18 dicembre 2013

MANTEGNA E BELLINI A BRERA: L’UTILITÀ DELL’INUTILE


Prendo a prestito da Nuccio Ordine un ossimoro “L’utilità dell’inutile” che cercherò di adattare all’esposizione delle due opere della Pinacoteca di Brera la Pietà di Bellini e il Cristo morto di Mantegna ripresentate al pubblico con un allestimento ideato da Ermanno Olmi.

05piva44FBL’insolita scelta della soprintendente Sandrina Bandera di affidare a un noto regista cinematografico un allestimento museografico non deve sembrare spregiudicata a condizione che i risultati mettano in condizione il pubblico di imparare qualcosa di nuovo su opere celeberrime, da sempre amate da tutti e da coloro che sono consapevoli (riprendo una citazione di Nuccio Ordine ) che la conoscenza non possa essere trasmessa meccanicamente da un essere umano all’altro come l’acqua che scorre attraverso un filo di lana da un recipiente pieno a uno vuoto. È Socrate che lo aveva spiegato nel Simposio ad Agatone con l’esempio del filo di lana.

Il tema della trasmissione del sapere, come del resto delle sensazioni, è sempre aperto: le insidie nel fare non mancano perché, comunque sia, vengono messi in gioco in ogni settore artistico linguaggi sempre diversi a seconda dei mezzi e dei campi in cui si opera. Il cinema, il teatro, la musica, la danza si attestano su mondi che interagiscono ma sono diversi tra loro perché ciascun genere deve tener conto di una infinità di problemi strettamente connessi tra loro, per esempio, se si tratta di musica, con la specificità della musica che agisce con i suoni, con strumenti, con partiture, in uno spazio di fronte a un pubblico fermo, inchiodato a guardare e ascoltare.

Così potremo parlare del cinema, elencare e divagare all’infinito per arrivare alla museografia che studia per l’appunto il rapporto tra spazio, opera d’arte e pubblico, e tutta una serie di problemi legati al movimento del pubblico, alla sua movibilità, alla sua capacità di concentrazione e di vedere da punti di vista diversi a seconda dei movimenti e delle condizioni ambientali.

Nel nostro caso la nuova esposizione delle due opere sembra inutile perché non aggiunge nulla a quanto già si sappia. La scelta del luogo inopportuna per le interferenze con altri percorsi museali che mettono a repentaglio quel desiderio di isolare per concentrare l’attenzione su qualcosa che si vede comunque male per le presenze disordinate che si accavallano. Andiamo con ordine: l’esposizione viene introdotta con l’opera belliniana illuminata con eccessi che la fanno di fatto appartenere alla galleria che la precede.

Il pubblico si distribuisce di fronte bloccando i passaggi laterali necessariamente devono essere attraversati per raggiungere l’opera di Mantegna che si presenta nel tratto di galleria cieco, dietro alla Pietà, di poco sollevata da terra, senza la sua cornice. Ci accoglie uno schermo in cui è proiettata l’immagine del Cristo morto. Ma questo non è vero perché Mantegna c’è ma appare scialbo per la luce che lo illumina, diversamente da quello che è.

Rubo una sedia al custode, mi siedo e osservo un gruppo di giovani guidati da un insegnante che illustra quello che possono vedere i pochi ragazzi della prima fila perché gli altri chiaccherano, ridono, si strattonano perché non possono vedere nulla: l’opera è stata esposta troppo bassa fuori da ogni visuale. Cerco di capire perché un regista sensibile e intelligente come Olmi abbia accettato di cimentarsi in un campo che ha regole molto diverse da quelle che applica nel suo lavoro. A volte può essere troppo tardi per impadronirsi d’un botto della storia della museografia degli ultimi duecento anni, delle difficili sperimentazioni che pochi portano avanti.

Si può sbagliare e si possono fare danni ma anche tutto questo può servire a fare riflettere il pubblico, soprattutto i committenti lusingati dalla celebrità di un bravo regista, di un bravo scenografo, di un altrettanto bravo operatore della moda. Non penso questa sia la strada maestra che qualcuno vuole comunque percorrere per dimostrare “l’utilità dell’inutile”: vorrei precisare, per concludere, che Nuccio Ordine per inutile intende ciò che non produce profitto ma si rivolge alla coltivazione dello spirito e alla crescita civile e culturale dell’umanità.

Antonio Piva

 



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