18 dicembre 2013

musica – UNA SETTIMANA DI GRANDE MUSICA


 

UNA SETTIMANA DI GRANDE MUSICA

Sotto Natale, come è tradizione, la musica a Milano dà il meglio di sé e i programmi proposti dalle Istituzioni classiche e da taluni attori inusuali o infrequenti come Fondazioni, Grandi industrie, Banche, ecc. partecipano a rendere la Città una metropoli musicale.

musica44FBCercheremo di fare un quadro degli eventi più significativi che si sono svolti intorno a Sant’Ambrogio, a cominciare dalla Scala dove una modestissima Traviata ha dato inizio alla stagione dell’Opera. Avevamo promesso di non parlarne ma non possiamo non riportare l’accorato commento che ci ha inviato Carlo Bini, celebre e non dimenticato tenore scaligero:

Premetto che l’ascolto e la valutazione di una voce debba avvenire stando dentro il teatro, dove le vibrazioni, il timbro e la potenza sono evidenti e facilmente comprensibili; in televisione tutto è regolato dalla qualità dei microfoni e dalla bravura dei tecnici audio. Quindi non parlerò dei cantanti.

“La Traviata”, dramma in musica! Possibile che la direzione della Scala, quando fa i contratti affidandosi a un regista (in questo caso Tcherniakov), non si faccia descrivere prima le intenzioni sulla messa in scena dell’opera e le modalità di realizzazione dello spettacolo? Non si rendono conto di che cosa hanno in mano e quale è la forza che promana da quel palcoscenico? Tutto il mondo guarda con attenzione a ciò che avviene lì, alla Scala.

Il messaggio dell’altra sera è stato tremendamente negativo. Tcherniakov non ha capito che la musica è intoccabile e, se suggerisce ai cantanti movimenti che non permetton loro di emettere bei suoni, vuol dire che non comprende come musica e voci siano le cose di cui più preoccuparsi. Come è possibile che durante l’aria “Dei miei bollenti spiriti” si obblighi il tenore a impastare il pane e tagliare gli ortaggi, in una allucinante scena che si svolge in cucina quando lo stesso Alfredo parla di “questi ameni luoghi”? E il soprano che, nell’intonare una delle frasi più intime e piene di passione dell’opera – “amami Alfredo” – deve dimenarsi rabbiosamente battendo i pugni sul petto di Alfredo con un movimento che toglie tutto il pathos a quella frase immortale? Più sottopone il cast a movimenti inutili, meno emozione arriva al pubblico cui sono destinate questi incantamenti musicali?

Benché connazionale di Stanislavskji, dal grande uomo di teatro il Tcherniakov non ha ricevuta giusta ispirazione. Ha scambiato i ruoli fra teatro di prosa e opera lirica, non comprendendo completamente il significato di “melodramma”. Quello che più rattrista e che il grande Teatro alla Scala diventi modello sbagliato per la messa in scena dell’opera lirica. Auguriamoci che altri registi non seguano questi cattivi esempi, e che il nostro melodramma, spesso vituperato, ritorni ai suoi fasti e ci faccia gioire anziché rammaricare.”

Non possiamo che condividere. Quante speranze ci aprì Lissner con le sue prime mosse, e quante delusioni con le ultime! Salutiamo ora con gioia l’arrivo di Chailly augurandoci di ritrovare la qualità e la lena degli anni d’oro in cui alla Scala c’era il suo grande maestro Abbado (al quale porgiamo i più affettuosi auguri perché possa risalire presto sul podio).

