9 giugno 2009

EXPO: IL GRANDE MURO DI GOMMA


Duole ma è necessario tornare sul tema dell’Expo che sta per abbattersi su Milano. Abbiamo già scritto sulle pagine di questo magazine di quanto sia inutile opporsi a un progetto che i milanesi non conoscono, soprattutto per gli effetti deleteri che la manifestazione avrà sul territorio. Non solo non sanno i cittadini – perché non sono stati adeguatamene informati – ma nemmeno quel manipolo di attenti professionisti che al progetto Expo, per quanto che è dato loro sapere, si oppongono con il potere e le energie che hanno a disposizione.

Bisognerebbe sapere di più sulla natura, gli scopi e gli obiettivi di questo fantomatico BIE, la cui sede è a Parigi e sul cui sito internet non compaiono né lo statuto né le finalità, né naturalmente i membri che la compongono e dirigono. Insomma, chi sono questi commissari che interloquiscono col nostro sindaco? quali siano le loro aspettative, e soprattutto come il BIE trovi i propri finanziamenti? sono le sfortunate città vincitrici che verseranno o versano una sorta di obolo a manifestazione conclusa? Sembrerebbe logico pensarlo e saperlo.

Evidentemente ci troviamo di fronte ad un dialogo a due: la nostra amministrazione pubblica, locale e nazionale, e questo fantomatico Bureau, che in qualche modo detta regole precise alle quali ci si deve adeguare. Allora, niente Expo diffusa – una scelta imposta del luogo della manifestazione – e rispetto, per quanto possibile, delle promesse fatte dall’Italia nell’ormai celeberrimo dossier di presentazione.

Appare evidente, come ho già sottolineato, che i rapporti tra Italia e BIE sono regolati da una sorta di contratto o dichiarazione d’intenti legalmente vincolante, che prevede da parte del nostro paese obblighi, tempi e modi. Durante l’incontro con il nostro sindaco, che è stato cortesemente invitato a presentarsi a Parigi, il BIE ha preteso (giustamente) una descrizione dell’andamento dei lavori. Immagino che il sindaco Moratti avrà stancamente ripetuto che siamo riusciti addirittura a siglare degli accordi – ne ignoriamo i dettagli – nientepopodimeno che con la Mongolia, assestando poi – nella campagna elettorale – un colpo vigliacco a Penati, reo di aver nella pratica ostacolato l’evento.

Bel colpo. Ignoro come la Mongolia, senza voler togliere niente all’onorato paese, possa dar vero lustro al tema dell’Expo, anche considerando – e questo non deve passare inosservato – che gli Stati Uniti, forse il più importante paese nel campo della ricerca scientifica internazionale – sarà assente: il gigante americano si è sottratto prudentemente da paese membro del Bureau Internazionale. Un segnale eloquente?

Il palazzo milanese è di gomma: certo non può ignorare le proposte e le proteste che giungono da più parti dalla città e dalla metropoli, definite dallo stesso tempo e dallo stesso sindaco come “folcloristiche” ma fa finta di niente. Il palazzo riporta come il BIE abbia scelto direttamente il luogo della manifestazione che si dovrà necessariamente svolgere in un’unica sede (ma sarà poi vero, o ci dobbiamo fidare delle parole del sindaco?). Stupisce che questo incontro parigino non sia stato seguito, nei dettagli, nemmeno dalla stampa nazionale.

Vien da chiedersi: quanto i membri del BIE conoscono Milano, le sue questioni, i suoi nodi irrisolti, le sue esigenze reali e urgenti. Di nuovo, se nemmeno il sindaco sembra essere in grado di sentire il cuore di Milano (lei che ci è nata e cresciuta), quanto possono sentirlo i membri della BIE? Perché questo Bureau fantasma deve imporre (sempre a detta del sindaco) delle regole dannose, vincolanti e in parte distruttive nei confronti della nostra città?

Ci troviamo di nuovo di fronte ad un muro di gomma, protetto, a quanto pare dai dettami del BIE e sostenuto con forza alla nostra amministrazione. La maggioranza dei cittadini appare muta e indifferente a questo gioco che si svolge tutt’altro che alla luce del sole; l’amministrazione non ascolta, e sceglie di non ascoltare i cittadini che nutrono fortissime perplessità già di fronte ad un progetto fantasma. I prossimi mesi vedremo lo svolgersi di questa babele, fatta di assegnazioni progettuali ad hoc, di gare d’appalto costruite per favorire alcuni pochi, forti e fortunati, escludendo – come da prassi – le piccole e medie imprese che, non dimentichiamoci, fanno da spina dorsale all’economa locale e nazionale: a loro le briciole e qualche subappalto. Sui fantomatici 70.000 posti di lavoro ho già detto.

E’infine inutile ricordare come i terreni che occuperanno l’Expo, oggi agricoli, cambieranno destinazione d’uso, lasciando qua e là mostruosità architettoniche di varia forma, destinazione e natura: a questo proposito si consiglia di dare un’occhiata al libro presentato a cura dell’Ordine degli Architetti, “Expo dopo Expo” di recente pubblicazione: immagini eloquenti di aree periurbane deserte, in parte completamente abbandonate e fatiscenti, bizzarrie architettoniche di chi, vista l’occasione, non ha resistito alla tentazione di lasciare libero sfogo alle proprie fantasie progettuali più improbabili. Diciamocelo, negli ultimi decenni le Expo hanno forse fatto più danni al paesaggio urbano dai tempi dell’abbandono delle grandi aree industriali dismesse.

Guardare per credere.

Filippo Beltrami Gadola


 



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