6 novembre 2013

C’ERA UNA VOLTA LA SEPOLTURA. I MILANESI E LE SCELTE DI FINE VITA


Una delle storie più inquietanti contenute nei Racconti del terrore di Edgar Alla Poe è quella che fa leva sulla paura di risvegliarsi vivi nella tomba (“The Premature Burial”). Se si entra in una delle discussioni sul web sul tema della cremazione, questa paura si trova spesso citata tra i motivi che portano a preferire tale soluzione rispetto alla tradizionale inumazione o tumulazione della salma.

Le ragioni sono in realtà molte e variano da persona a persona. C’è chi preferisce che il corpo sia restituito nella via più immediata al ciclo della natura anziché lasciarlo “mangiare dai vermi”. C’è chi, più pragmaticamente, considera la cremazione una forma più efficiente e igienica. E chi, più poeticamente, desidera che le proprie ceneri siano disperse su un luogo che ispira pace e serenità o che ha avuto un significato particolare nella sua vita. Il fattore comune alla maggioranza delle ragioni è comunque quello di voler decidere quale sarà il destino del proprio corpo dopo la morte, senza dare per scontata la forma tradizionale di sepoltura.

All’epoca di Allan Poe e in tutta la storia precedente dell’umanità, le scelte erano molto limitate. Non ci si allontanava molto dal proprio luogo di nascita. Si faceva tipicamente il lavoro dei propri genitori. Ci si sposava con una persona dello stesso ceto sociale e spesso in modo combinato dai parenti. Si avevano tanti figli quanti ne arrivavano e molti morivano fatalmente in età precoce. Le forze della costrizione dominavano, in generale, su quelle della scelta. La rivoluzione tecnologica, quella industriale e la transizione demografica hanno reso l’uomo sempre più convinto di poter essere artefice della propria vita. Oggi si sceglie non solo, più liberamente, se sposarsi e con chi, ma anche quanto far durare il matrimonio. Il numero di figli è diventato una questione di preferenza. Si esercita il controllo non solo sul non averne (oltre un certo numero) ma anche sull’averne, tramite procreazione assistita, quando spontaneamente non arrivano.

Ma ecco che dopo aver cercato di dominare il corso della vita sempre più si sta cercando di gestirne la fase conclusiva: il momento della morte e quello che di noi resterà dopo. La cremazione risponde all’esigenza, sempre più forte nelle società moderne avanzate, di autodeterminazione individuale. Non a caso è una scelta in continua crescita. In molti paesi europei viene praticata in oltre il 40% dei casi. In Italia la percentuale è molto meno della metà, ma con forti differenze territoriali. I valori più alti si trovano al Nord, con punte particolarmente elevate in Lombardia e soprattutto nel suo capoluogo.

Secondo i dati disponibili sul sito del Comune di Milano, se ancora nel 2001 la pratica della cremazione riguardava poco meno della metà dei funerali totali (4.864 su 11.676), nel primo decennio di questo secolo sono diventate nettamente prevalenti, salendo nel 2011 a 7.090 (a fronte di 2.972 inumazioni e 1.047 tumulazioni, su 11.109 esequie complessivamente celebrate).

Una crescita particolarmente accentuata, coerente con la maggior predisposizione dei milanesi a far propri sensibilità e comportamenti che innovano rispetto alla tradizione, soprattutto quando ampliano la sfera delle scelte personali. Il forte aumento è però anche sostenuto da un ruolo dell’amministrazione comunale molto più attento e attivo sui temi dei diritti e della loro effettiva espressione rispetto a quanto tipicamente avviene nel resto del paese.

Una conferma è lo sportello espressamente dedicato al cosiddetto “testamento biologico” che verrà aperto l’11 novembre presso gli uffici dell’assessorato alle Politiche sociali. Lo scopo è quello di consentire di lasciare formalmente indicate le proprie volontà sul “fine vita”, con particolare riferimento ai trattamenti sanitari, alla donazione di organi, oltre che alla scelta della cremazione e dell’eventuale dispersione delle ceneri.

Nel frattempo la rivoluzione digitale, che ha cambiato le nostre vite negli ultimi decenni, sta ora investendo sempre più il modo di rappresentare il trapasso, consentendo anche di decidere su come mantenere viva e attiva la propria presenza virtuale dopo la morte fisica.

 

Alessandro Rosina

 



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