Voltiamo pagina e dedichiamoci agli eventi annunciati la settimana scorsa – che non ci hanno affatto tradito, anzi – cominciando con l’incanto del concerto che i Solisti di Pavia, insieme al loro fondatore Enrico Dindo, hanno offerto al Museo Diocesano la sera del 9 dicembre nella incantevole basilica di sant’Eustorgio. Alternando e mettendo a diretto confronto tre concerti per violoncello e orchestra d’archi di Antonio Vivaldi e tre di Carl Philipp Emanuel Bach – il più famoso dei venti figli di Johann Sebastian – Dindo ha dimostrato che mentre il Kantor aveva appreso la lezione del prete veneziano (tanto da trascriverne alcune opere e da utilizzare le strutture armoniche e melodiche di altre) il suo figlio più famoso – a dire il vero famoso come clavicembalista più che come compositore – non ha saputo far tesoro dell’insegnamento della grande scuola italiana.

Due sere dopo, in un’altra spettacolosa basilica cittadina, è stato il momento dell’evento natalizio per antonomasia: nella chiesa di san Marco, tanto cara a Mozart ragazzino e resa celebre dalla prima esecuzione del Requiem di Verdi alle esequie di Manzoni, abbiamo ascoltato un fantastico Messiah di Händel eseguito dall’Amsterdam Baroque Orchestra & Choir diretti da quel simpaticissimo e infaticabile folletto che è Ton Koopman, amatissimo dal pubblico milanese che lo ha conosciuto all’epoca del ciclo completo delle Cantate bachiane. Si può essere più o meno d’accordo sulla prassi esecutiva – cosiddetta “filologica” – cui questa ormai famosa compagine si ispira (a nostro avviso sempre meno) ma il rigore, la precisione, l’accuratezza, osiamo dire la perfezione delle loro esecuzioni fa premio sulle discussioni, anche le più dotte, intorno all’annoso tema. È stata una vera gioia dello spirito, con momenti di poesia altissima – come nell'”He was despised and rejected of men“, con la intrigante voce del controtenore Maarten Engeltjes – o di intensa emozione come nel grandioso “Alleluja” con cui il Coro conclude la seconda parte dell’Oratorio (raddoppiato nel bis risolutamente preteso dal pubblico che letteralmente affollava la chiesa). Magnifico concerto nel quale si integravano reminiscenze e suggestioni tedesche e austriache, inglesi e irlandesi, olandesi e italiane, e ancor più radici giudaiche e cristiane. Un vero inno all’Europa.

Il 13 sera, nel foyer dell’Auditorium, Fausto Malcovati e Anna Maria Morazzoni hanno presentato il libro di Enzo Beacco “Offerta Musicale, la musica dalle origini ai nostri giorni: 144 Opere” (il Saggiatore, 953 pagine, 45 euro) un libro fuori del normale, una vera grande invenzione di cui parleremo più a fondo in una prossima occasione, ma di cui sin d’ora ci preme segnalare che è la prima storia della musica non costruita sulle biografie di musicisti e non sfiorata dalla tentazione di classificare, catalogare, definire, “creare” la storia. Beacco non è un musicista di professione ma un grande ascoltatore – attento e informato, come diciamo spesso – che esamina e connette fra loro quelle opere e quegli eventi che hanno segnato il procedere della produzione musicale in occidente, da Pitagora a Stockhausen, aprendoci la mente sul significato più profondo e nascosto della musica.

Infine il concerto tenuto la settimana scorsa da laVerdi impaginato con grande accortezza e sensibilità con l’Idillio di Sigfrido di Wagner e la Blumine di Mahler (nata come secondo tempo della Prima Sinfonia poi cancellato dallo stesso Mahler incerto se confezionare e licenziarla una Sinfonia o un Poema Sinfonico) per introdurre la Terza Sinfonia di Brahms. Un ottimo esempio di come si deve costruire un programma di concerto (intorno a un’idea e a un pensiero musicale capaci di creare l’atmosfera più appropriata per l’ascolto e la comprensione), e una interpretazione straordinariamente felice, travolgente ed entusiasmante, di John Axelrod che sta trovando una grande intesa con l’orchestra milanese e che in Brahms sembra aver riconosciuto l’Autore in cui specchiarsi.

questa rubrica è a cura di Paolo Viola

rubriche@arcipelagomilano.org



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