20 novembre 2013

SINDACO PISAPIA, CHIEDICI SE SIAMO FELICI


Perché? Perché a metà mandato non è una domanda stravagante. Siamo felici? Forse sì, forse no. Dipende. Tanto per cominciare cos’è la felicità? Ognuno la pensa come vuole ma io parlo di una felicità particolare che battezzo”felicità civica”: essere contenti della propria cittadinanza. È una parente stretta della qualità della vita ma c’è di più.

01editoriale40FBSe una buona qualità della vita, come la intendono quelli che fanno le classifiche, fosse sufficiente a dare la felicità avrei chiuso il mio discorso e rimandato a una delle tante classifiche che in genere non ci fanno molto onore ma, a mio modo di vedere, si può essere civicamente felici anche se la qualità della vita non è ai vertici della classifica.

La felicità civica, come tutte le felicità, è un’emozione legata in particolare alle attese suscitate da chi ci governa e ai nostri rapporti con lui. Le attese sono le promesse elettorali da mantenere e i rapporti sono la cosiddetta partecipazione. Le promesse sono state tante, alcune più importanti altre meno: la più importante diceva pressappoco: “saremo più uguali”. Di strada ne è stata fatta, o meglio si è fatto quel che si è potuto ma una maggior mobilitazione ad esempio sulla vicenda IMU non avrebbe guastato. La vicenda degli abbonamenti ATM per gli anziani non è stata il meglio, le incertezze sull’Area C e sulle Domeniche a Spasso sono state troppe. Tanto per citare qualche episodio.

Certo non è facile governare con i fondi tagliati e con un’opposizione che si muove prima di tutto seguendo la logica del “muoia Sansone” con quel che segue e insieme cercando di tutelare gli interessi delle corporazioni che pensa la votino. Forse una discussione sul bilancio si poteva cominciare prima, dando ai cittadini la possibilità di condividere le scelte, partecipare e dunque di mobilitarsi per sostenerle. E proprio dicendo quest’ultima cosa siamo arrivati al nodo della partecipazione. Chiariamo subito i termini del problema: la partecipazione non è certo sinonimo di condivisione perché la condivisione è uno dei risultati della partecipazione.

La partecipazione è un flusso d’informazioni e d’idee che si muove con un ininterrotto movimento dal basso verso l’alto e viceversa, meglio sarebbe dire ora di qua ora di là per evitare gerarchie, alla ricerca di un equilibrio delle decisioni. È un esercizio difficile per il quale è necessaria una grande adattabilità e un’infinita pazienza da entrambe le parti. Sino a oggi ha prevalso il movimento dall’alto verso il basso e questo non deve destare stupore perché le vecchie abitudini sono le più difficili da sradicare: sono le stesse vecchie abitudini della politica. Siamo felici? Non ancora. Il pendolo deve dondolare meglio. Sempre.

Spesso si dice che la richiesta, magari dura, di partecipazione viene solo da piccoli gruppi di cittadini e qualche volta si trasforma in aperta contestazione. È vero. Dare ascolto solo a loro? Starei per dire sì: perché sono la sola voce udibile. Sono troppo pochi rispetto alla totalità dei cittadini? Allora il problema è quello di educarli alla partecipazione istituzionalizzandola con mano leggera e praticandola senza arroganza: governare è, prima di tutto, ruolo di servizio. In Svizzera, dove si va a votare a ogni piè sospinto, quando li critichi per la scarsa affluenza alle urne, gli svizzeri ti rispondono che bisogna avere prima di tutto rispetto per i cittadini che votano, perché probabilmente gli altri hanno minor interesse al bene comune. La stessa cosa è per la partecipazione.

Possiamo, per finire, essere più felici? Sì. Possiamo esserlo se finalmente riusciremo a conoscere qual è la “visione” di città che accomuna i membri della Giunta. C’è? Li accomuna?

La felicità sta anche nel conoscere la “visione”, della quale tanto si parla per la sua temuta mancanza, e possibilmente condividerla. L’infelicità civica? Niente visione, niente condivisione. Galleggiare.

Luca Beltrami Gadola



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