13 novembre 2013

musica – IL REQUIEM DI VERDI


 

IL REQUIEM DI VERDI

Abbiamo scritto più volte del Requiem, molto ascoltato in questo periodo di celebrazioni verdiane; a proposito delle quali credo siamo stati tutti un po’ spiazzati dall’avere invertito l’ordine naturale delle cose, celebrando di Giuseppe Verdi prima la morte (il centenario del 2001) e poi la nascita (il bicentenario di quest’anno)! Curioso anche che solo dieci anni prima, nel 1991, ci eravamo concentrati sul bicentenario della morte di Mozart con gran dovizia di esecuzioni della sua Messa da Requiem. Potenza degli anniversari.

musica_39Sempre, finite le ricorrenze, i Requiem scompaiono come se insieme alla sacralità della commemorazione perdessero anche il loro fascino; peccato, perché sono una delle forme musicali, se così possiamo impropriamente chiamarle, fra le più fascinose e più rappresentative della natura umana dei loro autori. Il perché è presto detto: mentre le semplici Messe (si pensi alla grande Messa in si minore di Bach o alle diciotto Messe di Mozart) sono rappresentazioni liturgiche, dunque fondamentalmente con un carattere cerimoniale e rituale, il Requiem (o la Messa da Requiem o la Messa funebre, la differenza è di natura liturgica e non incide più di tanto sulla sostanza – musicale, letteraria e spirituale – comune a tutte) è una sorta di meditazione o di riflessione sulla vita e sulla morte. Riflessioni talvolta intrise di religiosità, talaltra assolutamente laiche, ma sempre comunque rivelatrici dei più profondi convincimenti dei compositori; e spesso ne rivelano ansie, paure, rimpianti, rassegnazione o al contrario disperazione, segni di speranza o ricerca di quiete interiore.

Non è vero, come si crede, che i Requiem vengano normalmente scritti in età avanzata: è vero per Verdi (che nel 1874 aveva sessantuno anni), per Schumann (nel 1852 aveva solo 42 anni ma era già prossimo al noto tentativo di suicidio e al successivo ricovero in ospedale psichiatrico) e soprattutto è vero per la Messa da Requiem di Mozart (scritta nel 1791, nelle settimane che ne precedettero la morte). Ma altri esempi dicono il contrario come nel caso di Cherubini che, nato nel 1760 e morto nel 1842, scrisse ben due Messe da Requiem nel 1816 e nel 1836, o in quello di Berlioz (nato nel 1803 e morto nel 1869, scrisse la sua Grande Messe des Morts nel 1837) o di Faurè (che nel 1887 aveva quarantatre anni e morirà solo nel lontano 1924). Un caso a parte è quello di Brahms che scrive il suo meraviglioso Requiem Tedesco (Ein deutsches Requiem) nel 1866, a 33 anni ma sotto l’onda emotiva della morte della madre.

Dunque la settimana scorsa, a chiusura dell’anno verdiano, l’orchestra dell’Auditorium ha riproposto il Requiem del suo omonimo grande compositore affidandolo alle sue direttrici stabili (molto interessante questa accoppiata al femminile di Xhang Xian sul podio dell’orchestra e di Erina Gambarini su quello del coro!) e a quattro solisti: due italiani (la soprano Chiara Angella e il tenore Mario Zeffiri che è intervenuto in sostituzione di un collega austriaco) e due russi (la mezzosoprano Agunda Kulaeva e il basso Alexander Vassiliev). Mentre i cantanti non hanno brillato molto, né per la qualità delle voci né per la precisione dei tempi e dell’intonazione, è stato un vero piacere osservare come l’orchestra e il coro abbiano dato ancora una volta prova di una intesa perfetta, di grande impegno e professionalità, di una magnifica qualità di suono; ritmi e timbri erano curati in modo ineccepibile, gli attacchi sempre esatti, gli ottoni precisissimi. Una gioia ascoltarli.

Come sempre hanno fatto la parte del leone le potenti e drammatiche note del Dies irae, del Tuba mirum, del Rex tremendae in cui Verdi utilizza l’enorme sapienza accumulata con il melodramma: in Verdi – dice Massimo Mila – “la morte è una specie di ferro del mestiere drammatico, un ineluttabile evento naturale che, come necessario deus ex machina, viene a tagliare i nodi e a risolvere le intricate situazioni in cui gli uomini si sono cacciati per effetto delle loro passioni …. e nel Dies irae è tutto il genere umano che si comporta come i personaggi verdiani e stramazza fulminato”.

Verdi non era affatto religioso, anzi teneva molto a render palese il suo ateismo (così come, restando al tema dei Requiem, è noto che Mozart massone non nutrisse grandi sentimenti religiosi) e infatti c’è poco di religioso nei loro due Requiem. È invece interessante osservare come l’idea di scrivere una “meditazione sulla vita e sulla morte” era stata a lungo covata da Verdi dapprima per la morte di Rossini – che nei suoi ultimi anni, con lo Stabat Mater e soprattutto con la Petite messe solennelle dedicata “Au bon Dieu“, aveva chiaramente rivelato la propria religiosità – e poi si era definitivamente consolidata in occasione della morte di Alessandro Manzoni i cui sentimenti religiosi erano arcinoti; è come se il Verdi miscredente avesse voluto con quest’opera dare un segno di rispetto, molto laico, nei confronti di chi la pensava assai diversamente da lui. Grande anche in questo.

questa rubrica è a cura di Paolo Viola

rubriche@arcipelagomilano.org



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