4 dicembre 2013

ALMENO NON CHIAMIAMOLA PIAZZA!


Si sta finalmente completando il grande intervento urbanistico attorno alla stazione Garibaldi, che poi non è altro che la continuazione del Centro Direzionale voluto dalla lungimiranza dei grandi architetti milanesi del dopoguerra, consulenti del PRG del ’53, ma che fu successivamente congelato nel PRG dell’80 dalle Amministrazioni di centrosinistra che volevano una città sempre più industriale, in tempi nei quali Milano era ormai in stato di avanzata deindustrializzazione con grande richiesta di terziario.

05zenoni42FBProgettato e realizzato dalla Hines Italia alla quale va riconosciuta la perseveranza di aver acquistato il “puzzle” di proprietà esistenti, Comune, Ferrovie dello Stato (FFS) e privati in perenne contrasto tra di loro, e di aver trattato col Comune le procedure per arrivare a realizzare una nuova e complessa Convenzione. Dopo un passato di giostre, macerie e interminabili discussioni sul contenuto dell’area, dopo un concorso internazionale nel ’91/’92, preceduto da progetti di iniziativa Comunale, finalmente fu approvato il Piano Esecutivo con un Planivolumetrico che ha permesso di costruire in quella che era ormai l’ultima grande e centrale area rimasta vuota tra le città europee. Nel frattempo nel sottosuolo erano stata realizzate linee della Metropolitana, Passante Ferroviario e sottoservizi che hanno influenzato e reso obbiettivamente difficile inserire le nuove volumetrie, che assieme al nuovo palazzo della Regione e ai vecchi Pirelli, Galfa, ex Torri delle FFS e Uffici Tecnici Comunali costituiscono oggi il nuovo sky-line dell’ex Centro Direzionale.

Il nuovo progetto nato tra tante difficoltà e forse anche a causa di queste, manca delle qualità di dialogo e continuità con la situazione esistente al contorno. Quelle che avevano, per esempio, il progetto giunto tra i primi segnalati nel Concorso Internazionale del ’91/’92 espresso dall’architetto francese, prematuramente scomparso, Bernard Huet ma anche, per la sua importanza culturale e similitudine territoriale, l’esito del Concorso Internazionale del 1994 per la ricostruzione del Souk di Beirut (distrutto dalla guerra civile), dove venivano premiate soluzioni con alto grado di ricucitura e continuità del nuovo tessuto edilizio col territorio circostante, piuttosto che isole tipologicamente e morfologicamente differenti inserite a riempire lo spazio di città rimasto vuoto. Si può ancora una volta verificare come il concetto architettonico e urbanistico espresso dalla parola “continuità” apparso come sottotitolo della nota rivista di architettura Casabella sotto la direzione di Rogers in questo intervento non sia stato affatto recepito.

Centro attrattivo dell’intervento e legame con le vecchie e le più recenti costruzioni presenti tra Corso Como e la Stazione Garibaldi avrebbe dovuto essere una Piazza circolare, chiamata poi piazza Aulenti, che aveva la responsabilità di fare da fondale nord a Corso Como e legarsi all’abitato circostante. Ritengo però che il risultato finale non si possa definire una Piazza perché non rispetta nessuna caratteristica di questo elemento urbanistico storicamente Europeo e in particolare Italiano, e vediamo il perché:

1) La Piazza storicamente è uno spazio vuoto tra l’edificato voluto per agevolare i rapporti umani, comizi, mercati e passeggio, e valorizzato con monumenti, fontane e sedute, ma lasciando ampio spazio al centro, lo spazio per esercitare le funzioni collettive sopra accennate. E qui non ci siamo, salvo una striscia sul perimetro il centro della piazza è reso impraticabile da larghi pozzi con parapetto per illuminare gli spazi commerciali ai piani inferiori e dai, sembra oggi inevitabili, ancor più estesi e inutili specchi di acqua alta pochi centimetri. Così la maggior parte della piazza non è di fatto praticabile dalle funzioni richieste dalla piazza Europea e Italiana, assumendo invece più l’aspetto di un piano terreno dei grandi “mall” commerciali internazionali o alle hall dei super alberghi del sud-est asiatico.

2) La Piazza in questo caso manca di un perimetro definito sensorialmente, ma a causa dell’architettura vetrata dei corpi edilizi che la formano si proietta oltre le facciate in vetro dei negozi o ingressi che la circondano, non assumendo quindi una forma percepibile come chiusa ma uno spazio pubblico – privato dilatabile a seconda degli arredi privati che possono variare nel tempo, su un lato è poi largamente aperta verso la palazzata vetrata lungo il viale della Liberazione e verso l’Isola storico quartiere milanese. Così il vuoto o il trasparente prevalgono impedendogli di avere una forma chiusa e anche il lato aperto, come tante piazze italiane posseggono, diventando balcone sul paesaggio sottostante, qui invece è poco attraente.

3) Gli accessi alle piazze Europee e Italiane, vie spesso strette o anche monumentali che fanno intravedere lo spazio comune dando il piacere di percorrerle pregustando la piazza sullo sfondo, qui non esistono perché la piazza è incongruamente sopraelevata e gli accessi pedonali sono così realizzati: verso la Stazione Garibaldi da una enorme gradinata con ascensori e verso corso Como l’accesso si propone alla città esistente con una disadorna rampa pedonale, tipologicamente più simile all’accesso automobilistico dei parcheggi, oltretutto sbieca perché non sull’asse dello stesso Corso.

Dalla quota zero di corso Como quindi la piazza non si vede ne intravede e per arrivarci è necessario sgambare e non passeggiare, guardando più che altro dove mettere i piedi e quando si è su e si guarda indietro, la sorpresa, si vede che come spazio pubblico è ancora meglio Corso Como con il suo fondale nord, la piazza XXV Aprile. Si poteva fare di meglio per questa rampa fiancheggiata da altre gradinate e da corpi edilizi disarticolati certo per non inseguire (per citare un caso contemporaneo) l’esempio della rampa di accesso alla piazza sopraelevata di Milano Fiori 2. Che però è una specie di new-town terziaria – commerciale a sud di Milano e non adiacente al centro storico Milanese, dove si doveva fare qualcosa di più se si voleva ricercare quella “continuità” che comunque probabilmente l’incongruo dislivello e il disassamento da Corso Como avrebbe reso difficile.

4) Per la valorizzazione di un Corso sono fondamentali i “fondali”. E qui tanto importante ed Europeo è quello formato verso sud dalla piazza XXV Aprile appena riassestata, quanto del tutto non risolto il fondale verso nord dove non si apprezza affatto la sgarbata integrazione tra nuovo ed esistente.

Questo pensando che in Europa, e specialmente in Italia, almeno nei centri storici che si possono ormai intendere come musei della storia della città, la tipologia urbanistica della Piazza va difesa, dalla proliferazione delle nuove “piazzenonpiazze” che gli archistar americani, che hanno breve storia urbanistica nel loro paese, diffondono oggi in tutto il mondo.

Difendiamoci almeno non dando l’onorato titolo di “Piazza” a questo non meglio identificato spazio.

 

Gianni Zenoni

 



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