6 novembre 2013

libri – VIENI A TROVARMI SIMONE SIGNORET


 

BIJAN ZARMANDILI

VIENI A TROVARMI SIMONE SIGNORET

Nottetempo 2013

pp .200, euro 16,.

Mercoledì 6 novembre ore 18, a Palazzo Sormani, sala del Grechetto, via F. Sforza 7 Milano verrà presentato il libro con Paolo Mereghetti, letture di Lorena Nocera, a cura di Unione Lettori Italiani Milano

Lo shock della notizia, che era stato imprigionato nel 2010 il regista Jafar Panahi (pluripremiato a Venezia e a Locarno, già aiuto regista del grande Abbas Kiarostami) fu tale per Zarmandili da indurlo a scrivere un romanzo in omaggio al cinema iraniano, grande a suo dire nonostante la rivoluzione komeinista, gli otto anni di guerra con l’Irak, la repressione. La cinefilia dell’autore deriva dal fatto di essere figlio del direttore del più bel cinema di Teheran, il Metropole e avere così potuto vedere tutti i film italiani e francesi che si proiettavano negli anni ’60, maturando un vera predilezione per i noir francesi.

libriDissidente, membro della dirigenza della sinistra iraniana, oppositore dello scia Reza Pahlavi, Zarmandili esule a Roma sin dal ’60, fu capo redattore esteri di “Astrolabio”, collaboratore di “Politica internazionale” e di Rai News 24, oggi esperto di politica mediorientale per il gruppo Espresso – Repubblica e Limes. Rilevanti sono le sue biografie su Mossadegh e sull’Ayatollah Komeini del 1974.

“La grande casa di Monirrieh” del 2004 è il suo primo romanzo al quale ne seguiranno altri quattro, l’ultimo dei quali “Mi manda Simone Signoret” è la storia di un amore impossibile e negato,una storia di morte, di rivoluzione, protagonisti un ragazzo ebreo di famiglia benestante e una ragazza mussulmana, figlia del temibile capo della Savak, la crudele polizia dello scia.

Il fascino del romanzo è la sua costruzione a scatole cinesi, una storia nella storia, che si dipana così su due livelli: quello della realtà, la storia sopra raccontata, e quello della immaginazione del povero vecchio regista Changiz, l’io narrante. Egli è imprigionato nel terribile carcere di Evin, con l’accusa di ammiccamento al sionismo, un crimine contro la sicurezza nazionale, proprio a causa della tipologia della storia da lui scelta per la trama del suo film, che viene subito censurato dalle Autorità, prima ancora di iniziare a girare.

E così nella solitudine della sua cella, dove filtrava una pallida luce, la sua ossessione, Changiz potrà finalmente iniziare a girare le sequenze del suo film proibito, seguendo la sua inclinazione, e riuscirà in questa stupefacente operazione con l’aiuto della sua sola fantasia. Le inquadrature si susseguono nella mente a onde continue, che gli permettono di evocare, tra uno stacco e l’altro, molti dei migliori film proiettati in quegli anni in Europa.

Intanto gli eventi della storia avanzano inesorabili in una rimpianta Teheran assediata dalla neve, fino alla tragica fine inaspettata per il lettore, propria degli amati noir francesi. E quando alla fine Changiz uscirà dal carcere troverà ad attenderlo la saggia moglie Ozra con la sua inseparabile sigaretta, proprio come Simone Signoret di Una giornata amara.

E tu lettore a fatica potrai distinguere verità e fantasia perché come bene sanno i bambini iraniani, ogni loro storia inizia con Yeki bood, Yeki nabood, e cioè C’era una volta – Non c’era una volta, per provocare un piacevole spaesamento. Proprio del DNA della gente iraniana, dalla fervida vena favolistica.

questa rubrica è a cura di Marilena Poletti Pasero

rubriche@arcipelagomilano.org



Condividi

Iscriviti alla newsletter!

Per ricevere in anteprima sulla tua e-mail gli articoli di ArcipelagoMilano





Confermo di aver letto la Privacy Policy e acconsento al trattamento dei miei dati personali



Sullo stesso tema


16 maggio 2023

DAL GIARDINO ALL’INFERNO

Oreste Pivetta



19 marzo 2021

L’ULTIMO TRENO

Dario Balotta









21 febbraio 2021

I NON-LUOGHI DEL CORONAVIRUS

Cristina Bellon



11 febbraio 2021

ATTUALITÀ DI UN MODELLO URBANO

Michele Caja


Ultimi commenti