2 ottobre 2013

LE ULTIME PAROLE FAMOSE: CON DELRIO NESSUN RINVIO!


Tutto era cominciato con la lettera di Draghi e Trichet del 5 agosto 2011: “c’è l’esigenza di un forte impegno ad abolire o a fondere alcuni strati amministrativi intermedi (come le Province). Andrebbero rafforzate le azioni mirate a sfruttare le economie di scala nei servizi pubblici locali“. Ma come nel più classico gioco dell’oca tutto rischia di tornare alla casella di partenza. Affondato il decreto Monti dal ricorso corale alla Consulta (“il pozzo”) ora tocca alla bufera conseguente la sentenza della Cassazione (“la prigione”) a spiazzare il coacervo di proposte di legge costituzionale e ordinaria, nonché il decreto legge di ferragosto – rispettivamente sopprimi, svuota e commissaria province (“il labirinto”) – affidate all’improbabile agenda del governo Letta.
03ballabio33FBEppure ancora a luglio il Ministro Del Rio, nell’incontro di Palazzo Isimbardi con sindaci assessori e parlamentari plaudenti, aveva escluso categoricamente rinvii e ulteriori ritardi su tale materia nonché la questione correlata della Città Metropolitana, presa come impegno imminente dopo decenni di inerzie elusioni e scetticismi. Nel frattempo infatti tale annosa questione aveva riacquistato popolarità e apparente consenso spezzando il tabù che prima aveva accompagnato a lungo il cinico realismo politico bypartisan. Tuttavia – dalla produzione legislativa proposta o solo annunciata – non si ricava nulla di concreto, per Milano e dintorni, se non la ridenominazione di quel che resta della Provincia dopo le defezioni di Lodi e di Monza, per altro ridotta a ente di secondo livello ovvero doppiamente inutile.

Naturalmente anche il Sindaco di Milano verrebbe rinominato “Sindaco Metropolitano”! Se circa un anno fa, all’epoca degli sfortunati tentativi del governo Monti all’insegna della spending review, mi ero permesso di citare “se ora il gattopardo ci lasciasse lo zampino” (ArcipelagoMilano, 5/9/2012) ora mi devo ricredere: il mitico felino non può che leccarsi i baffi! Occorrerebbe allora rovesciare il discorso. Abbandonare il ginepraio istituzional-normativo e affrontare i nodi politici che hanno sinora impedito di affrontare seriamente la questione. Prendere il toro per le corna anziché continuare a menare il can per l’aia (con tutto il rispetto per questi altrettanto simpatici animali). Provo a indicarne tre: la città metropolitana dov’è? Che fa? Chi manda a casa?

Primo. Lo stesso ddl costituzionale annunciato da Letta, pur togliendogli titolo dall’art. 114 gli attribuisce comunque rilievo in quanto “ente di governo delle aree metropolitane”. Allora in primo luogo occorre stabilire dove inizia e dove finisce la nostra, tenuto conto che la geometria elementare definisce “area” la misura dell’estensione di una superficie delimitata da un perimetro. Allora se si vuole evitare il ridicolo di postare il confine nord tra Sesto Cinisello e Cologno occorre parlar chiaro a monzesi e brianzoli (almeno quelli del sud) con un esplicito invito a rimediare alla fallimentare secessione in cambio di un nuovo atteggiamento di attenzione e considerazione, superando il “milanocentrismo” del passato, deleterio per tutta la Lombardia centrale, l’hinterland e le stesse periferie cittadine. Per altro va notato l’interesse manifestato da alcune città della fascia inferiore della provincia di Varese ad aderire alla realtà metropolitana, abbandonando ventilate e velleitarie ipotesi di scorporare una cosiddetta “provincia del Seprio”!

Secondo. Per evitare di creare un ennesimo carrozzone occorre che il nuovo ente abbia autorevolezza e poteri effettivi, sovraordinati rispetto ai comuni. Pertanto necessitano due condizioni. L’una che gli organi politici, per quanto snelli e ristretti, siano elettivi in primo grado. Altrimenti derivando dai comuni ne resteranno subordinati, e la fatale “autonomia” sopravviverà a improbabili “coordinamenti” perpetuando l’anarchia degli insediamenti, degli investimenti e dei servizi. L’altra che i comuni consentano a una “cessione di sovranità” in poche ma decisive materie (territorio e infrastrutture, ambiente, mobilità), riservandosi tuttavia le complete competenze in tutte la altre, dai servizi alla persona alla conservazione del patrimonio, ecc.

Terzo. La città metropolitana deve non solo abolire le province che insistono nella relativa area, ma anche tendenzialmente superare lo stesso Comune capoluogo, da decentrarsi finalmente in singole municipalità, dotate di organi politici esecutivi nonché di propri bilanci e dotazioni di personale e strumenti, in modo del tutto analogo alle medie città dell’hinterland. Smontare il verticismo e il gigantismo non può che giovare alla mega-struttura burocratica, alimentando forme di flessibilità organizzativa, partecipazione e controllo dal basso; per quanto tale processo debba contrastare prevedibili resistenze e chiusure corporative.

Dunque o si ha il coraggio e la forza politica di sciogliere questi nodi (il salto dell’oca!) o meglio lasciar perdere, evitare che la “questione metropolitana” si trascini ulteriormente o produca pasticci e disillusioni; e intanto risparmiare costose consulenze, studi e incarichi dirigenziali impotenti a colmare con i “siti” e con le carte il fatale vuoto politico. E insieme rassegnarsi al declino di Milano e della Lombardia, come documentato ancora di recente, rispetto alle altre regioni e realtà metropolitane europee.

 

Valentino Ballabio

 

 

L’area è la misura dell’estensione di una superficie porzione di superficie delimitata da un perimetro

 

 



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