20 novembre 2013
GRAVITY
di Alfonso Cuaròn [ USA, Gran Bretagna, 2013, 92′]
con Sandra Bullock, George Clooney, Ed Harris, Orto Ignatiussen, Phaldut Sharma.
L’ultimo film americano di fantascienza, blockbuster da 500 milioni di incassi in tutto il mondo -6 milioni di euro in Italia per ora, ma destinati a crescere – ha nel nome la sua caratteristica, il suo contenuto e il suo fascino. Film spettacolare lascia impresse immagini straordinarie e affascinanti, ma soprattutto vere (fornite dalla NASA) dello spazio e della terra: la terra vista da lontano, aurore boreali comprese, e lo spazio visto da vicino. Un film sulla solitudine personale che il vuoto cosmico sottolinea e amplifica.
Trama che parte da un episodio verosimile: uno spaventoso incidente trasforma una missione spaziale di routine in un disastro, che costringe i due astronauti superstiti, la dottoressa Ryan Stone (Bullock), donna di scienza, e il cosmonauta navigato Matt Kowalsky (Clooney). a una lotta estrema per la sopravvivenza contro l’ostilità del cosmo e degli eventi imprevedibili, e anche a confrontarsi con se stessi, i propri limiti, traumi e debolezze.
Il personaggio di Clooney, molto ‘americano’, controllato, perfetto e rassicurante, si fa presto da parte, lasciando però insegnamenti e consigli per la sopravvivenza alla dottoressa Ryan, una Sandra Bullock smagrita e intensa che dà spessore a un personaggio che è insieme fragile e caparbio, duro e commovente, sempre in bilico tra l’arrendersi e il lottare con le proprie risorse.
Le riprese estremamente realistiche, coniugate a una fotografia smagliante e agli effetti speciali in 3D di grande impatto e verosimiglianza, creano un’esperienza visiva singolare, e catapultano lo spettatore dentro l’avventura dei personaggi, in una dimensione spaziale parallela che innesca forti emozioni di paura, angoscia e speranza.
Cuaron, dopo “I figli degli uomini” vince la sfida della messa in scena dello spettacolare, e si dimostra abilissimo a confezionare credibili dialoghi sulla fragilità, che reggono anche nel galleggiare e vagare nello spazio profondo.
Babette
questa rubrica è a cura di Anonimi Milanesi