23 ottobre 2013

cinema – VERTIGO


cinema_36

VERTIGO (La donna che visse due volte)

di Alfred Hitchcock [USA, 1958, 128′]

con Kim Novak, James Stewart

 

Davanti a ‘Quarto Potere‘. Prima di 2001 di Kubrick e di Sentieri Selvaggi di Ford. Dallo scorso anno, come migliore film della storia del cinema* viene indicato questo capolavoro di Alfred Hitchcock, pellicola classe 1958, restaurata e smagliante nella rimasterizzazione recente, nelle sale milanesi solo per pochi giorni, fino a mercoledì 23.

Film intrigante e avvolgente a partire dalla sequenza optical dei titoli di testa (firmata dal genio delle sequenze di testa fatte di lettering e grafica raffinati, Saul Bass), ma soprattutto a partire dal titolo felice della versione originale, Vertigo, che cento volte vale quello italiano (“La donna che visse due volte“) troppo rivelatore e sbilanciato sul personaggio femminile. Mentre la parola Vertigo porta con sé lo sbandamento fisico e sentimentale, con vera vertigine annessa, vissuto dal protagonista. Vertigine che diventa causa dell’inganno subìto e segno indelebile del senso di colpa che lo perseguita.

Il detective Scottie, segnato dal rimorso per la morte di un collega che non è riuscito a salvare a causa delle vertigini, lasciata la polizia, accetta l’incarico che arriva da un ricco ex compagno di scuola. Questi gli chiede di sorvegliare sua moglie, Madeleine, descritta come depressa con tendenze suicide, ossessionata dal passato. È inevitabile che Scottie si innamori, ricambiato, della bionda Kim Novak, fino al tragico epilogo della passione, quando la donna che doveva proteggere precipita da un campanile con lui inchiodato sulle scale a chiocciola della torre, incapace di vincere il vortice che lo paralizza. Da sopravvissuto alla passione, inquieto e infelice, Scottie incontra per caso Judy, a cui impone una metamorfosi per renderla completamente somigliante all’amante perduta. Un monile aiuterà a dipanare il filo dell’inganno, per un finale da melodramma.

Il film è uno dei più ‘psicanalitici’ di Hitchcock e si snoda in un equilibrio perfetto tra virtuosismi tecnici (movimenti della macchina da presa a 360°, zoom arditi, flashback che entrano con sincronismi perfetti nella narrazione ) e scenari suggestivi di San Francisco e probabili dintorni. Le vicende, paradossali sulla carta, sono rese verosimili dalla faccia comune di James Stewart, in un clima continuamente sospeso tra attesa e dramma. Colonna sonora di Bertrand Hermann, alter ego musicale del regista, da riascoltare tornati a casa dopo il film.

Adele H.

 

* Secondo la classifica stilata dalla rivista inglese ‘Sight & Sound‘ votata da oltre 800 tra critici, accademici, distributori e scrittori.

 

 

questa rubrica è a cura di Anonimi Milanesi

rubriche@arcipelagomilano.org



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