4 settembre 2013

A PROPOSITO DI INFRASTRUTTURE: IL PONTE SULLA DRINA DI MILANO


Sul Corriere di domenica 7 luglio nelle pagine di “La Lettura” è apparsa una interessante intervista al regista serbo, ma nativo di Sarajevo, Emir Kusturica sulla sua intenzione di trasformare in opera lirica la nota opera letteraria “il Ponte sulla Drina” del premio Nobel per la letteratura 1962 Ivo Andric. Opera che si ambienta in Bosnia sotto l’occupazione dell’Impero Ottomano e poi Austro Ungarico.

Il Ponte sulla Drina narra della storia di Visegrad e della costruzione del ponte in pietra, progettato da un architetto Ottomano, che collegava allora e ancor oggi la cittadina di Visegrad in Bosnia con la Serbia. Questo lungo e accurato racconto è una lode alle infrastrutture e in special modo ai ponti, che una volta costruiti nel sito giusto stravolgono favorevolmente i territori che poi collegano, promuovendo l’economia, lo sviluppo, ma anche la convivenza civile; affiancando in questo caso la crescita della città di Visegrad e distribuendo la ricchezza economica su tutti gli strati della popolazione, anche su quelli che non volevano il ponte.

Infatti già allora si formarono gruppi di cittadini contrari alla sua costruzione, persone semplici, non acculturate ma neanche interessate allo sviluppo della loro città e che si accontentavano di una rudimentale e poco sicura zattera per passare da una sponda all’altra della Drina. Essi arrivarono a disfare di notte quello che veniva costruito di giorno fino a che il visir Mehmed Pascià, l’autorità politica che volle il ponte, non dispose un servizio di guardie per poter continuare i lavori senza ritardi.

Il ponte finito, grazie al suo progetto che prevedeva un originale slargo a metà percorso fornito di sedute, diventò il punto di ritrovo dei vari livelli sociali della popolazione a seconda dell’ora della giornata, sostituendo in questa funzione il tradizionale centro di queste città di origine Ottomana, la carsija, fino a passare alla Storia per le epiche vicende che hanno travolto questi territori, tradizionale sede di scontro tra l’Oriente e l’Occidente.

Questa premessa, vero e proprio elogio alle infrastrutture e alle positive trasformazioni dei territori dove vengono insediate, serve a comprendere come qui a Milano i Navigli Grande e Pavese non passeranno alla Storia come la Drina, a causa della cattiva conoscenza del territorio sul quale il Comune avrebbe dovuto avere il compito di assicurare la continuità delle reti stradali esistenti ai due lati dei Navigli, rendendo di fatto la Barona/Ronchetto una zona interclusa.

Eppure fin dal PRG del ’52, ma particolarmente in quello dell’ 80 i progettisti del Piano disegnarono le infrastrutture che dovevano supportare le zone di sviluppo prevalentemente residenziali, e per collegare la Barona/Ronchetto verso nord col Giambellino/Lorenteggio indicarono ben cinque ponti: da piazza delle Milizie a via Santander, da via Bellini a via Santa Rita, da largo Gelsomini a via Parenzo indicata come potenziale quarta circonvallazione, dalla stazione FFS di piazza Tirana a via Martinelli e infine da via Giordani a via Buccinasco. Ebbene di questi ponti è stato costruito e anche di mala grazia quello tra Bellini e Santa Rita (quello più infelice urbanisticamente perché ha bloccato il naturale sviluppo della quarta circonvallazione tra via Parenzo e largo Gelsomini) mentre le FFS hanno da poco realizzato quello tra via Giordani e via Buccinasco, progettato da Aldo Rossi ma non collegato efficacemente alla Barona grazie alla perversa volontà delle amministrazioni milanesi di questi ultimi anni di non realizzare il semplice collegamento via Enna/via Chiodi.

Verso est era previsto un ponte tra viale Famagosta e via Giovanni da Cermenate, fatto e successivamente ampliato, più un altro tra viale Missaglia e l’ospedale San Paolo, non realizzato, ma che sarebbe stato molto importante per collegare le periferie residenziali sud di Barona e Gratosoglio. In pratica oggi dopo il ponte Famagosta/Cermenate non c’è più nessun collegamento tra le zone 5 e 6 fino al comune di Rozzano. Qui non c’è stato un Mhemed Pascià né un valido architetto Ottomano a indicare dove e come dovevano farsi i ponti in modo efficace, ma solo un Comune poco attento sia nella classe politica che quella amministrativa, unite al disinteresse di sub/strutture politiche come i Consigli di Zona e il Parco Sud Milano poco favorevoli per principio alle importanti infrastrutture.

Il risultato è che la Barona/Ronchetto, diventata nel frattempo una piccola down-town con importanti strutture pubbliche utilizzate dall’intera città (Ospedale San Paolo, Polo Universitario IULM, strutture di servizio della Cariplo, intercambio Famagosta, Palestra sede della Nazionale Italiana di ginnastica e oltre tutto accesso viabilistico unico da Milano per il Forum e il centro terziario e commerciale di Milano Fiori ad Assago) resta una zona interclusa e di difficile accesso.

 

Gianni Zenoni

 



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