9 ottobre 2013

UNA RIFORMA DELLE POLITICHE SOCIALI SUBITO SENZA SE E SENZA MA


Dal 2005 al 2012 a oggi il numero delle famiglie in condizione di povertà assoluta (prive cioè delle risorse necessarie a condurre una vita minimamente dignitosa) è raddoppiato, coinvolgendo secondo l’Istat 4.800.000 persone, 1 ogni 12. Fra questi ci sono sempre più giovani e più famiglie in cui c’e’ qualcuno che non lavora. È una delle ricadute sociali allarmanti della crisi, sul complesso delle quali l’Istituto per la ricerca sociale, IRS, ha sviluppato un’analisi e formulato proposte per politiche atte a fronteggiarla.

03ranci34fbA due anni dal convegno che aveva impostato il tema, IRS ha infatti realizzato il 26 settembre, sempre a Milano, un secondo incontro per presentare concrete proposte, “attuali e attuabili”, per la riforma delle politiche e degli interventi sociali. La partecipazione di ben 600 amministratori locali, dirigenti e operatori professionali di organizzazioni e di servizi, provenienti da tutta Italia, evidenzia la gravità dei problemi sociali in atto e l’attesa per proposte organiche di riforma delle corrispondenti politiche che vadano oltre le mere rivendicazioni di maggiori risorse.

Un primo necessario passo è stata la ricostruzione e riaggregazione delle politiche socio assistenziali, mai considerate né riformate nel loro insieme, e della spesa pubblica a esse dedicata, che abbiamo stimata in 67 miliardi di euro, 4,3% del PIL. Una spesa inferiore a quella media europea, che andrebbe quindi aumentata, una spesa che alimenta però anche interventi poco efficaci nel trattare i bisogni sociali e poco equi, a danno soprattutto dei giovani e delle giovani famiglie con figli.

Difficilmente in tempo di crisi si potranno ottenere per questo settore maggiori risorse, data la platea dei bisogni e delle richieste in concorrenza. Per questo proponiamo riforme profonde che possono comunque essere effettuate già con le risorse oggi assorbite dal settore, togliendo così ai conservatori anche il facile alibi della mancanza di risorse aggiuntive.

Le proposte assumono come criteri guida l’universalismo, la selettività sul reddito ove appropriata e necessaria, il riequilibrio tra l’eccesso di erogazioni monetarie e la troppo modesta offerta di servizi, il decentramento delle funzioni e delle risorse a regioni e comuni o associazioni di comuni. Questo perché gli enti locali gestiscono oggi poco più di un decimo di quei 67 miliardi, che per la grandissima parte sono assorbiti da detrazioni fiscali e erogazioni monetarie dell’INPS, con misure rigide, gestite centralmente, senza specifico adattamento alle diverse situazioni di bisogno e quindi nel loro insieme poco efficaci, non integrabili con le azioni locali, pubbliche e private, in piena contraddizione con le strategie di reti territoriali e di comunità solidali sempre più evocate per fronteggiare.

Le riforme messe a punto dall’Irs si concentrano su tre principali politiche, cui sono state dedicate le tre sessioni pomeridiane: il sostegno alle responsabilità familiari, ove si propone di sostituire le attuali detrazioni fiscali (che ignorano gli incapienti) e gli assegni familiari con un assegno unico per le famiglie con figli; il contrasto alla povertà da sviluppare con un reddito minimo di inserimento (abbiamo partecipato al gruppo di esperti costituito sul tema dal ministro Giovannini e dalla viceministro Guerra, che ha prodotto una proposta nei contenuti assai prossima ai nostri, la cui attuazione è condizionata al suo finanziamento in legge di stabilità); il sostegno alla non autosufficienza con una dote di cura sostitutiva delle attuali misure.

Sono proposte impostate su criteri fortemente redistributivi quanto ai beneficiari degli interventi pubblici da privilegiare. Tale scelta è supportata da articolate analisi sui beneficiari delle attuali misure posti a confronto con le famiglie in situazioni di povertà e fragilità sociale. Misurando con il nuovo indicatore, l’Isee, che sta per essere introdotto con validità generale, la situazione economica delle famiglie, si stima che alla metà più ricca delle famiglie affluisca il 37% di tutta la spesa assistenziale nazionale, come pure della parte di questa (17 miliardi) dedicata specificamente a integrare redditi inadeguati, mentre milioni di famiglie in condizioni di grave povertà o di altri gravi bisogni non beneficiano di alcun sostegno.

Noi proponiamo allora di rendere più efficace e più equo il sistema assistenziale rivedendo l’attuale uso delle risorse dedicate, alimentate dalla fiscalità generale, a favore delle famiglie in maggior bisogno, e per misure e interventi definiti in modo appropriato alle situazioni specifiche, e per questo efficaci sul bisogno. Nel corso del convegno, la viceministro Guerra, pur non nascondendo le resistenze e le difficoltà che può incontrare, ha espresso apprezzamento e incoraggiamento per la strategia di riforma proposte, mentre il sindaco Pisapia ha dichiarato: “Il riordino dell’attuale sistema di welfare ha da noi ha assunto una urgenza e una gravità tale da rendere una riforma complessiva ormai non più rimandabile. L’Istituto per la Ricerca Sociale non solo ha indicato nella sua ricerca misure concrete, ma sottolinea il ruolo centrale degli enti locali nella predisposizione e gestione di un nuovo e più efficiente sistema di welfare”. Analogo l’apprezzamento e la volontà di portare avanti l’iniziativa espresso dall’Assessore Majorino.

 

Emanuele Ranci Ortigosa*

*direttore scientifico dell’Irs, direttore responsabile di Prospettive Sociali e Sanitarie

 

Il testo completo della ricerca è pubblicato nel fascicolo 8/10 del 2013 della rivista dell’IRS Prospettive Sociali e Sanitarie, mentre materiali e rassegna stampa sono visibili sul sito dedicato al convegno.

 

 



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