24 luglio 2013

TEATRO DAL CARCERE: UNA STRADA GIUSTA


Nello splendido cortile di Palazzo Isimbardi abbiamo visto accolta la nostra proposta e potuto assistere a un intenso reading teatrale aperto a tutti: grandissima partecipazione! L’opera tratta da “La casa di Bernarda Alba”, ultimo dramma del poeta spagnolo Garcia Lorca rispecchia, come testimonia una delle attrici, la vita delle detenute in carcere, protagoniste di questo struggente brano nell’ambito del progetto “teatro dentro e fuori San Vittore”.

demarchi28FBUna madre, Bernarda Alba, finge di voler proteggere le proprie figlie dalle passioni, dall’amore, ma i suoi modi somigliano più alla sentenza di un giudice, infatti le ragazze sono condannate, dopo la morte del marito di Bernarda, a vivere i sette anni di lutto segregate nella loro stessa casa. Le figlie vengono sorvegliate, controllate e represse proprio come in un luogo di reclusione. E le detenute si trovano a interpretare una storia di donne recluse e costrette ad abbassare lo sguardo davanti alla madre padrona, una storia ambientata in un’unica stanza e in tempo ristretto, così come la loro realtà che le vede sempre nello stesso piccolo spazio in un tempo che non passa mai.

Dopo lo spettacolo abbiamo potuto chiacchierare con le attrici, sentire le loro emozioni e testimonianze, nel rispondere alle domande di un pubblico visibilmente colpito dal ruolo emotivamente fortissimo di questo spettacolo e dall’intensa bravura delle attrici: “più recitavo più avvertivo una forza interiore, consapevole di dove ero, ma con la forza di voler trasmettere agli altri che un errore non può cambiare quello che tu sei e quello che vorrai essere al di fuori di quelle mura” oppure “ero terrorizzata anche alla sola idea di apparire e mi coprivo il volto con un velo e non avevo un filo di voce, ma poi c’è stata la magia del teatro” e “fatico nella lingua italiana ma ho trovato un’armonia profonda e tanta generosità tra le mie compagne, sono orgogliosa del risultato“.

Insomma parlavamo con donne normali e splendide attrici che vivono una condizione di esclusione sociale. Certo chi ha sbagliato deve pagare, ma deve anche poter sperare di cambiare. E proprio sulla costruzione di questa speranza abbiamo potuto toccare con mano il valore del laboratorio teatrale in carcere come trattamento rieducativo e di crescita, in un luogo dove anche la dilatazione del tempo che non passa mai spesso ti impedisce di pensare a un futuro migliore: Teatro come spazio di libertà in un luogo di reclusione. “Attività teatrale che ti impone il rispetto delle regole e ti fa riflettere sul senso della disciplina, perché anche quando non te la senti devi provare e devi metterci la testa“. Facendo esperienze diverse si possono scegliere vite diverse, vite migliori, trovare alternative, a volte anche poco conosciute.

La professionalità e la sensibilità della regista, Donatella Massimilla, hanno trasformato il carcere in un luogo di cultura e socialità e tutte le erano grate per l’occasione di percorso entusiasmante e formativo di cui lo spettacolo è solo l’ultimo gradino. Il lavoro del laboratorio permette di ricostruire la propria vita partendo da sé, perché la carcerazione non deve gravare tutta la vita sui condannati: è importante che dopo aver scontato la pena, come dice la nostra Costituzione, ci sia la possibilità di reinserirsi e grazie al lavoro di professionisti e volontari e ai diversi progetti, il teatro è uno di questi, è patrimonio ormai consolidato del trattamento rieducativo. Tra le attrici c’erano anche ex detenute che continuano l’attività teatrale in varie forme e anche questa opportunità lavorativa è un grande risultato, perché imparare un mestiere in carcere o trovare la propria attitudine è fondamentale per essere attrezzati quando si avrà scontata la pena e poter uscire avendo una preparazione e la voglia di realizzare un desiderio.

La casa circondariale ha la caratteristica di ospitare arrestati in attesa di giudizio di primo e secondo grado e questa situazione di attesa di sentenza certo non favorisce il lavoro teatrale con le detenute e spesso rende difficile la continuità di un gruppo, però dentro a San Vittore c’è anche il reparto penale per le donne con condanna definitiva: sono soprattutto queste ultime che partecipano al laboratorio, e una delle attrici ci ha sorpresi dicendoci che molte delle interpreti non potevano uscire da anni e questa era stata un’occasione straordinaria anche per vedere persone che da tempo non incontravano più!

Certo lo spettacolo fuori dal carcere non è che una piccola azione di scambio e di incontro che modifica per un tempo brevissimo la vita delle detenute, ma è sicuramente un’occasione importante per cambiare noi, il nostro approccio di fronte a un tema tanto delicato quanto quello della detenzione. Abbiamo superato l’indifferenza grazie al ponte tra dentro e fuori creato dalla messa in scena dello spettacolo all’aperto nel suggestivo cortile milanese di corso Monforte, spettacolo che ha trasformato il luogo e le persone.

Uno scambio che si è intessuto grazie a Fabrizia Berneschi, la Garante provinciale dei diritti dei detenuti, a partire dall’8 marzo, con un piccolo ma simbolico gesto le consigliere e i consiglieri provinciali hanno esaudito un desiderio portando in dono degli stendibiancheria e avuto modo di assistere a una lettura scenica del laboratorio teatrale: è stato l’esordio di una relazione di rispetto e simpatia personale. Dopo aver assistito in aprile alla rappresentazione di “Bernarda Alba” nelle mura del carcere, insieme a Gabriella Achilli abbiamo proposto di realizzarne una messa in scena nel cortile di Palazzo Isimbardi. La risposta del Presidente e del Consiglio è stata immediatamente positiva, tutti concordi nel ritenere quest’occasione parte di un percorso virtuoso in cui è fondamentale la continuità nel rapporto con l’Amministrazione penitenziaria.

Il teatro e la cultura possono cambiare e migliorare le persone e la nostra vita, non dimenticarci dei detenuti e delle detenute e sostenere la diffusione di queste rappresentazioni per dare loro l’opportunità di essere viste e per sensibilizzare l’opinione pubblica fa parte del rapporto tra istituzioni e cittadini, perciò chiediamo a tutti i livelli istituzionali che continuino queste esperienze di emozione e riflessione importanti per il progresso della nostra società.

 

Diana De Marchi



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