di quartiere per tutta la mattinata. Nel capoluogo lombardo dal lunedì al sabato si tengono 95 mercati rionali, di cui 21 solo il sabato.

Ci sono poi i mercati comunali, ospitati in strutture permanenti. A Milano sono 26, equamente distribuiti su tutta la superficie territoriale.

C’è infine il mercato generale, situato nel quadrante sud-est, nelle vicinanze della cintura ferroviaria per ovvie ragioni logistiche.

Cerchiamo di capire in che modo ognuno di questi differenti “oggetti” sia in grado di lasciare un segno tangibile nella città.

I mercati rionali

I segni più palesi di questi mercati li cogliamo alla fine. Quando gli ambulanti chiudono le bancarelle e impacchettano l’invenduto nei loro furgoni, lasciano dietro di sé le macerie dell’attività mattutina. Strade, piazze e parcheggi da pulire e recuperare al loro uso comune. Perché nel giorno del mercato sono questi spazi che si trasformano e si adattano ad accogliere una funzione che non gli è propria. Nei piccoli paesi esiste la piazza del mercato, che spesso coincide con la piazza principale. Diversamente il mercato rionale nelle grandi città si deve accontentare di luoghi ritagliati e non sempre adeguati. Uno dei mercati più famosi di Milano, quello di viale Papiniano, si tiene principalmente su un’isola spartitraffico lungo la circonvallazione. Il mercato di Largo V° Alpini, meta delle “sciure” di zona Fiera, affastella i suoi carissimi banchetti in pochi metri quadri di parcheggio pubblico, tra torri residenziali e rotaie del tram.

Il mercato rionale ha una significativa funzione sociale, soprattutto in periodi di crisi, perché riesce nella maggior parte dei casi a offrire merci a prezzi accessibili. Ma vi è un costo, neanche troppo nascosto, da pagare in termini di degrado e di fastidio per i residenti.

Via Morgagni e Via Benedetto Marcello sono, se osservate da una foto aerea, due tasselli verdi nel tessuto cittadino, simmetrici e paralleli rispetto all’asse di Corso Buenos Aires. Ma se la prima via rappresenta un buon esempio di sistemazione a verde e di aree attrezzate per il gioco dei bambini, lo stesso non si può dire per la seconda. Se sia “colpa” degli alberghetti a ore che affacciano sulla via o del mercato bisettimanale che ne occupa il tratto nord impedendo la riqualificazione di tutto il parterre, anche ora che il silos interrato è terminato, non è chiaro. Sta di fatto che via Benedetto Marcello non è “simmetrica” a via Morgagni quanto ad estetica e decoro urbano.

In alcuni casi, nell’hinterland soprattutto, si sta intervenendo con la creazione di spazi ad hoc per lo svolgimento del mercato, spazi che negli altri giorni della settimana sono fruibili dai cittadini, come parcheggi pubblici o zone pedonali. Nel capoluogo lombardo manca una strategia di risistemazione e ridisegno generale delle aree per i mercati rionali

I mercati comunali

La maggior parte di essi ha una propria sede, mentre pochi sono ospitati al piede di edifici residenziali (in via Livigno il mercato si trova in una Coop). Gi esercenti possono ottenere il posto (posteggio) attraverso un’asta pubblica. Periodicamente l’ufficio competente rende noti i posteggi liberi all’interno dei mercati comunali coperti e li assegna a chi offre il canone annuo più elevato. Questo spiega perché i prezzi sono più simili a quelli dei negozi che a quelli dei mercati rionali.

Alcuni di questi mercati sono parte integrante dell’immagine della città. In piazza Wagner, in piazzale Lagosta o in viale Umbria gli edifici del mercato comunale hanno una dignità architettonica, che deriva più dal loro ruolo urbano che da una reale valenza estetica. La volta a botte del mercato di viale Monza è un segno identitario e riconoscibile nel profilo della via, senza dubbio più del vicino mercato di Gorla, lungo lo stesso viale, o degli anonimi contenitori situati nelle zone più periferiche (Gratosoglio, Quarto Oggiaro, Ca’ Granda, Rombon, etc.).

Il nuovo PGT, definendo i Nuclei di Identità Locale (i vecchi quartieri, per intenderci) indica che in quelli di tipo 3 “lo scavo per un posteggio di quartiere è l’occasione per ripensare a una nuova struttura che ospiti il mercato di quartiere”. Un piccolo passo nella giusta direzione o l’ennesima espressione di velleità?

Di certo siamo ancora lontani da ciò che a Barcellona la municipalità ha fatto per la risistemazione dello storico Mercato di Santa Caterina attraverso un intervento di grande qualità architettonica, ampliando la sua funzione primaria – la vendita- e trasformandolo in un luogo di aggregazione dove si può anche mangiare o incontrarsi.

Il mercato generale

Nato come mercato ortofrutticolo, si è via via trasformato nel mercato generale, comprendendo tutti gli altri mercati agroalimentari all’ingrosso. È gestito dalla So.Ge.Mi e si trova a sud del sedime della ex stazione di Porta Vittoria e a ovest della cintura ferroviaria. È in progetto una rilevante trasformazione dell’area. Non una dismissione, ma una riorganizzazione dell’intero sistema dei mercati all’ingrosso milanesi, con l’inserimento di nuove funzioni pregiate e la creazione della cosiddetta “Città del Gusto e della Salute”, un polo tecnologico dove insediare università, strutture commerciali e ricettive nell’ambito dei progetti Expo.

Una vera e propria operazione immobiliare, di cui ancora si parla poco, ma destinata ad incidere considerevolmente nel tessuto cittadino data l’estensione dell’area dei mercati. E per questo meritevole di vigilanza e attenzione.

 

Pietro Cafiero

 

 

 


 



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