6 novembre 2013

SEGRETARIO PROVINCIALE PD: CONTI, CORRENTI, SALDI


Lunedì scorso l’assemblea dei delegati provinciali ha scelto Pietro Bussolati come nuovo segretario metropolitano del PD milanese, con 89 voti contro i 63 per Arianna Cavicchioli. L’assemblea è costituita da circa 150 delegati, eletti sulla base delle liste bloccate collegate a ognuno dei quattro candidati: la maggioranza dei delegati era perciò già schierata, mentre quelli eletti con le liste Gentili e Censi, che avevano preso meno voti, si sono posizionati a seconda delle indicazioni del proprio candidato, o della propria area di appartenenza, o della propria individuale coscienza. Il risultato non stupisce: Bussolati aveva già più delegati di Cavicchioli, Censi aveva espresso subito l’appoggio al giovane renziano e nonostante Gentili avesse sollevato la polemica sul tesseramento scontato da parte di alcuni circoli (tra cui senz’altro lo 02, il circolo di Bussolati) molto suoi sostenitori, come ad esempio l’assessore alle politiche sociali del comune di Milano Pierfrancesco Majorino, avevano dato indicazione di voto pro-cambiamento, sottintendendo appunto il giovane Pietro.

Meno scontato era forse il risultato del primo turno, al quale partecipavano come elettori tutti gli iscritti al partito nella provincia di Milano; eppure sembra che nonostante l’occasione data di partecipazione e dibattito, ovvero la possibilità di scegliere il segretario provinciale da parte degli iscritti, i giochi si siano svolti secondo i soliti tristi schemi di schieramento e appartenenza, con la stragrande maggioranza dei votanti che ha fatto un segno su un nome senza aver voluto neanche conoscere, informarsi, valutare gli altri. Ciò che ho vissuto in prima persona da iscritta al partito nel mio ambito di frequentazione (circolo, quartiere, zona), viene confermato dall’analisi del voto circolo per circolo, secondo qualche deduzione che abbozzo, se fosse necessario, nelle righe che seguono.

Pietro Bussolati, il candidato che ha ottenuto il maggior numero di voti, è stato premiato sia dalla sua città, Milano, sia dalla provincia, dove si presume sia meno conosciuto: Pietro è infatti il candidato più giovane, ha 31 anni, e non ha mai ricoperto incarichi amministrativi, né a Milano né fuori; lavora in ENI come dipendente immagino, qualunque sia il suo inquadramento; la sua attività politica, per quanto vivace, si esaurisce con quella del circolo di cui è segretario, lo 02Pd, circolo che pur essendosi rivelato efficacissimo trampolino di lancio (ha sfornato l’attuale assessore ai trasporti del comune di Milano e la più giovane deputata del Parlamento eletto nel febbraio 2013) opera su un territorio ampio come un quartiere. Pietro Bussolati, insomma, ottimo segretario di circolo, collega ideale, oratore brillante, poteva essere conosciuto in zona, in qualche altro circolo milanese, e nella sua cerchia di colleghi, amici, parenti. Ma la caterva di voti che ha preso in provincia (32%) e in molte zone di Milano è per forza legata a un’indicazione di voto, nel caso di Pietro credo abbia valso la notizia che lo voleva renziano.

È probabilmente il caso del Circolo della Pallacorda, nato a Milano nel maggio scorso con l’esplicito proposito di sostenere Matteo Renzi, e che sabato 26 ottobre ha fatto votare 153 iscritti, dei quali un voto è andato simbolicamente ad Arianna Censi, uno altrettanto simbolicamente a David Gentili, nessuna preferenza per Cavicchioli, e 151 a Pietro Bussolati; senza schede bianche né nulle. Meno artistico ma comunque indicativo il risultato del Circolo di Vizzolo Predabissi: su 45 votanti 35 hanno scelto Pietro e 5 Arianna Censi. O infine i tre circoli di Cinisello Balsamo: a “Cinisello Balsamo 2” su 62 votanti stravince Cavicchioli con 42 voti; ma a “Cinisello Balsamo 1 e 3” le forze convergono su Pietro: oltre 300 votanti per i due circoli, che hanno scelto Bussolati con 172 voti e Cavicchioli con 83.

