4 dicembre 2013

PRIMARIE DELL’8 DICEMBRE PER IL CAMBIAMENTO?


Le due principali regole della vita stessa sono: 1) il cambiamento è inevitabile, 2) tutti cercano di resistere al cambiamento“. Questo schema che William Edwards Deming applicava agli studi fatti sul miglioramento della produzione negli Stati Uniti durante la guerra e successivamente nel Giappone del pieno sviluppo economico, si può applicare al PD e alla storia delle primarie nel nostro paese.

04cingolani42FBLe primarie sono uno strumento per favorire la partecipazione dei cittadini e delle cittadine alla scelta dei candidati, che successivamente prenderanno parte alle elezioni e andranno a ricoprire cariche pubbliche: contro un sistema che, con un movimento esattamente contrario, prevede invece la scelta tra candidati stabiliti e imposti dai partiti stessi. Le elezioni primarie, così concepite, sono nate come sistema locale negli Stati Uniti, all’interno dei movimenti progressisti alla fine del 1800. Ne esistono di diversi tipi e nel tempo si sono svolte in Europa e in molte altre parti del mondo.

Il primo e il più importante esempio di elezione primaria nazionale in Italia si è svolta il 16 ottobre 2005, quando l’Unione (nata in quello stesso anno dalla coalizione dei partiti del centro-sinistra italiano) ha proposto agli elettori di scegliere il candidato alla Presidenza del Consiglio per le elezioni politiche del 2006. Il problema è che in Italia le primarie sono nate con radici malate, la loro debolezza consiste nel fatto che in diverse occasioni si sono caratterizzate come plebisciti, in cui non era prevista una vera e propria gara tra i candidati. Probabilmente la formula plebiscitaria, che ha caratterizzato i primi decenni dell’Unità d’Italia e le poche elezioni durante il fascismo, ha segnato in profondità la politica del nostro paese.

Un primo momento di rottura sono state le primarie dei sindaci, perché le scelte locali spesso anticipano i cambiamenti, ma la vera spinta al rinnovamento è stata la scelta competitiva di Matteo Renzi che, per la prima volta, ha cercato una gara reale, tanto che, pur non vincendole, ha poi portato allo sgretolamento della lista Bersani, non solo perché ha perso le elezioni ma perché non adeguata a reggere una sfida reale di programma non plebiscitario. Le spinte propulsive delle ultime primarie si sono subito esaurite nelle parlamentarie di fine anno del PD, chiuse alla partecipazione e autoreferenziali, tanto da esprimere una classe dirigente parlamentare inadeguata, che ha poi prodotto i 101, o probabilmente di più, voti contro Prodi alla Presidenza della Repubblica.

Le prossime primarie del 8 dicembre appaiono sempre di più come una competizione quasi vera. Anche in questo caso la dicotomia cambiamento – conservazione si manifesta in vari modi, ad esempio a Milano con il Porcellum/Cencelli applicato alla selezione dei candidati controbilanciato dalla scelta di un segretario di rinnovamento come Bussolati. Ora non ci resta che fare in modo che la partecipazione per l’8 dicembre sia la più aperta possibile, tenendo conto che l’elettore è sempre più ibrido, cioè disposto a partecipare solo se intravede in questa scelta un vantaggio sociale in maniera onesta e trasparente. Ho usato il termine ibrido guardando anche in questo caso al marketing, che parla di consumatore ibrido, cioè non più legato come una volta a un marchio, ad esempio quelli che compravano sempre un’auto della stessa marca o vestito della stessa casa o avevano il conto sempre nella stessa banca e che ora scelgono in maniera sempre diversa in base al prezzo o alle caratteristiche che lo soddisfino in un determinato momento. Ecco, a questo elettore non più legato a un’ideologia bisogna offrire una competizione vera, possibilmente con pochi trucchi e forse ce la potremo fare.

 

Massimo Cingolani

 



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