17 luglio 2013

PD. A PROPOSITO DI “VISTO DA NORD”


La fase precongressuale del PD è ormai partita e dopo il contributo di Goffredo Bettini pubblicato la scorsa settimana con l’intento di delineare ruolo e compiti del “campo democratico” al di fuori delle logore logiche correntizie ecco la risposta dei bersaniani doc che ricompaiono sulla scena politica dopo la partecipazione dell’ex segretario alla festa democratica di Cornaredo lo scorso fine settimana.

Documento a stretto uso interno intitolato “Visto da nord”, il contributo precongressuale dei bersaniani lombardi si concentra sull’operazione recupero di quella battaglia politica che fu definita, con infelice terminologia, dell’usato sicuro, annunciando propositi di riposizionamento a partire dalla Lombardia dove le recenti vittorie alle elezioni amministrative hanno convinto i nostri che il contesto lombardo possa essere il trampolino di lancio per una futura affermazione a livello politico-nazionale. E come in tutte le operazioni di recupero che si rispettino si sorvola sulle responsabilità e sugli errori di natura tattica e strategica che hanno condotto la “ditta” al clamoroso e infausto esito elettorale di febbraio e alle sciagurate mosse postelettorali: non una parola!

L’uso interno emerge chiaramente non solo dall’evasività dell’abituale elenco di buoni propositi, senza che si prenda mai atto della necessità di una decisa inversione di marcia se si vogliono sciogliere i principali nodi che affliggono da troppo tempo l’azione riformatrice della sinistra e la ripresa del Paese, ma anche dalle conclusioni cui giunge il documento. Infatti dopo aver riconosciuto in camera caritatis “i limiti e le carenze di quanto fino a oggi sviluppato” del progetto politico bersaniano, se ne esalta ancora la “bontà degli intenti”. Ora, o la cecità impedisce di vedere l’inconcludenza politica di un progetto che ha portato alla più grave sconfitta subita dalla sinistra negli ultimi vent’anni oppure costoro sono animati da puro spirito di conservazione, espressione di una fetta di partito che con la segreteria Bersani ha conquistato roccaforti di potere all’interno del Pd.

L’affondo arriva in conclusione quando si afferma la necessità “di combattere derive personalistiche e narcisistiche, per spostare il baricentro dal ‘chi’ al ‘che cosa’, dal voler essere al voler fare”. E così per l’ennesima volta si sceglie la strada dell’attacco personale a Matteo Renzi senza entrare nel merito delle proposte politiche di cui è portatore. E per assicurarsi una chance di vittoria nei congressi territoriali si propone una modifica regolamentare che li sgancino dalla discussione a livello nazionale. Come se la pretesa autonomia dei territori, la loro capacità di coinvolgimento in esperienze peculiari per dare risposte positive ai bisogni locali debba prescindere dalle dinamiche nazionali.

La capacità “di coinvolgere le esperienze del civismo così come le buone pratiche e la cultura di governo di tanti amministratori locali” passa invece attraverso un confronto aperto e bidirezionale, dal locale al nazionale, che sia in grado di recepire e innescare in tutti i livelli le idee e le proposte all’altezza del profondo rinnovamento di cui necessita il campo democratico e in Italia e in Lombardia. Lo sganciamento proposto dai bersaniani doc invece produce l’illusione ottica che esista una “ricetta lombarda (che) possa contribuire di più alla proposta del centrosinistra per il Paese”. E che la recente tornata amministrativa abbia fatto dimenticare chi oggi governa la regione.

 

 

Enrico Borg

 



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