15 giugno 2009

BALLOTTAGGIO: ASTENSIONISMO, FAR VINCERE LA STUPIDITÀ


La disaffezione, la disistima, l’insofferenza verso la classe politica ormai si sprecano: qualche buona ragione c’è e son sentimenti del tutto trasversali. Chi da corpo, parlando e scrivendo, a questi sentimenti è ovviamente quella che una volta avremmo chiamato borghesia intellettuale. Nella sinistra questa borghesia è molto presente e in passato ha fornito alla politica uomini eccellenti, oggi meno, quasi nulla. Oggi invece una parte consistente di quella borghesia è preda di una sorta di disprezzo-odio che la acceca e l’astensionismo elettorale del quale si fa portavoce ne è la manifestazione più evidente. Il non recarsi alle urne ha poche valide ragioni solo nel caso dei referendum e Giovanni Sartori sul Corriere della Sera di qualche settimana fa ha lucidamente spiegato perché sceglieva l’astensionismo: un quesito referendario mal posto, un risultato in ogni caso di direzione contraria all’interesse generale del Paese, anche rispetto agli obiettivi dei promotori.

 

Nel caso del rinnovo degli organismi elettivi previsti dal nostro ordinamento istituzionale l’astensionismo invece è sempre colpevole. Tante le ragioni per votare a cominciare dalla prima: i destini comuni abbiamo il diritto-dovere di determinarli democraticamente. La seconda ragione è perché le interpretazioni dell’astensionismo, le cui cause possono essere le più varie ed eterogenee, non serve a orientare la classe politica nelle sue scelte. Anzi lascia un margine d’incertezza interpretativa che fa solo il gioco della classe politica al potere da una parte e dall’altra. Questo è quello che non hanno capito i sostenitori a sinistra dell’astensionismo: non sono pochi, alcuni, come si è detto, preda del disprezzo-odio, altri delusi dal non essere stati valorizzati, altri perché il candidato non rappresenta che solo in parte le proprie istanze (i duri e puri votati al suicidio da kamikaze) altri semplicemente stupidi. L’argomento clou degli stupidi è pressappoco questo: non andiamo a votare così lanciamo un segnale forte ai partiti, della sinistra in particolare, del disprezzo e della disistima che nutriamo nei loro confronti. Si vestono di nero in una notte buia e si lamentano di non esser visti.

 

Ma santo Dio, se la colpa di questa classe politica è l’insensibilità, l’incapacità di fronte ai cambiamenti sociali, l’essersi chiusa in una casta, chi potrebbe pensare che l’astensionismo li cambi? È un giochino stupido, buono per chiacchiere da salotto, fatto nel ventre caldo di un ceto che protegge, è la perdita definitiva per loro del senso di appartenenza a una qualunque classe sociale. Una volta avevano un partito: L’Uomo Qualunque. Oggi poi l’astensionismo da parte di costoro è ancora più riprovevole: andiamo a votare a un ballottaggio che non serve solo a scegliere il nuovo presidente della Provincia ma che mai come oggi rappresenta uno scontro politico tra due diverse e opposte visioni del futuro, di come affrontarlo, se puntellare la vecchia economia liberista senza muovere una virgola e col suo modello di sviluppo o se imboccare coraggiosamente una nuova era riformista. La dirigenza dei partiti di sinistra anche solo ieri ha dato uno spettacolo indecoroso dei suoi vecchi costumi.

 

Per ricominciare la sola via è cancellare dalle aule parlamentari i valori della sinistra riformista? Cancellare dalle istituzioni democratiche le voci del riformismo sperando che rinascano assieme a una nuova classe dirigente? Follia. Il lavoro va fatto con una rude presenza della società civile nel recinto dei partiti della sinistra: non sono inespugnabili. Una via faticosa quest’ultima, inadatta all’uomo qualunque. E se l’uomo qualunque non fosse solo stupido ma anche pigro? Senza idee? In fondo solo conservatore vergognandosi di esserlo?

 

LBG



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