4 dicembre 2013

GIUSEPPE CIVATI SEGRETARIO PD: PERCHÉ


La “sorpresa” Civati nel confronto PD alla X Factor Arena – stravincitore in tutti sondaggi – registra semplicemente lo stupefatto e positivo sentiment di chi l'”outsider” non l’aveva mai visto né sentito, causa tenace oscuramento mediatico.

02terragni42FBCivati risponde a una domanda diffusa che non aveva ancora incontrato la risposta. Dice semplicemente quello che la gran parte del popolo PD e dintorni vorrebbe sentirsi dire dai propri dirigenti: che le promesse fatte si mantengono, che i militanti vanno consultati, che i 101 vanno stanati, che si deve chiedere scusa a Romano Prodi, che le larghe intese sono durate fin troppo, che la riforma della legge elettorale sarebbe stata la prima cosa da fare (lui ha in mente un Mattarellum modificato), che la ministra Cancellieri andava mandata a casa.

Sa raccontare in modo chiaro e netto, senza bizantinismi, toscanismi, tricks da televendita e giri di nulla forlaniani, con pragmatismo illuminato da piccolo gran lombardo – è anche un lavoratore frenetico, tratto tutt’altro che raro nelle etnie prealpine – il Paese più giusto e meno infelice in cui la gran parte del popolo di sinistra e forse non solo vorrebbe poter vivere.

Un riformismo radicale che si qualifica come tale solo per il fatto che dalle nostre parti non si riesce mai a riformare un accidente: quello che qui appare un’utopia nel resto d’Europa è semplice e robusto buon senso laico e progressista, che mira a tenere insieme il pane del lavoro e le rose dei diritti.

“Però è stato bravo anche Civati”: il commento di tanti renziani, sconsolati per la non-sfolgorante performance del loro candidato, tradisce la fatica di tenere la posizione –fare vincere Renzi “perché vince”- di fronte a una proposta politica molto appealing. “Matteo, dovresti tirare dentro Pippo”: quasi un mantra sulle pagine dei social network, dove cresce la preoccupazione per la vaghezza democristiano – cool del sindaco in tema di diritti –dal cimitero dei feti edificato a Firenze alla resistenza sui matrimoni gay – che messa insieme alla santificazione di Marchionne, al neo-neoliberismo di Davide Serra, e al fatto che il Matteo sai dove lo lasci la sera ma non dove lo trovi la mattina, qualche preoccupazione la dà. Ottimo venditore, concordano molti analisti, ma di quale prodotto non si sa.

L’auspicio dei più è un ritorno allo spirito della prima Leopolda: anche se è difficile pensare di tenere insieme il vascello veloce di Civati – non essere apparatchik ha pure i suoi vantaggi – con il carro del Matteo, appesantito da una cospicua presenza di rottamandi non rottamati ma riciclati secondo un rigoroso Cencelli: vedi le liste dei delegati all’Assemblea Nazionale, tot posti ad areadem, tot ai lettiani, tot ai bindiani … ma non aveva detto “basta correnti”?

Il sospetto, sempre più diffuso, è che non sia affatto vero che la sinistra per vincere debba andare a destra. Strategia peraltro già in atto da tempo e che non sta dando le soddisfazioni sperate, a meno che non si considerino un successo le nullafacenti larghe intese.

Quel trend – vincere a sinistra spostandosi a destra – appare superato almeno da Occupy Wall Street in avanti. I 99 a 1 sono diventati concreta materia amministrativa per Bill “Giant” De Blasio, nuovo sindaco di New York, che non a caso Pippo Civati menziona tra le divinità del suo Pantheon vivente insieme a Maria Carmela Lanzetta, eroica ex-sindaca di Monasterace vergognosamente non candidata dal PD alle politiche.

De Blasio è la sinistra che vince restando a sinistra, con posizioni nette ispirate a una maggiore giustizia sociale, alla battaglia sui diritti, alla salvaguardia delle differenze. Accanto al tema del lavoro, con l’ambiente al centro, c’è anche posto per i diritti degli animali.

La sinistra di Civati è questa. Reincardinata su nuovi assi: ambiente, sviluppo compatibile, convivenza delle differenze, femminilizzazione, rete. Per delineare un nuovo paradigma: e non è forse questo, un cambio di paradigma, che la crisi globale ci sta chiedendo? E a chi lo può chiedere, se non alla sinistra?

Nel programma di Civati (http://www.civati.it/): reddito minimo garantito – già realtà in tre quarti d’Europa -, diminuzione (vera) delle tasse sul lavoro, crescita legata a cultura – ambiente – bellezza, stop al consumo di territorio, attuazione del referendum sull’acqua, piano per l’energia, trasporti pubblici integrati in una metropolitana d’Italia. E ancora: matrimonio e adozione gay, abolizione della Bossi-Fini, rivoluzione digitale.

C’è anche l’intuizione che “la formula ottocentesca “questione femminile” va radicalmente rovesciata. Esiste nel nostro Paese una tenace “questione maschile” che produce iniquità, ingiustizie e violenze, e che ne rallenta lo sviluppo“. Civati l’abbiamo visto più volte, e in tempi non sospetti, ascoltare Luisa Muraro alla Libreria delle Donne di Milano o Luce Irigaray al Festival di Mantova, con la sua Nina in braccio.

C’è anche questo, e non è poco: il desiderio di avvicinarsi alla differenza femminile e al suo pensiero, e di trarne spunti per un cambio di civiltà politica.

 

Marina Terragni

 



Condividi

Iscriviti alla newsletter!

Per ricevere in anteprima sulla tua e-mail gli articoli di ArcipelagoMilano





Confermo di aver letto la Privacy Policy e acconsento al trattamento dei miei dati personali




Ultimi commenti