4 settembre 2013

musica


PARA NO OLVIDAR

Per non dimenticare” … il colpo di stato militare che quarant’anni fa, l’11 settembre del 1973, rovesciò la democrazia in Cile, Milano ha voluto riascoltare la storica band degli Inti Illimani che proprio in questa città scelse di vivere gran parte del proprio esilio; la Verdi li ha invitati per un concerto commemorativo che ha visto sullo stesso palcoscenico, insieme all’orchestra sinfonica, la band cilena e il coro “Cantosospeso” del brasiliano Martinho Lutero.

Andiamo con ordine: l’orchestra era quella di sempre, la magnifica Orchestra Verdi diretta da Marcello Bufalini, che per l’occasione si è generosamente prodigata con una evidente e forte partecipazione emotiva; Cantosospeso è uno dei quattro cori creati dal compositore brasiliano dal nome tanto impegnativo per “diffondere la pratica corale come esercizio di convivenza sociale” e che lo ha così chiamato in onore della nota opera (1956) di Luigi Nono che a Venezia gli fu maestro per molti anni; la band cilena, per chi non la ricordi, è un gruppo di sette/otto musicisti (di cui solo tre appartenenti alla compagine iniziale) che suonano una ventina di strumenti (pianoforte, violino, sax, clarinetto, flauto traverso, ottavino, arpa, chitarra, fisarmonica e poi tiple, dulcimer, quena, charango, cuatro, sicus, cajón, congas, bombo, guitarrón, rullante e percussioni) massimi specialisti di musica popolare andina.

Il Cile, quello straordinario paese lungo e stretto schiacciato fra la Cordigliera delle Ande e l’Oceano Pacifico, era rappresentato, oltre che dai musicisti, da Carolina Tohà sindaco di Santiago e testimone d’eccezione per essere la figlia di una celebre vittima del regime di Pinochet, per essere stata uno dei fondatori del “Partido por la Democracia” di cui è ora presidente, per aver fatto parte del governo Bachelet, e dunque con una storia di grande spessore politico e culturale.

Non avevamo mai visto la bella sala dell’Auditorium così gremita di popolo festante; a dispetto della severa presenza dei Vigili del Fuoco – che per l’occasione hanno manifestato il massimo della tolleranza loro consentita – vi erano persino molte persone in piedi e tanti non sono riusciti a trovare posto al botteghino. Dunque una grande festa di popolo e di musica, soprattutto un affettuoso amarcord di un’epoca in cui si guardava al futuro con speranza e persino con un po’ di fiducia e di ottimismo.

E a proposito di futuro e di ottimismo non possiamo fare a meno – scusandoci per questa fuoriuscita dal seminato – di riferire la potente denuncia della dottoressa Tohà (laurea a Milano in Scienze Politiche, specializzazione nelle problematiche della povertà sociale e della modernizzazione dello stato) che ha apertamente accusato le sinistre di tutto il mondo di aver accumulato un macroscopico deficit di progettualità e di propositività da contrapporre allo strapotere del capitalismo selvaggio. Chapeau!

Dal punto di vista musicale, a parte la bravura di tutti gli interpreti, il concerto non ha dato grandi soddisfazioni: gli arrangiamenti per band, orchestra sinfonica e coro della bella e amata musica degli Inti Illimani non sono certamente la migliore rappresentazione dell’antica cultura andina. D’altronde, più che a un pubblico di filologi e di musicisti, la serata era dedicata agli amanti del folclore sudamericano, sopratutto per quella sua grande capacità di rappresentare le aspirazioni popolari; dunque un’atmosfera perfetta e un enorme successo. Giustamente.

* * *

Il Senatore Abbado – Mentre andiamo in macchina (si fa per dire) Giorgio Napolitano eleva al rango di Senatore della Repubblica Claudio Abbado, famoso non solo per le sue straordinarie interpretazioni musicali ma anche per essere un introverso e amare l’understatement: quando si presenta ai colleghi di una nuova compagine orchestrale le prime parole che dice sono sempre “ich bin Claudio, kein Titel“!

Dunque a prima vista si direbbe l’uomo meno adatto del mondo a quegli scranni di Palazzo Giustiniani, così pomposi e così mal frequentati (dovrà sedere fra Calderoli e Scilipoti oppure avrà la fortuna di stare fra Berlusconi e la Mussolini?). Ma noi siamo convinti che se – come gli auguriamo di tutto cuore – sarà sorretto dalle necessarie energie, con la forza con cui ha vinto la malattia, con l’autorevolezza che è di fatto il suo mestiere, e con l’intransigenza che è propria della sua professionalità, riuscirà a fare molto per innalzare il livello delle nostre istituzioni.

Dunque complimenti e auguri, caro Claudio, fatti coraggio e vinci anche da senatore.

 

questa rubrica è a cura di Paolo Viola

rubriche@arcipelagomilano.org



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