16 ottobre 2013

PD: TRA GIUNTA E PARTITO VOGLIO METTERE IL DITO


Alessandro Alfieri, coordinatore regionale del Pd per la Lombardia, giusto una settimana fa in occasione di una conferenza stampa sulle candidature alla segreteria provinciale ha detto: “Il futuro segretario provinciale dovrà essere in grado di dialogare con la Giunta Pisapia”, “collaborativi ma non supini”. Francamente non capisco o forse capisco troppo.

01editoriale35fbIn parole povere la Giunta Pisapia è una sorta di frutto avvelenato per il Pd: ha rappresentato il fallimento di un’operazione politica passata attraverso le primarie che ha visto il candidato Boeri malamente sostenuto da suo partito, l’auto candidatura di un serio competitore come Giuliano Pisapia che ha saputo raccogliere entusiasmi e consensi vittoriosi e, per finire, il siluramento di Boeri assessore, operazione la cui logica è sfuggita alla maggior parte dei votanti di sinistra.

Quello che ha detto dunque Alfieri avrebbe meritato qualcosa di più di una semplice dichiarazione alla stampa. Tra Pd e Giunta non c’è dialogo? Come dire che sino a ora il principale Partito che la sostiene non riesce, non può, non vuole dialogare con la Giunta? Che cosa lascia supporre che il nuovo segretario provinciale dialogherà più facilmente? Perché sarà più autorevole? Non credo proprio, visto che la designazione del segretario provinciale è curiosamente (rispetto al nazionale) riservata ai soli iscritti, ormai pochini e dunque non rappresentativi di un’eventuale larga base di consenso in città.

Possiamo dire che ormai la confusione regna sovrana, tanto da rimpiangere i vecchi tempi, quelli prima della riforma Bassanini. Allora il meccanismo era semplice e comprensibile: i partiti presentavano i candidati al Consiglio comunale, scelti poi andando alle urne con il sistema delle preferenze, il Consiglio comunale eleggeva sindaco e Giunta. Tutto fu buttato a mare con l’accusa di essere un sistema che non garantiva stabilità alla Giunta e al Sindaco. Era vero.

La riforma ha dato stabilità a un sistema squilibrato nei suoi poteri: dunque rapporti difficili tra partiti e Giunta, rapporti difficili tra Consiglio comunale e Sindaco e tra Consiglio comunale e Giunta e, direi, persino tra Sindaco e Giunta. Meglio o peggio?

A complicare ulteriormente lo scenario arriva il fenomeno delle liste civiche, come la lista arancione di Milano. Cosa sono? Una sorta di araba fenice elettorale, manifestazione visibile, ma non la sola, dell’antipartitismo? “Non siamo un partito né vogliamo fondare un partito”, Umberto Ambrosoli una settima fa. A fasi alterne anch’io sono d’accordo e non sono d’accordo. Ma allora cosa siamo, cosa sono, cosa siete? Me lo domando sempre in particolar modo se rileggo l’articolo 49 della Costituzione che assegna ai partiti il ruolo di soggetti in grado di determinare per conto dei cittadini la politica nazionale. Non è un ruolo assegnato dalla Costituzione esclusivamente ai partiti, è ovvio, perché la stessa Costituzione all’articolo 18 garantisce la libertà di associazione e i partiti per altro sono libere associazioni senza natura giuridica. In ogni caso la legge elettorale non riserva certo solo ai partiti la possibilità di presentare liste e candidati che andranno a costituire le due Camere (per quanto ancora due?), i veri organi in grado di determinare la politica.

La legge elettorale però ha un occhio di riguardo per i partiti: rende solo a loro il percorso elettorale più facile – la raccolta delle firme – e anche qui ci sarebbe un lungo discorso da fare. Quest’architettura istituzionale non è certo fatta per rendere agevole e facilmente visibile da parte dei cittadini la via per determinare la famosa “volontà politica”. Forse anche questa è una delle ragioni del fascino populista degli uomini soli al comando: elezione diretta dell’unto del Signore, facile, comprensibile. Da tempo la contesa sulla Costituzione e le sue modifiche accende gli animi: partendo dal vertice della piramide bisogna rivedere l’architettura istituzionale scendendo fino ai livelli più bassi, quelli vicini ai cittadini.

Per il momento dunque la confusione regna sovrana: iI Pd collabora, gli altri pure.

Luca Beltrami Gadola



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