Arianna Cavicchioli, seconda classificata, ha una storia più lunga: sindaco di Rho per due mandati, poi consigliere provinciale coi DS e nel 2010 consigliere regionale; presumibilmente forte nell’hinterland, o meglio nel suo hinterland cioè Rho e dintorni. I voti presi a Milano e in altre zone della provincia non possono non essere frutto di un’adesione “di corrente”: poco conosciuta e non particolarmente ispirata o trascinante nel suo porsi agli elettori (in questo senso il confronto con Arianna Censi era schiacciante, e ciò vale anche per gli altri due candidati), chi l’ha votata ha ubbidito al dictat di appartenenza a CGIL, o a “Primavera Democratica”, o più genericamente all’appioppatole aggettivo di bersaniana. Blocchi di tessere per Arianna Cavicchioli sono apparsi a macchia di leopardo da Legnano (162 preferenze su 261 votanti) ai circoli milanesi 15 Martiri, Romana – Calvairate, Barona, Quarenghi, ai circoli di Garbagnate, Novate Milanese e ovviamente Rho.

David Gentili si diceva slegato, trasversale, poi appoggiato da molti civatiani e da alcuni cuperliani. Ma al netto delle etichette il suo risultato rispecchia maggiormente quella che è stata la sua reale attività sul territorio: Gentili è infatti andato bene a Milano dove lavora come consigliere comunale e come presidente della commissione antimafia del Comune, ed è andato bene soprattutto in zona 7 dove vive, e dove ha lavorato per molti anni come educatore e poi counsellor psicosociale. Ho personalmente creduto nella sua candidatura proprio per il suo impegno nel contrasto alla criminalità organizzata, tema sensibilissimo in un’area metropolitana che si appresta ad ospitare un evento come l’Expo 2015 e che sarà (ed è già) soggetta a pressioni fortissime per gli appalti.

Arianna Censi, sostenuta da Area Dem, è stata sindaco di Locate Triulzi per nove anni, poi consigliere provinciale, ed è attualmente responsabile degli Enti Locali per il PD metropolitano. Ha ottenuto un risultato che non ritengo proporzionato al suo valore e alla sua passione politica, se non ad Opera, la sua città, o Abbiategrasso, Corsico e altri comuni minori sparsi per l’hinterland.

Alle serate di presentazione dei canditati, come da copione, la platea, più che da curiosi o indecisi, era composta in maggioranza da sostenitori, poco disposti a scoprire aspetti positivi negli avversari; molti circoli inoltre non hanno tentato un approfondimento sui quattro aspiranti segretario al netto degli schieramenti – valutando ad esempio programmi e curriculum – ma hanno semplicemente permesso che i giochi si svolgessero abbandonando ognuno ai propri riferimenti, fari o aree di appartenenza.

Si sa che le cose vanno così, si dirà: questa analisi non aggiunge niente di nuovo. Eppure a me preme parlare di questo, del presunto cambiamento che passa per antichi schemi. Chi ha votato in massa Bussolati o Cavicchioli nella stragrande maggioranza dei casi non ha voluto conoscere gli altri tre candidati. Ha perso un’occasione di dibattito, ma non solo: ha perso un’occasione di esercizio della propria libertà di scelta. Votare l’unico candidato che si conosce, o peggio ancora quello che ci è stato indicato da qualcun altro, non è l’esercizio di un diritto di voto libero, ma semplicemente una scelta obbligata nel primo caso o l’esecuzione di un ordine (chiamiamolo un suggerimento) nel secondo. Sono cose così banali, eppure bisogna chiarirle ancora.

Questo atteggiamento ottuso, che danneggia innanzi tutto la dignità di chi compie questo atto di “obbedienza” e delega incondizionata, rattrista anche per la scarsa considerazione dell’altro, in questo caso di chi la libertà e la democrazia le esercita veramente, o almeno ci prova. Questo modo di essere elettori e di partecipare alla vita democratica regala alla collettività e alle istituzioni personaggi cooptati, spesso privi dello spessore umano e culturale necessario allo svolgimento delle funzioni cui sono chiamati. E che proprio per questo, difficilmente saranno in grado di garantire reali cambiamenti, per il loro essere a priori debitori di quelle correnti che come li hanno voluti, subito possono farli cadere. Pietro Bussolati saprà senz’altro dimostrare che non è questo il suo caso; ma sono gli elettori i protagonisti di un falso cambiamento: lo chiedono senza saperlo praticare.

 

Chiara Copello



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