1 ottobre 2013

musica – LA STAGIONE RICOMINCIA


 

La stagione ricomincia

Oggi, specialmente nel mondo dei concertisti provenienti dal vicino o lontano Oriente (dalla Russia al Giappone), è più facile ascoltare giovani dotati di raffinatissima tecnica, capaci di sorprenderci con la loro sicurezza e apparente perfezione, e di doverci invece lamentare per l’aridità e per l’assenza di spessore interpretativo, perché “suonano benissimo ma non sanno o non capiscono altrettanto bene quello che suonano“.

musica33FBL’altra sera all’Auditorium il pianista barese Benedetto Lupo ci ha colpito in modo radicalmente opposto; accompagnato dalla Verdi – anzi da “laVerdi” – diretta da Gaetano D’Espinosa, ha eseguito il difficilissimo primo Concerto per pianoforte e orchestra in fa diesis minore di Sergei Rachmaninov che – come si sa – è l’opera numero 1 del compositore-pianista, scritta nel 1891 quando aveva solo 18 anni e viveva ancora in Russia, ma profondamente revisionata dallo stesso autore poco prima di abbandonare il proprio paese, nel fatidico 1917, per diventare cittadino del mondo occidentale.

Lupo ha sorpreso sia per tante felici intuizioni e per l’effervescenza con le quali ha affrontato le complesse pagine della partitura, sia per come volava letteralmente sopra di esse interpretandone la giovanile freschezza; se qualche cosa non ha funzionato a dovere è stata piuttosto la precisione e la pulizia delle note, peraltro vertiginose e improbe e per questo non frequentemente eseguite. Molto belli e appropriati i due bis – Skrjabin (che fu compagno di scuola e amico carissimo di Rachmaninov) e Schumann (il grande ispiratore di entrambi, eseguito forse con un eccesso di enfasi romantica) – che hanno ricreato gli ascoltatori dopo il tumultuoso e tormentato concerto.

Segnaliamo peraltro che laVerdi si accinge a eseguire, in questa stagione appena iniziata, l’integrale dei quattro Concerti per pianoforte e orchestra di Rachmaninov e li fa anticipare da conferenze introduttive di Enzo Beacco, lo stesso musicologo che scrive i magnifici programmi di sala; molti di noi ricordano le esegesi di Beacco sui programmi della società del Quartetto e qualche anno fa – quando egli interruppe quella collaborazione – se ne sentirono orfani. Con grande gioia dunque li abbiamo visti ricomparire sui programmi de laVerdi. È un mestiere, quello di scrivere i programmi di sala, al quale non diamo adeguata importanza; ma pensando a quanto queste letture dell’ultimo minuto prima del concerto – se stilate come vere note critiche o storiche e se contengono utili spunti di riflessione – ci aiutano a concentrarci sulla musica che stiamo per ascoltare, non possiamo non nutrire una profonda gratitudine verso i loro estensori. Il problema è che spesso non sono all’altezza delle nostre aspettative. Nel caso di Beacco non possiamo che raccomandarne la lettura e suggerire di non perdere le sue belle conferenze introduttive prima del concerto nel ridotto del teatro.

Un discorso a parte va fatto sulla “forma” dell’orchestra Verdi e sul direttore Gaetano D’Espinosa. Quando questo trentacinquenne direttore siciliano apparve a Milano, a laVerdi, proveniente da Dresda dove era Konzertmeister alla Staatskapelle, ne dicemmo molto bene, ci sembrava l’eccezione che confermava la regola per cui “è difficile e raro riuscire a passare con successo dalle fila dell’orchestra al podio“. Poi qualcosa è cambiato, in lui è intervenuta una sorta di eccesso di sicurezza e conseguentemente un calo di tensione e di profondità.

Nel concerto di cui parliamo, oltre ad avere accompagnato Lupo in Rachmaninov senza brillare né in precisione né tantomeno in intensità, ci ha offerto prima una scialba lettura della Notte sul Monte Calvo di Musorgskij – si sarebbe detto poco preparata – poi una interpretazione un po’ più vibrante ma non del tutto convincente dei “Quadri di una esposizione” (Musorgkij-Ravel). Possiamo però immaginare che l’orchestra fosse un po’ stremata dai recenti e gravosi impegni, in Italia e fuori d’Italia, peraltro con grandissimi successi, ovunque e meritatamente ottenuti.

Peccato, perché il programma – come avrete compreso – era intelligente e succulento, di grandissima godibilità, e forse aveva solo bisogno di qualche ora di prova in più. Ma questo, come si sa, è un male di questa epoca, largamente diffuso e difficilmente guaribile.

questa rubrica è a cura di Paolo Viola

rubriche@arcipelagomilano.org



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