24 luglio 2013

sipario


 

FESTIVAL DI EDIMBURGO

Se avete voglia di teatro e volete scappare dal caldo italiano il Festival di Edimburgo è la meta ideale. Quest’anno il Festival Internazionale – cioè quello “ufficiale” – propone fra le altre cose un’interessante personale su Samuel Beckett, all’interno della quale vengono messe in scena alcune sue opere considerate minori o non necessariamente pensate in origine per il teatro, come I’ll go on, First love, Eh Joe e All that fall.

Ma la parte più interessante della manifestazione è il festival off, il Fringe, che con gli anni è diventato la vera attrazione perché, a parte il fatto che i prezzi sono decisamente più accessibili, offre la possibilità di vedere davvero di tutto e dappertutto. Informarsi prima richiede un impegno e un’attenzione spropositati quindi, a meno che non ci siano compagnie o testi che conoscete già e non volete perdervi, il consiglio è quello di lasciarvi trasportare. Certo, un po’ di organizzazione ci vuole, ma può essere fatta alla giornata, recandosi alla mattina all’ufficio centrale del festival, dove potete acquistare biglietti e dove centinaia di performers proveranno a convincervi ad andare a vedere il loro spettacolo: lasciatevi convincere. Non è la qualità il criterio con il quale bisogna approcciarsi a un’esperienza del genere, ma la quantità, intesa come possibilità unica di vedere in continuità le più disparate e lontane forme di rappresentazione dal vivo.

Consiglio di stare chiusi quattro o cinque ore in uno dei tanti teatri sotterranei ricavati dalle discoteche e vedere tre o quattro spettacoli in fila (alcuni di questi sono gratuiti o a offerta libera) e perdere completamente il senso del tempo, poi magari spostatevi in un quegli uffici o case private che allestiscono recite (di solito monologhi) per un massimo di dieci persone (in questo caso prenotare alla mattina è fondamentale, invece) e infine concludete la serata in uno dei tantissimi pub improvvisati all’aperto o dentro edifici che, evidentemente, durante l’anno hanno un’altra funzione.

Per quanto riguarda la comprensione linguistica le possibilità sono molteplici e spesso non immaginabili prima di essersi seduti in platea (o in quella che funge da platea): alcune compagnie di giovani neo-diplomati o diplomandi nelle accademie parlano un inglese accademico che vi permette – con una conoscenza minima della lingua – di seguire quasi tutti i dialoghi; al contrario invece certe battute o giochi di parole delle stand up comedy non le potete proprio capire, se non siete anglosassoni o non vivete in UK da un po’. In generale però, quando il teatro è fatto bene – come ci insegna Dario Fo – la lingua non è mai uno scoglio e in questo caso con un inglese mediocre riuscite ad apprezzare gran parte degli spettacoli.

Certe volte potrebbe capitarvi di non capire alcune battute per motivi culturali, più che linguistici: ricordo che qualche anno fa al Franco Parenti di Milano era in scena Una specie di Alaska di Pinter, in italiano, io ero seduto di fianco a una signora inglese e mi sono accorto che più di una volta solo lei in tutta la sala rideva a certe battute. A fine spettacolo, visto che la conoscevo, le ho chiesto delucidazioni e lei mi ha spiegato – ridendo di nuovo – che per un qualche motivo, che io non ho comunque capito, il fatto che un ragazzo avesse i capelli rossi poteva far molto ridere, in UK, e che Pinter l’aveva scritto apposta. A Edimburgo mi è capitato invece di assistere a uno spettacolo sul fascismo e a un certo punto, quando il personaggio che interpretava Mussolini ha detto qualcosa del tipo: “per forza mi è andata male, Hitler aveva i tedeschi, Stalin aveva i Russi, mentre io avevo…” pausa, “gli italiani”, tutte le trecento persone stipate in quel capannone adibito a teatro sono scoppiate in una fragorosa risata; tutte tranne me e un mio amico italiano, che ci siamo guardati e abbiamo detto: “devono avere un’immagine nitida del nostro popolo, e non particolarmente positiva”.

Per tutte le informazioni dettagliate e per il programma del festival visitate il sito www.eif.co.uk

Emanuele Aldrovandi

questa rubrica è a cura di Domenico G. Muscianisi e Emanuele Aldrovandi

rubriche@arcipelagomilano.org



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