11 settembre 2013

UN BAMBINO, UN MAESTRO, UNA PENNA E UN LIBRO POSSONO CAMBIARE IL MONDO


Nel 2009 Malala, nata a Mingora nella valle pakistana dello Swat, ha conquistato notorietà con il suo diario per la BBC, in cui denunciava i soprusi della dittatura talebana: bambine costrette a nascondere i libri sotto i veli, scuole femminili bruciate e rase al suolo, diritto all’istruzione negato. Malala ha portato avanti con determinazione la sua battaglia per il diritto allo studio delle ragazze, appoggiata anche dal padre, preside di una scuola locale.

bramante_30_bColpita a morte dai talebani mentre stava salendo sullo scuolabus, perché volevano mettere a tacere questo giovane simbolo dell’istruzione per tutte le ragazze pakistane, è stata operata in un ospedale britannico e per lei si è mobilitato il mondo: l’ONU ha lanciato una petizione per Malala e per chiedere più diritti per le bambine, primo fra tutti il diritto allo studio. L’inviato dell’Onu per l’istruzione globale, Gordon Brown, e il segretario generale dell’Onu, Ban Ki Moon, hanno consegnato personalmente la petizione al presidente pakistano, a testimonianza della solidarietà globale con la giovane attivista.

Secondo l’autorevole opinione di Brown e Ban Ki Moon è arrivato il momento di mettere l’istruzione al primo posto, di garantire a ogni bambino il diritto di andare a scuola, perché soltanto l’istruzione può interrompere il ciclo della povertà e può garantire migliori condizioni di salute e prospettive di lavoro. Ban Ki Moon ha vissuto in prima persona l’esperienza di crescere in una società dilaniata dalla guerra e dalla povertà. Le scuole in Corea erano state distrutte, si studiava all’aperto, ma molte istituzioni internazionali fornivano libri e materiale scolastico: lo stomaco vuoto non ha fame soltanto di cibo, ma anche di cultura.

Malala oggi è guarita ed è stata invitata a luglio a celebrare il suo sedicesimo compleanno proprio nel palazzo di Vetro dell’ONU. Il volto circondato dallo scialle rosa appartenuto a Benazir Bhutto, leader dell’opposizione pachistana uccisa in un attentato nel 2007: è un onore per lei indossare questo scialle e lo indossa a testa alta. La prima parola pronunciata da Malala è di ringraziamento: “non so che cosa si aspettino le persone da me, ma innanzitutto ‘grazie! I proiettili non mi hanno fatta tacere e ora sono qui a reclamare il diritto di vivere in pace, il diritto all’eguaglianza di opportunità e il diritto all’istruzione“. Poi i ringraziamenti a tutti coloro che l’hanno sostenuta e per primi ai leader internazionali che incoraggiano un’azione planetaria per l’istruzione e che hanno creduto nel suo sogno: “i talebani non mi ridurranno mai al silenzio e non uccideranno i miei sogni“. E una spiegazione lucida ed efficace di che cosa fa paura a chi ostacola il diritto all’istruzione per tutti: “il potere dell’istruzione, il potere della voce delle donne, il cambiamento e l’uguaglianza all’interno della nostra società“.

57 milioni di bambini al mondo non hanno accesso all’istruzione. Malala a soli sedici anni si è fatta portavoce di tutti coloro che non possono far sentire la propria voce e ha lanciato un vibrante appello per l’istruzione obbligatoria e gratuita per tutti i bambini e le bambine del mondo, per l’immediato stop allo sfruttamento di bambini nei luoghi di lavoro, al traffico di minori e al loro reclutamento in gruppi armati. “Capiamo l’importanza della luce quando vediamo l’oscurità, della voce quando veniamo messi a tacere. Allo stesso modo nel Pakistan abbiamo capito l’importanza di penne e libri quando abbiamo visto le pistole. La penna è più forte della spada e gli estremisti hanno e avevano paura di libri e penne“.

Quella di Malala che ha reclamato ad alta voce il diritto all’istruzione è per tutti noi la prima lezione per quest’anno scolastico.

 

 

Rita Bramante



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