8 giugno 2009

LA FATICA DELLE FAMIGLIE MILANESI A FINE MESE


Finalmente dopo anni di dissertazioni, discussioni, veti e controveti il Parlamento ha emanato la legge di riforma del federalismo regionale e relativa riforma fiscale. Riforme essenziali per il bene del Paese, per le quali la Commissione Diocesana Milanese di Giustizia e Pace già nel lontano 1996, con notevole lungimiranza, proponeva i seguenti suggerimenti: – superare un atteggiamento emotivo e rabbioso che confonde il federalismo con una rivendicazione gretta e localista, che nulla ha a che fare con i principi di sussidiarietà, indipendenza e solidarietà; – sviluppare una politica economica-sociale che vede nel regional-federalismo un importante mezzo di partecipazione e di efficienza; – realizzare con queste riforme una più completa forma di democrazia partecipata. Infatti il concetto base e l’obiettivo finale del federalismo fiscale non ha al primo posto, come sembrerebbe dal dibattito politico corrente, l’esigenza di mantenere sul territorio il maggior volume possibile delle imposte, ma il bisogno di attribuire maggior efficienza alla produzione di servizi pubblici locali, realizzando solo quelli per i quali la maggioranza dei cittadini è disposta a pagare le tasse.

Tutto questo ragionamento è in totale contrasto con la riforma fiscale del 1971/72 che ha accentrato nelle mani dello Stato tutto il potere tributario, privando di autonomia fiscale gli enti locali (partendo dai Comuni e poi le Province e le Regioni) divenuti di fatto centri di spesa finanziata dallo Stato, purtroppo in modo così inefficiente da comportare negli anni il ricorso sempre più crescente all’indebitamento pubblico. Pertanto nell’attuale situazione economica-sociale dell’Italia non solo è importante ridurre le tasse, ma è altrettanto essenziale offrire a livello comunale, provinciale e regionale servizi pubblici sempre più efficienti ed economicamente favorevoli, specialmente per le famiglie e i cittadini con minor potere d’acquisto dei propri salari e redditi. Una considerazione questa che è indicata anche da Bonanni, Segretario Generale della CISL, che lo scorso anno affermava ” La politica dei redditi si fa a partire dai territori con una concertazione sui contenuti della spesa locale, sulle tariffe, sui prezzi e sulla pressione fiscale in stretto collegamento alla promozione generalizzata del secondo livello contrattuale aziendale e territoriale”.

A mio avviso sarà proprio la realizzazione del federalismo regionale, che lasciando autonomia fiscale agli Enti locali, darà a Comuni, Province e Regioni la possibilità di sanare a livello locale tante disuguaglianze e i relativi problemi sociali. Un esempio eclatante è dato dal fatto che con quasi tremila euro di spese mensili, il 16% in più della media delle regioni italiane, le famiglie milanesi sono quelle che faticano di più per arrivare alla fine del mese. Inoltre Milano stessa vive al proprio interno fortissime contraddizioni e contrasti socio-economici, che sono stati scientificamente comprovati da uno studio realizzato nel 2003 dall’Ufficio Statistico del Comune di Milano, in collaborazione con la Camera di Commercio e l’Agenzia delle Entrate.

Riporto qui a grandi linee l’aggiornamento al 2007 della suddetta ricerca (quindi al netto degli effetti dell’attuale crisi finanziaria internazionale) svolto sempre dalla Camera di Commercio milanese e pubblicato su “Conquiste del Lavoro da F. Gagliardi”: – alcune differenze che segnano Milano sono date dalla capacità di spesa media tra centro e periferia (€ 4.000. e € 2.500.), tra dirigenti e operai (€ 4.300. e € 1.800.) e tra le 60.000 famiglie povere che possono spendere solo € 891 il mese e i 60.000 i più ricchi che superano gli 11.000 euro; – suddividendo la spesa per zona, i consumi medi per famiglia sono di € 4.099 in centro, € 3.112 in semicentro e € 2.597 in periferia e il 19% degli intervistati in centro dichiara di avere un reddito familiare di oltre 60mila euro, contro il 13% del semicentro e il 4% della periferia; – chi vive solo spende in media € 1.954, una coppia € 3.123, una famiglia di tre persone € 3.474 di quattro persone € 4.047 di cinque persone e più € 4.597. Nello stesso tempo un interessante articolo, sul Giornale del 18 maggio 2008, denunciava che nel 2005 fra il 48,8% dei presentatori nella città di Milano del Modello Unico, il 32% è rappresentato da lavoratori autonomi che dichiarava un reddito annuo lordo inferire a € 15.000.=, nello stesso tempo a Milano sono state immatricolate ben 19.300 auto di lusso, fuoristrada e sportive a fronte di solo 1.635 (lo 0,17% del totale dei contribuenti) con reddito superiore ai € 500.000.

Dati questi che mettono in risalto l’esigenza di ricercare a livello innanzitutto comunale un nuovo modello di prelievo fiscale legato al costo della vita, alla capacità d’acquisto del reddito, ma soprattutto al tenore di vita, al livello di vita di ogni cittadino. Pertanto sarebbe interessante ragionare sui seguenti suggerimenti: – istituire un tributo comunale unico che elimini assorbendole tutte le tasse, imposte e tariffe attuali, rivisitando la vecchia “Imposta Comunale sulla Famiglia”, valutando cioè con efficacia il livello e tenore di vita di ogni singolo e famiglia milanese, partendo dal 730/Mod. Unico, dai beni immobili e mobili, dall’ubicazione delle abitazioni i cui valori variano da quartiere a quartiere, dalla composizione della famiglia, dai beni di consumo posseduti (auto, barche, ecc. (un perfezionamento dell’attuale ISEE); – solo in base ai dati assunti al punto precedente, che rappresentano la reale capacità contributiva del cittadino-utente, si potrà desumere con maggior certezza la sua capacità di compartecipazione economica non solo al miglioramento di tutti i servizi pubblici, ma anche per ridurre sensibilmente gli oneri a quanti richiedono i servizi pubblici quali l’utilizzo di asili, mense scolastiche, contributi sociali, ecc.; – rendere più qualificato ed efficiente il servizio comunale per la lotta all’evasione fiscale, specialmente per quanto attiene il settore edilizio con un serio aggiornamento del catasto comunale.

Penso che solo seguendo questi obiettivi si potrà passare dal cittadino-cliente dei servizi comunali al cittadino che conosce-decide-controlla partecipando attivamente alla vita della sua città e del Paese.

Giovanni Agnesi

 

 

 


 



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